L'ho visto..Al Cinema
Non è una rete per timidi
L'intimità in piazza web, ma in fondo a chi importa?
giovedì 10 novembre 2016
15.37
Come Arturo Giammarrese nel film di Pif In guerra per amore, Claudio, il personaggio di Eoardo Leo, è contro i selfie.
Ma mentre il film di Pif è ambientato durante la fine della seconda guerra mondiale, quello del regista romano è ambientato ai giorni nostri.
E se una cretinata è una cretinata, a prescindere dall'epoca, quella che nel film di Pif è una trovata divertente, qui è il nocciolo della questione.
L'autoesposizione.
Tuttavia sarebbe sbagliato considerare questo film una condanna bacchettona di facebook, instagram, wathapp, etc.., e una difesa della retorica del si stava meglio quando si stava peggio.
La social-modernità non è demonizzata, è più che altro analizzata in un aspetto in particolare, la sua autonomia.
Claudio è un ingegnere informatico che ha un idea per un nuovo portale, per procurasi il denaro necessario si rivolge ad una società gestita da un guru ventenne che gli suggerisce il crowdfunding come metodo di finanziamento.
Un po' restio all'esposizione mediatica Claudio alla fine si convince ma il suo progetto non decolla, la rete vuole di più, non basta la foto profilo e uno scarno video di presentazione, bisogna scendere più in profondità per coinvolgere gli altri, bisogna condividere la propria intimità.
E così Claudio e Anna, professoressa precaria, combattuti tra l'esporsi in modo così becero o no, si ritrovano loro malgrado a dover fare una scelta difficile per realizzare il loro progetto di famiglia, una scelta che spingerà al limite il loro rapporto.
Ma ha ancora senso nell'epoca della condivisione virale preoccuparsi di cosa pensa la gente?
Il web sembra rivendicare una sua indipendenza d'azione e delle regole alle quali attenersi; adesso non decidi più tu come usarlo ma è il web che decide come usare te.
Questa è la rete, bruttezza? Ma noi non ci possiamo fare niente.
Ma mentre il film di Pif è ambientato durante la fine della seconda guerra mondiale, quello del regista romano è ambientato ai giorni nostri.
E se una cretinata è una cretinata, a prescindere dall'epoca, quella che nel film di Pif è una trovata divertente, qui è il nocciolo della questione.
L'autoesposizione.
Tuttavia sarebbe sbagliato considerare questo film una condanna bacchettona di facebook, instagram, wathapp, etc.., e una difesa della retorica del si stava meglio quando si stava peggio.
La social-modernità non è demonizzata, è più che altro analizzata in un aspetto in particolare, la sua autonomia.
Claudio è un ingegnere informatico che ha un idea per un nuovo portale, per procurasi il denaro necessario si rivolge ad una società gestita da un guru ventenne che gli suggerisce il crowdfunding come metodo di finanziamento.
Un po' restio all'esposizione mediatica Claudio alla fine si convince ma il suo progetto non decolla, la rete vuole di più, non basta la foto profilo e uno scarno video di presentazione, bisogna scendere più in profondità per coinvolgere gli altri, bisogna condividere la propria intimità.
E così Claudio e Anna, professoressa precaria, combattuti tra l'esporsi in modo così becero o no, si ritrovano loro malgrado a dover fare una scelta difficile per realizzare il loro progetto di famiglia, una scelta che spingerà al limite il loro rapporto.
Ma ha ancora senso nell'epoca della condivisione virale preoccuparsi di cosa pensa la gente?
Il web sembra rivendicare una sua indipendenza d'azione e delle regole alle quali attenersi; adesso non decidi più tu come usarlo ma è il web che decide come usare te.
Questa è la rete, bruttezza? Ma noi non ci possiamo fare niente.