Speciale
Una pugliese in Cina: «Ecco come abbiamo vissuto l'emergenza»
«La situazione in Cina non è migliorata per magia, è stato frutto di un lavoro di squadra tra i cittadini e il governo»
Puglia - sabato 14 marzo 2020
18.50
Maria Francesca Grassi, una pugliese (nata a Canosa di Puglia) 26enne, che vive e lavora da anni come impiegate nella amministrazione della Xima Web Technology Co. Ltd a Chengdu, capoluogo di provincia del Sichuan, ha raccontato in un'intervista esclusiva come ha vissuto in prima persona l'emergenza Coronavirus e, soprattutto, come il Governo cinese ha affrontato l'epidemia partita da Wuhan.
Come si è vissuto nel cuore delle città isolate dalla quarantena?
«Quando alla fine di gennaio, nel pieno del Festival della Primavera in Cina (l'equilavente del nostro Natale) avevano annunciato che per motivi di sanità pubblica si sarebbe dovuto rimanere in casa e si sarebbe dovuto ricorrere alla mascherina in caso di uscita, ero spaventata. Adesso si respira aria di normalità, la gente inizia pian piano ad uscire, si vedono più bambini in giro, più auto, più attività aperte. Tutto sta tornando alla normalità, ovviamente con le dovute precauzioni».
Come sono cambiate le vostre abitudini?
«Personalmente non sono mai stata una persona che ama uscire la sera, le distanze in Cina sono molto più grandi di quelle a cui ero abituata in Italia, adesso se qualcosa si trova a 5 km da me è come se fosse dietro l'angolo. Tuttavia, non abbiamo potuto lavorare, io sono ancora in ferie forzate. Le uniche attività aperte erano supermercati e farmacie. Altre piccole attività sono state costrette a chiudere. Tutti hanno dovuto registrare presso il proprio distretto residenziale una "certificazione di entrata ed uscita", senza la quale non era possibile lasciare il proprio cortile. Grazie a quello era possibile uscire una volta ogni due giorni. Per quanto riguarda la spesa, qualora non fosse possibile provvedere di persona, ciascun supermercato provvedeva il servizio di consegna a domicilio (che meraviglia!). Per il resto, abbiamo cercato di sfruttare il tempo a casa per leggere di più, riprendere gli hobby che avevamo abbandonato, fare esercizio... e apprezzare l'aria aperta».
Ha pensato di tornare in Italia? Il virus l'ha spaventa?
«Ero certamente spaventata, c'erano quasi 100 contagiati al giorno, e i decessi erano all'ordine del giorno. Ho pensato di tornare in Italia, ma ho temuto per la salute dei miei genitori, i quali sono considerati soggetti a rischio. E inoltre, non volevo abbandonare mio marito da solo qui a Chengdu. Ho preferito stare al mio posto e aspettare che tutto ciò migliorasse. Adesso mi auguro che i miei compatrioti facciano lo stesso».
Come si sono comportati gli abitanti della città? Hanno rispettato tutti le regole?
«Il popolo cinese ha la sorprendente capacità di amalgamarsi, il che, assieme al loro forte senso del dovere, ha fatto in modo che tutto volgesse al meglio. I veri eroi di questa vicenda, sono stati le migliaia di medici e infermieri cinesi che hanno lasciato la propria famiglia e la propria casa, per andare a combattere il virus a Wuhan. Uomini e donne coraggiosi che hanno dato se stessi per il bene comune. La situazione in Cina non è migliorata per magia, è stato frutto di un lavoro di squadra tra i cittadini e il governo: il governo ha disposto le leggi per la prevenzione, i cittadini hanno accettato di seguire le direttive senza alcuna eccezione. Di fatti, adesso, la Cina sta risalendo velocemente».
Quali misure di sicurezza sono state prese?
«Innanzitutto, le attività commerciali sono state chiuse, erano aperti solo supermercati e farmacie. In ogni quartiere è stato necessario fare richiesta per una "certificazione di entrata ed uscita", grazie alla quale sarebbe stato possibile uscire una volta ogni due giorni dal proprio cortile residenziale. Per coloro che avevano già ripreso a lavorare, le aziende hanno fornito una certificazione di lavoro, la quale permetteva ai cittadini di recarsi a lavoro tutti i giorni. L'uso della mascherina è stato reso obbligatorio per tutti. Ancora adesso, senza mascherina, non è possibile andare da nessuna parte, e si corre il rischio di essere segnalati alle forze dell'ordine. Molti andavano in giro con guanti e occhiali protettivi. Le riunioni tra grandi gruppi di persone sono stati momentaneamente vietati, chiunque tornasse da zone ad alta concentrazione epidemica (Wuhan, o l'intera provincia dello Hubei) ha dovuto rispettare un periodo di quarantena domiciliare di 14 giorni, durante il quale, qualora avesse pervenuto sintomi legati alla polmonite causata da Coronavirus, avrebbe dovuto chiamare l'apposito numero verde. Il disinfettante per casa, mani, assieme alle mascherine e ai guanti monouso sono diventati quasi introvabili. Tuttavia non è mai successo che i prezzi delle mascherine superassero i 10 euro al pezzo».
Negli ultimi giorni la situazione è decisamente migliorata. Come sta agendo il Governo cinese?
«Assolutamente sì. Il presidente XI Jinping ha recentemente visitato Wuhan, è un segno di pace dopo la guerra, dimostra che il cancro che stava mangiando la Cina e il mondo è stato sconfitto ed è possibile sconfiggerlo, ma solo grazie alla collaborazione e al sangue freddo. Ancora adesso il governo invita i cittadini a rimanere cauti e non andare in giro senza mascherina, l'epidemia non è completamente giunta al termine. Tutti coloro che tornano dall'estero sono obbligati a rispettare la quarantena per due settimane».
Come ha vissuto la comunità cinese tutte le accuse che provenivano dall'Italia?
«Fortunatamente qui in Cina non è arrivato quasi nulla a riguardo. Tuttavia, devo dire che tutti gli episodi di razzismo legati alla faccenda nei confronti della popolazione cinese in Italia mi ha spezzato il cuore. Amo il mio paese, ma amo anche la Cina, la quale mi sta offrendo una casa, un lavoro. Per me vedere tutto ciò era come vedere due fratelli azzuffarsi a vicenda. Ho avuto amici cinesi che si sono scusati con me per averci portato la malattia, amici cinesi chi stanno aiutando per spedire viveri ai miei genitori in questo momento difficile. A volte ho pensato che l'Italia non meritasse l'aiuto che sta fornendo la Cina, ma adesso mi rendo conto che siamo tutti onde dello stesso mare, e che nel momento in cui si riceve aiuto, bisogna accettarlo con umiltà e ricordarsi della mano che ci è stata data».
Cosa vuole dire ai suoi connazionali? Alle prese ora con il picco del virus…
«Vorrei dire ai miei compatrioti di tenere duro, di tener stretti i propri cari, di fare sempre in modo che l'ultima parola detta alla mamma o al papà non sia un "vaff... ", ma sia un "ti voglio bene". Ci dobbiamo consolidare contro questo male che non conosce razza, agite responsabilmente oggi, per poter riabbracciare i vostri cari domani. L'Italia si rialzerà più forte di prima!».
Come si è vissuto nel cuore delle città isolate dalla quarantena?
«Quando alla fine di gennaio, nel pieno del Festival della Primavera in Cina (l'equilavente del nostro Natale) avevano annunciato che per motivi di sanità pubblica si sarebbe dovuto rimanere in casa e si sarebbe dovuto ricorrere alla mascherina in caso di uscita, ero spaventata. Adesso si respira aria di normalità, la gente inizia pian piano ad uscire, si vedono più bambini in giro, più auto, più attività aperte. Tutto sta tornando alla normalità, ovviamente con le dovute precauzioni».
Come sono cambiate le vostre abitudini?
«Personalmente non sono mai stata una persona che ama uscire la sera, le distanze in Cina sono molto più grandi di quelle a cui ero abituata in Italia, adesso se qualcosa si trova a 5 km da me è come se fosse dietro l'angolo. Tuttavia, non abbiamo potuto lavorare, io sono ancora in ferie forzate. Le uniche attività aperte erano supermercati e farmacie. Altre piccole attività sono state costrette a chiudere. Tutti hanno dovuto registrare presso il proprio distretto residenziale una "certificazione di entrata ed uscita", senza la quale non era possibile lasciare il proprio cortile. Grazie a quello era possibile uscire una volta ogni due giorni. Per quanto riguarda la spesa, qualora non fosse possibile provvedere di persona, ciascun supermercato provvedeva il servizio di consegna a domicilio (che meraviglia!). Per il resto, abbiamo cercato di sfruttare il tempo a casa per leggere di più, riprendere gli hobby che avevamo abbandonato, fare esercizio... e apprezzare l'aria aperta».
Ha pensato di tornare in Italia? Il virus l'ha spaventa?
«Ero certamente spaventata, c'erano quasi 100 contagiati al giorno, e i decessi erano all'ordine del giorno. Ho pensato di tornare in Italia, ma ho temuto per la salute dei miei genitori, i quali sono considerati soggetti a rischio. E inoltre, non volevo abbandonare mio marito da solo qui a Chengdu. Ho preferito stare al mio posto e aspettare che tutto ciò migliorasse. Adesso mi auguro che i miei compatrioti facciano lo stesso».
Come si sono comportati gli abitanti della città? Hanno rispettato tutti le regole?
«Il popolo cinese ha la sorprendente capacità di amalgamarsi, il che, assieme al loro forte senso del dovere, ha fatto in modo che tutto volgesse al meglio. I veri eroi di questa vicenda, sono stati le migliaia di medici e infermieri cinesi che hanno lasciato la propria famiglia e la propria casa, per andare a combattere il virus a Wuhan. Uomini e donne coraggiosi che hanno dato se stessi per il bene comune. La situazione in Cina non è migliorata per magia, è stato frutto di un lavoro di squadra tra i cittadini e il governo: il governo ha disposto le leggi per la prevenzione, i cittadini hanno accettato di seguire le direttive senza alcuna eccezione. Di fatti, adesso, la Cina sta risalendo velocemente».
Quali misure di sicurezza sono state prese?
«Innanzitutto, le attività commerciali sono state chiuse, erano aperti solo supermercati e farmacie. In ogni quartiere è stato necessario fare richiesta per una "certificazione di entrata ed uscita", grazie alla quale sarebbe stato possibile uscire una volta ogni due giorni dal proprio cortile residenziale. Per coloro che avevano già ripreso a lavorare, le aziende hanno fornito una certificazione di lavoro, la quale permetteva ai cittadini di recarsi a lavoro tutti i giorni. L'uso della mascherina è stato reso obbligatorio per tutti. Ancora adesso, senza mascherina, non è possibile andare da nessuna parte, e si corre il rischio di essere segnalati alle forze dell'ordine. Molti andavano in giro con guanti e occhiali protettivi. Le riunioni tra grandi gruppi di persone sono stati momentaneamente vietati, chiunque tornasse da zone ad alta concentrazione epidemica (Wuhan, o l'intera provincia dello Hubei) ha dovuto rispettare un periodo di quarantena domiciliare di 14 giorni, durante il quale, qualora avesse pervenuto sintomi legati alla polmonite causata da Coronavirus, avrebbe dovuto chiamare l'apposito numero verde. Il disinfettante per casa, mani, assieme alle mascherine e ai guanti monouso sono diventati quasi introvabili. Tuttavia non è mai successo che i prezzi delle mascherine superassero i 10 euro al pezzo».
Negli ultimi giorni la situazione è decisamente migliorata. Come sta agendo il Governo cinese?
«Assolutamente sì. Il presidente XI Jinping ha recentemente visitato Wuhan, è un segno di pace dopo la guerra, dimostra che il cancro che stava mangiando la Cina e il mondo è stato sconfitto ed è possibile sconfiggerlo, ma solo grazie alla collaborazione e al sangue freddo. Ancora adesso il governo invita i cittadini a rimanere cauti e non andare in giro senza mascherina, l'epidemia non è completamente giunta al termine. Tutti coloro che tornano dall'estero sono obbligati a rispettare la quarantena per due settimane».
Come ha vissuto la comunità cinese tutte le accuse che provenivano dall'Italia?
«Fortunatamente qui in Cina non è arrivato quasi nulla a riguardo. Tuttavia, devo dire che tutti gli episodi di razzismo legati alla faccenda nei confronti della popolazione cinese in Italia mi ha spezzato il cuore. Amo il mio paese, ma amo anche la Cina, la quale mi sta offrendo una casa, un lavoro. Per me vedere tutto ciò era come vedere due fratelli azzuffarsi a vicenda. Ho avuto amici cinesi che si sono scusati con me per averci portato la malattia, amici cinesi chi stanno aiutando per spedire viveri ai miei genitori in questo momento difficile. A volte ho pensato che l'Italia non meritasse l'aiuto che sta fornendo la Cina, ma adesso mi rendo conto che siamo tutti onde dello stesso mare, e che nel momento in cui si riceve aiuto, bisogna accettarlo con umiltà e ricordarsi della mano che ci è stata data».
Cosa vuole dire ai suoi connazionali? Alle prese ora con il picco del virus…
«Vorrei dire ai miei compatrioti di tenere duro, di tener stretti i propri cari, di fare sempre in modo che l'ultima parola detta alla mamma o al papà non sia un "vaff... ", ma sia un "ti voglio bene". Ci dobbiamo consolidare contro questo male che non conosce razza, agite responsabilmente oggi, per poter riabbracciare i vostri cari domani. L'Italia si rialzerà più forte di prima!».