null
Una lezione di nazionalismo
Alcune considerazioni del Dott. Michele Marino
Cerignola - venerdì 17 giugno 2016
13.47
Alcune considerazioni del Dott. Michele Marino, Presidente del Consorzio pro Ofanto:
"L'addio a Cassius Clay, una lezione di sano nazionalismo per l'Italia
A mio parere la grandezza di una nazione si misura anche dagli onori che tributa alle personalità eccelse nel campo della cultura, della ricerca scientifica e tecnologica, delle arti, dello spettacolo e dello sport. Così come un grande popolo, fiero e consapevole della propria importanza storica, non che della propria identità nazionale, conserva gelosamente ed energicamente la memoria storica di chi ha meritato gli allori sul campo e le ovazioni popolari dagli spalti, scrivendo pagine indelebili nell'annuario della storia mondiale.
Da pochi giorni abbiamo finito di ammirare i cittadini statunitensi, commossi e profondamente partecipi ed uniti nel celebrare Muhammed Alì, uno dei più grandi campioni di pugilato di tutti tempi e nondimeno un mito delle battaglie civili e religiose del secolo scorso.
Chi più, chi meno avrà potuto notare che le commemorazioni funebri per il Campione, che scelse di chiamarsi da uomo libero con nome e cognome musulmani, sono durate una settimana e le esequie esattamente due giorni: evento di cui non vi è assolutamente traccia in Italia né in Europa, e del quale fu regista egli stesso, una decina d'anni fa, conscio profeticamente sia della propria importanza come uomo di pensiero, sia come campione sportivo, amato se non addirittura idolatrato dai suoi connazionali e non solo, infine onorato dai "potenti della terra".
Le considerevoli, raccapriccianti differenze tra gli U.S.A. e questo paese (così amano definire l'Italia i nostri politici, giornalisti e politologi che si alternano da destra a sinistra in tv), piuttosto che il nostro Paese, emergono in tutta evidenza se ricordiamo quali (scarsi e scarni) onori sono stati riservati, ad esempio, a Pietro Mennea o a Luciano Pavarotti.
La freccia del sud ci lasciò, alquanto prematuramente, il giorno esatto della Sua 61.ma primavera e possiamo definire "importante", ma non "solenne" il funerale avvenuto all'Aventino, quasi un refuso storico… Non si ricorda la presenza di rappresentanti delle Istituzioni repubblicane, né di quelle europee, la qual cosa fa il paio con la constatazione che viene definito, molto sinteticamente: un atleta, un politico, un saggista italiano.Ricordo invece la profonda umanità che trapelava da quel giovane atleta, particolarmente "devoto", che non si discostava dalla bara e che grondava in lacrime, come se fosse deceduto suo padre; così anche tanti esponenti del mondo dell'atletica, romani e pugliesi soprattutto.
In realtà Pietro era ed è tuttora per tutti noi che lo abbiamo sempre ammirato, mitizzato come campione ed io che ebbi il piacere di conoscerlo personalmente ed apprezzarne la generosità d'animo ed il legame comune alla terra di Puglia (Valle dell'Ofanto) mi prefiggo di contribuire a valorizzarne la figura e la memoria più di quanto non avvenga. Basti pensare che un'enciclopedia di rilevanza nazionale non lo menziona affatto e che la RAI puntualmente omette di citarlo nei servizi relativi alle manifestazioni sportive presso lo Stadio dei Marmi che, grazie al presidente del CONI Malagò, si chiama da due anni Stadio Pietro Mennea.
La vulgata vuole rappresentarlo come un personaggio scomodo, non solo e non tanto per la sua enorme cultura (quattro lauree, "sudate" ma spesso ignorate se non messe in discussione), quanto per la propria, straordinaria indipendenza di pensiero e di azione rispetto ai forti interessi lobbistici ed industriali che ruotavano (e ruotano) attorno al pianeta-sport, dimostrata con coraggio delle proprie idee e con vera competenza, riconosciuta a livello internazionale, quale parlamentare europeo, primo alfiere nella lotta sistematica e documentata al grave fenomeno del doping. Ed era, evidentemente, per tale ragione così scomodo che neanche i suoi concittadini, ofantini di Barletta, gli vollero confermare un'autorità pubblica in virtù dell'elevata popolarità, della meritata levatura morale e professionale, allorchè si candidò a sindaco (2002), in modo da avallare l'antico detto nemo propheta in patria.
Infine, a livello istituzionale, il terzultimo e il penultimo Sindaco capitolino non assecondarono assolutamente il Suo sogno di donare alla città di Roma (e ne sottolineava l'importanza dato che in tutte le capitali europee esiste) un Museo dello Sport, a costo quasi zero, al quale era pronto a contribuire con tutta la sua generosità, elargendo i propri trofei e la sua vasta biblioteca.
Ultima annotazione: il grado delle onorificenze a beneficio di Mennea si ferma al titolo di Commendatore dell'OMRI, concesso nel lontano 1982! Non si può credere che per ben 31 anni non ci si è accorti della Sua esistenza terrena, come docente, manager dello sport, scrittore, professionista, politico, uomo impegnato per la solidarietà (fondazione Mennea), ecc.
Analogo discorso andrebbe svolto per dare maggiore lustro ad un artista di fama planetaria come L. Pavarotti che ci ha lasciato opere indimenticabili e di rara bellezza.
In conclusione, visto che è sempre verosimile che gli italiani corrono in aiuto del vincitore (Ennio Flaiano), di cui si dimenticano poi facilmente, proporrei al Parlamento di emendare i principi fondamentali della Costituzione repubblicana, aggiungendo il seguente capoverso: " La Repubblica onora le personalità della ricerca scientifica, della cultura, delle arti, dello sport e dello spettacolo, garantendone la memoria storica e la valorizzazione."
Roma, 17 giu. '16
Michele MARINO
"L'addio a Cassius Clay, una lezione di sano nazionalismo per l'Italia
A mio parere la grandezza di una nazione si misura anche dagli onori che tributa alle personalità eccelse nel campo della cultura, della ricerca scientifica e tecnologica, delle arti, dello spettacolo e dello sport. Così come un grande popolo, fiero e consapevole della propria importanza storica, non che della propria identità nazionale, conserva gelosamente ed energicamente la memoria storica di chi ha meritato gli allori sul campo e le ovazioni popolari dagli spalti, scrivendo pagine indelebili nell'annuario della storia mondiale.
Da pochi giorni abbiamo finito di ammirare i cittadini statunitensi, commossi e profondamente partecipi ed uniti nel celebrare Muhammed Alì, uno dei più grandi campioni di pugilato di tutti tempi e nondimeno un mito delle battaglie civili e religiose del secolo scorso.
Chi più, chi meno avrà potuto notare che le commemorazioni funebri per il Campione, che scelse di chiamarsi da uomo libero con nome e cognome musulmani, sono durate una settimana e le esequie esattamente due giorni: evento di cui non vi è assolutamente traccia in Italia né in Europa, e del quale fu regista egli stesso, una decina d'anni fa, conscio profeticamente sia della propria importanza come uomo di pensiero, sia come campione sportivo, amato se non addirittura idolatrato dai suoi connazionali e non solo, infine onorato dai "potenti della terra".
Le considerevoli, raccapriccianti differenze tra gli U.S.A. e questo paese (così amano definire l'Italia i nostri politici, giornalisti e politologi che si alternano da destra a sinistra in tv), piuttosto che il nostro Paese, emergono in tutta evidenza se ricordiamo quali (scarsi e scarni) onori sono stati riservati, ad esempio, a Pietro Mennea o a Luciano Pavarotti.
La freccia del sud ci lasciò, alquanto prematuramente, il giorno esatto della Sua 61.ma primavera e possiamo definire "importante", ma non "solenne" il funerale avvenuto all'Aventino, quasi un refuso storico… Non si ricorda la presenza di rappresentanti delle Istituzioni repubblicane, né di quelle europee, la qual cosa fa il paio con la constatazione che viene definito, molto sinteticamente: un atleta, un politico, un saggista italiano.Ricordo invece la profonda umanità che trapelava da quel giovane atleta, particolarmente "devoto", che non si discostava dalla bara e che grondava in lacrime, come se fosse deceduto suo padre; così anche tanti esponenti del mondo dell'atletica, romani e pugliesi soprattutto.
In realtà Pietro era ed è tuttora per tutti noi che lo abbiamo sempre ammirato, mitizzato come campione ed io che ebbi il piacere di conoscerlo personalmente ed apprezzarne la generosità d'animo ed il legame comune alla terra di Puglia (Valle dell'Ofanto) mi prefiggo di contribuire a valorizzarne la figura e la memoria più di quanto non avvenga. Basti pensare che un'enciclopedia di rilevanza nazionale non lo menziona affatto e che la RAI puntualmente omette di citarlo nei servizi relativi alle manifestazioni sportive presso lo Stadio dei Marmi che, grazie al presidente del CONI Malagò, si chiama da due anni Stadio Pietro Mennea.
La vulgata vuole rappresentarlo come un personaggio scomodo, non solo e non tanto per la sua enorme cultura (quattro lauree, "sudate" ma spesso ignorate se non messe in discussione), quanto per la propria, straordinaria indipendenza di pensiero e di azione rispetto ai forti interessi lobbistici ed industriali che ruotavano (e ruotano) attorno al pianeta-sport, dimostrata con coraggio delle proprie idee e con vera competenza, riconosciuta a livello internazionale, quale parlamentare europeo, primo alfiere nella lotta sistematica e documentata al grave fenomeno del doping. Ed era, evidentemente, per tale ragione così scomodo che neanche i suoi concittadini, ofantini di Barletta, gli vollero confermare un'autorità pubblica in virtù dell'elevata popolarità, della meritata levatura morale e professionale, allorchè si candidò a sindaco (2002), in modo da avallare l'antico detto nemo propheta in patria.
Infine, a livello istituzionale, il terzultimo e il penultimo Sindaco capitolino non assecondarono assolutamente il Suo sogno di donare alla città di Roma (e ne sottolineava l'importanza dato che in tutte le capitali europee esiste) un Museo dello Sport, a costo quasi zero, al quale era pronto a contribuire con tutta la sua generosità, elargendo i propri trofei e la sua vasta biblioteca.
Ultima annotazione: il grado delle onorificenze a beneficio di Mennea si ferma al titolo di Commendatore dell'OMRI, concesso nel lontano 1982! Non si può credere che per ben 31 anni non ci si è accorti della Sua esistenza terrena, come docente, manager dello sport, scrittore, professionista, politico, uomo impegnato per la solidarietà (fondazione Mennea), ecc.
Analogo discorso andrebbe svolto per dare maggiore lustro ad un artista di fama planetaria come L. Pavarotti che ci ha lasciato opere indimenticabili e di rara bellezza.
In conclusione, visto che è sempre verosimile che gli italiani corrono in aiuto del vincitore (Ennio Flaiano), di cui si dimenticano poi facilmente, proporrei al Parlamento di emendare i principi fondamentali della Costituzione repubblicana, aggiungendo il seguente capoverso: " La Repubblica onora le personalità della ricerca scientifica, della cultura, delle arti, dello sport e dello spettacolo, garantendone la memoria storica e la valorizzazione."
Roma, 17 giu. '16
Michele MARINO