Attualità
Stefano Dilauro, attore: “Tornando a Cerignola ritrovo me stesso ogni volta”
Attualmente è impegnato in un lavoro teatrale su San Francesco d’Assisi
Cerignola - mercoledì 20 dicembre 2023
Interpretare il ruolo del "Poverello di Assisi" su un palcoscenico è qualcosa che rimane dentro, che cambia la prospettiva artistica e anche quella di vita. E' ciò che è successo a Stefano Dilauro, attore 32enne originario di Cerignola, che proviamo a conoscere meglio nell'intervista che segue.
Stefano è un attore di spessore, profondo, che attraverso i personaggi che interpreta arriva al cuore degli spettatori. Dal suo esordio in teatro, avvenuto a 19 anni, tante cose sono sicuramente cambiate, ma non certo l'amore e la passione che nutre per il teatro e la recitazione.
Ciao, Stefano. Quando ti sei accorto che volevi intraprendere la strada del teatro?
"Me ne sono accorto mentre studiavo per i test di Medicina e mi sentivo infelice. Ho iniziato allora a chiedermi cosa mi rendesse felice, cosa mi facesse sentire realmente appagato, cosa avrei voluto essere, e la risposta è stata chiara. Volevo fare teatro, il palcoscenico è sempre stato il posto che più di tutti riusciva a procurarmi gioia. E' stata una sensazione immediata, già quando frequentavo il progetto "Ragazzi in Gamba" con il professor Bancone e la professoressa Di Terlizzi, o studiavo e facevo spettacoli con lo "Studio 7" di Vito Berteramo".
La seconda domanda concerne il tuo rapporto con Cerignola, tua città di origine. A che età sei andato via, e cosa provi quando capita di tornarci?
"Sono andato via a diciotto anni. Tornare a Cerignola mi dà sempre una grande serenità, di chi ritrova se stesso ogni volta. Più viaggio, mi sposto, più le mie esperienze si diversificano, e più sento il legame indissolubile con le mie origini. Anche fare gli spettacoli in Puglia è sempre una forte emozione. E ultima, ma non per importanza, c'è la gioia di andar via con uno zaino pieno di taralli ed olive. Ogni volta una grande festa".
Quali sono le esperienze teatrali che ti hanno lasciato insegnamenti di vita?
"Tutte le esperienze teatrali lo hanno fatto. Ogni personaggio che interpreto mi lascia sempre qualcosa, ed ogni volta è una sfida, che dà vita ad una nuova e appassionante ricerca, fuori e dentro di me. Citerei però in particolare le ultime due, "Forza venite gente" e "L'Avaro" di Moliere, spettacoli ai quali sto lavorando proprio adesso, e dai quali sto imparando tantissimo, sia a livello artistico che umano. Sto lavorando con Luigi Saravo e Ugo Dighero, artisti che hanno un'umanità e una gioia da vivere davvero grandi. Stare accanto a loro è un esempio e rappresenta una crescita continua per me".
Parlaci del tuo ultimo lavoro teatrale su San Francesco. Cosa pensi di questo Santo e della sua storia così suggestiva?
"Io penso che interpretare il ruolo di questo Santo sia una delle cose più belle che mi potesse capitare. Ogni volta che entro in scena imparo qualcosa dalle sue scelte. La sua storia è suggestiva perché lui è andato verso ciò in cui credeva, sino in fondo, rinunciando a tutto. Io credo che abbiamo tutti una missione, un ruolo in questo mondo, non siamo qui per caso.
San Francesco è riuscito a seguire la sua voce interiore, il suo io più profondo, senza mai lasciarsi abbattere o scoraggiare dagli eventi, e anzi arrivando al cuore delle cose e delle persone.
Credo che tutti possano prendere ispirazione da una figura così immensa, per la sua determinazione e gioia di vivere. Per questa opportunità ringrazierò sempre il regista Ariele Vincenti e Massimiliano Franco, che hanno creduto in me"
Per molti attori il teatro è solo un trampolino di lancio per arrivare al cinema, per altri invece rappresenta il primo e unico amore. Per te invece?
"Io amo recitare e scandagliare i personaggi nella loro ricerca interiore, e il teatro sicuramente è il primo grande amore, per ora l'unico".
Quali tipologie teatrali prediligi? Le commedie o le rappresentazioni drammatiche?
"Quando interpreto il personaggio di San Francesco c'è il momento della morte, e penso che sia una delle cose più tragiche a cui potessi aspirare. Però la commedia in cui l'attore piange e il pubblico ride è quella che preferisco".
Hai progetti per il futuro che vorresti raccontarci o condividere con noi?
"Il progetto a cui sto lavorando ora mi terrà impegnato anche il prossimo anno, ma in generale cerco di prepararmi al futuro studiando ogni giorno e restando sempre concentrato. Il resto poi verrà".
Tre aggettivi che utilizzeresti per definire te e tre aggettivi per definire il teatro dal tuo punto di vista.
"La risposta a tale domanda sicuramente cambierebbe in un periodo o momento diverso da questo. Il mio lavoro mi porta a scoprire sempre nuove parti di me, ogni volta. Oggi i tre aggettivi che mi descrivono di più potrebbero essere: fragile, fantasioso, coraggioso. Per definire invece il teatro direi vivo, crudo, autentico".
Lasciamo Stefano con l'augurio di rivederci presto, magari ad uno spettacolo in teatro. Dalle sue parole trapelano entusiasmo, emozioni e voglia di migliorarsi: tutti elementi che fanno di lui un attore in divenire che non si sente mai "arrivato" e che punta sempre a dare il meglio di sé.
Stefano è un attore di spessore, profondo, che attraverso i personaggi che interpreta arriva al cuore degli spettatori. Dal suo esordio in teatro, avvenuto a 19 anni, tante cose sono sicuramente cambiate, ma non certo l'amore e la passione che nutre per il teatro e la recitazione.
Ciao, Stefano. Quando ti sei accorto che volevi intraprendere la strada del teatro?
"Me ne sono accorto mentre studiavo per i test di Medicina e mi sentivo infelice. Ho iniziato allora a chiedermi cosa mi rendesse felice, cosa mi facesse sentire realmente appagato, cosa avrei voluto essere, e la risposta è stata chiara. Volevo fare teatro, il palcoscenico è sempre stato il posto che più di tutti riusciva a procurarmi gioia. E' stata una sensazione immediata, già quando frequentavo il progetto "Ragazzi in Gamba" con il professor Bancone e la professoressa Di Terlizzi, o studiavo e facevo spettacoli con lo "Studio 7" di Vito Berteramo".
La seconda domanda concerne il tuo rapporto con Cerignola, tua città di origine. A che età sei andato via, e cosa provi quando capita di tornarci?
"Sono andato via a diciotto anni. Tornare a Cerignola mi dà sempre una grande serenità, di chi ritrova se stesso ogni volta. Più viaggio, mi sposto, più le mie esperienze si diversificano, e più sento il legame indissolubile con le mie origini. Anche fare gli spettacoli in Puglia è sempre una forte emozione. E ultima, ma non per importanza, c'è la gioia di andar via con uno zaino pieno di taralli ed olive. Ogni volta una grande festa".
Quali sono le esperienze teatrali che ti hanno lasciato insegnamenti di vita?
"Tutte le esperienze teatrali lo hanno fatto. Ogni personaggio che interpreto mi lascia sempre qualcosa, ed ogni volta è una sfida, che dà vita ad una nuova e appassionante ricerca, fuori e dentro di me. Citerei però in particolare le ultime due, "Forza venite gente" e "L'Avaro" di Moliere, spettacoli ai quali sto lavorando proprio adesso, e dai quali sto imparando tantissimo, sia a livello artistico che umano. Sto lavorando con Luigi Saravo e Ugo Dighero, artisti che hanno un'umanità e una gioia da vivere davvero grandi. Stare accanto a loro è un esempio e rappresenta una crescita continua per me".
Parlaci del tuo ultimo lavoro teatrale su San Francesco. Cosa pensi di questo Santo e della sua storia così suggestiva?
"Io penso che interpretare il ruolo di questo Santo sia una delle cose più belle che mi potesse capitare. Ogni volta che entro in scena imparo qualcosa dalle sue scelte. La sua storia è suggestiva perché lui è andato verso ciò in cui credeva, sino in fondo, rinunciando a tutto. Io credo che abbiamo tutti una missione, un ruolo in questo mondo, non siamo qui per caso.
San Francesco è riuscito a seguire la sua voce interiore, il suo io più profondo, senza mai lasciarsi abbattere o scoraggiare dagli eventi, e anzi arrivando al cuore delle cose e delle persone.
Credo che tutti possano prendere ispirazione da una figura così immensa, per la sua determinazione e gioia di vivere. Per questa opportunità ringrazierò sempre il regista Ariele Vincenti e Massimiliano Franco, che hanno creduto in me"
Per molti attori il teatro è solo un trampolino di lancio per arrivare al cinema, per altri invece rappresenta il primo e unico amore. Per te invece?
"Io amo recitare e scandagliare i personaggi nella loro ricerca interiore, e il teatro sicuramente è il primo grande amore, per ora l'unico".
Quali tipologie teatrali prediligi? Le commedie o le rappresentazioni drammatiche?
"Quando interpreto il personaggio di San Francesco c'è il momento della morte, e penso che sia una delle cose più tragiche a cui potessi aspirare. Però la commedia in cui l'attore piange e il pubblico ride è quella che preferisco".
Hai progetti per il futuro che vorresti raccontarci o condividere con noi?
"Il progetto a cui sto lavorando ora mi terrà impegnato anche il prossimo anno, ma in generale cerco di prepararmi al futuro studiando ogni giorno e restando sempre concentrato. Il resto poi verrà".
Tre aggettivi che utilizzeresti per definire te e tre aggettivi per definire il teatro dal tuo punto di vista.
"La risposta a tale domanda sicuramente cambierebbe in un periodo o momento diverso da questo. Il mio lavoro mi porta a scoprire sempre nuove parti di me, ogni volta. Oggi i tre aggettivi che mi descrivono di più potrebbero essere: fragile, fantasioso, coraggioso. Per definire invece il teatro direi vivo, crudo, autentico".
Lasciamo Stefano con l'augurio di rivederci presto, magari ad uno spettacolo in teatro. Dalle sue parole trapelano entusiasmo, emozioni e voglia di migliorarsi: tutti elementi che fanno di lui un attore in divenire che non si sente mai "arrivato" e che punta sempre a dare il meglio di sé.