Cronaca
Rivolta nel carcere di Foggia: “Situazione senza rimedio”
FP Cgil Foggia: “Nostri allarmi inascoltati e questo è l’epilogo, Istituto devastato e fuori controllo”
Foggia - lunedì 9 marzo 2020
19.14 Comunicato Stampa
E' ancora diminuito il numero degli agenti di polizia penitenziaria in servizio nella struttura A volte il carcere di Foggia e i suoi 650 detenuti sono sorvegliati da pochissime unità
"Il coronavirus non c'entra niente, la paura del contagio c'è ma le questioni in campo sono altre. Gli allarmi che abbiamo lanciato sul carcere di Foggia sono rimasti inascoltati, e quello di oggi è l'epilogo di una situazione senza più rimedio". E' Mario La Vecchia, segretario FP Cgil Foggia, a tornare sulla rivolta nel carcere foggiano. "L'Istituto è stato devastato ed è ancora controllato dai rivoltosi", ha aggiunto Gennaro Ricci, coordinatore Polizia Penitenziaria FP Cgil Foggia. "I detenuti non sono rientrati nelle celle. Non abbiamo avuto la possibilità di contare i reclusi all'interno della struttura, ma di sicuro una parte dei circa 70 evasi è ancora fuori dal carcere, probabilmente almeno una ventina di loro", ha spiegato Ricci.
Nella rivolta, non ci sono state persone ferite. Alcuni detenuti hanno accusato malori e sono stati trasferiti in ospedale. Tra gli evasi, c'è stato anche chi è tornato spontaneamente. "La situazione è ancora aperta. Quello del coronavirus è un pretesto, basti pensare che a Foggia i colloqui tra i reclusi e i loro familiari si stanno facendo normalmente e senza particolari restrizioni", ha spiegato La Vecchia. "La verità è che i detenuti si sentono impuniti e, attraverso queste rivolte, cercano di forzare la mano su provvedimenti che svuotino le carceri", ha aggiunto Gennaro Ricci, coordinatore Polizia Penitenziaria FP Cgil Foggia.
Lo scorso ottobre, proprio la Funzione Pubblica Cgil Foggia aveva lanciato l'ennesimo e accorato appello affinché la situazione all'interno del carcere foggiano fosse affrontata. "Da allora, le cose sono cambiate in peggio", ha dichiarato Gennaro Ricci. "Noi agenti di Polizia Penitenziaria, in ottobre, eravamo circa 280 in servizio, oggi siamo in 250". Le persone detenute nel Penitenziario foggiano sono 650, con una struttura ideata per accoglierne 350. Per tenere la situazione sotto controllo, tenendo presente la necessità della turnazione, occorrerebbero altri 100 agenti. L'alto tasso di malattia tra gli agenti, le normali e fisiologiche assenze per ferie e il consueto sistema delle turnazioni, combinati con la situazione di sottodimensionamento dell'organico, fanno in modo che a volte, di notte, ci siano pochissime unità in una struttura con 650 persone su cui vigilare.
"Siamo di fronte a una situazione di fortissima pressione, in linea purtroppo con quanto accade nel resto del Paese, dove negli ultimi 3 anni si sono verificate 3500 aggressioni ai danni degli uomini e delle donne che lavorano negli istituti penitenziari". La denuncia della FP Cgil è precisa e circostanziata: i livelli di rischio, per chi dentro il carcere ci lavora, non sono soltanto molto alti, ma in questi anni stanno aumentando. Tra le forze dell'ordine, le donne e gli uomini che lavorano in carcere sono quelli che fanno registrare il maggior tasso di patologie legate a stress, stati d'ansia, depressione. Anche il tasso di suicidi e dei tentativi di togliersi la vita è il più alto tra gli agenti di Polizia Penitenziaria. Innanzitutto, occorre potenziare gli organici. E' necessario attivare interventi di sostegno psicologico, in modo continuativo. Occorre dotare il personale e le strutture di sistemi di sicurezza elettronici, oltre che di norme più cogenti per i detenuti che si rendano responsabili di aggressioni. Come ha messo in evidenza la Fp Cgil nazionale, l'attuale situazione rappresenta "la sconfitta della gestione attuata dal Ministro della Giustizia Bonafede e dal Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Basentini". Non c'è sicurezza, gli organici sono carenti e in progressiva diminuzione, le strutture carcerarie sono strutturalmente inadeguate, tutti problemi aggravati dal sovraffollamento della popolazione carceraria.
"Il coronavirus non c'entra niente, la paura del contagio c'è ma le questioni in campo sono altre. Gli allarmi che abbiamo lanciato sul carcere di Foggia sono rimasti inascoltati, e quello di oggi è l'epilogo di una situazione senza più rimedio". E' Mario La Vecchia, segretario FP Cgil Foggia, a tornare sulla rivolta nel carcere foggiano. "L'Istituto è stato devastato ed è ancora controllato dai rivoltosi", ha aggiunto Gennaro Ricci, coordinatore Polizia Penitenziaria FP Cgil Foggia. "I detenuti non sono rientrati nelle celle. Non abbiamo avuto la possibilità di contare i reclusi all'interno della struttura, ma di sicuro una parte dei circa 70 evasi è ancora fuori dal carcere, probabilmente almeno una ventina di loro", ha spiegato Ricci.
Nella rivolta, non ci sono state persone ferite. Alcuni detenuti hanno accusato malori e sono stati trasferiti in ospedale. Tra gli evasi, c'è stato anche chi è tornato spontaneamente. "La situazione è ancora aperta. Quello del coronavirus è un pretesto, basti pensare che a Foggia i colloqui tra i reclusi e i loro familiari si stanno facendo normalmente e senza particolari restrizioni", ha spiegato La Vecchia. "La verità è che i detenuti si sentono impuniti e, attraverso queste rivolte, cercano di forzare la mano su provvedimenti che svuotino le carceri", ha aggiunto Gennaro Ricci, coordinatore Polizia Penitenziaria FP Cgil Foggia.
Lo scorso ottobre, proprio la Funzione Pubblica Cgil Foggia aveva lanciato l'ennesimo e accorato appello affinché la situazione all'interno del carcere foggiano fosse affrontata. "Da allora, le cose sono cambiate in peggio", ha dichiarato Gennaro Ricci. "Noi agenti di Polizia Penitenziaria, in ottobre, eravamo circa 280 in servizio, oggi siamo in 250". Le persone detenute nel Penitenziario foggiano sono 650, con una struttura ideata per accoglierne 350. Per tenere la situazione sotto controllo, tenendo presente la necessità della turnazione, occorrerebbero altri 100 agenti. L'alto tasso di malattia tra gli agenti, le normali e fisiologiche assenze per ferie e il consueto sistema delle turnazioni, combinati con la situazione di sottodimensionamento dell'organico, fanno in modo che a volte, di notte, ci siano pochissime unità in una struttura con 650 persone su cui vigilare.
"Siamo di fronte a una situazione di fortissima pressione, in linea purtroppo con quanto accade nel resto del Paese, dove negli ultimi 3 anni si sono verificate 3500 aggressioni ai danni degli uomini e delle donne che lavorano negli istituti penitenziari". La denuncia della FP Cgil è precisa e circostanziata: i livelli di rischio, per chi dentro il carcere ci lavora, non sono soltanto molto alti, ma in questi anni stanno aumentando. Tra le forze dell'ordine, le donne e gli uomini che lavorano in carcere sono quelli che fanno registrare il maggior tasso di patologie legate a stress, stati d'ansia, depressione. Anche il tasso di suicidi e dei tentativi di togliersi la vita è il più alto tra gli agenti di Polizia Penitenziaria. Innanzitutto, occorre potenziare gli organici. E' necessario attivare interventi di sostegno psicologico, in modo continuativo. Occorre dotare il personale e le strutture di sistemi di sicurezza elettronici, oltre che di norme più cogenti per i detenuti che si rendano responsabili di aggressioni. Come ha messo in evidenza la Fp Cgil nazionale, l'attuale situazione rappresenta "la sconfitta della gestione attuata dal Ministro della Giustizia Bonafede e dal Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Basentini". Non c'è sicurezza, gli organici sono carenti e in progressiva diminuzione, le strutture carcerarie sono strutturalmente inadeguate, tutti problemi aggravati dal sovraffollamento della popolazione carceraria.