Territorio
Pasquale Caputo fa tappa a Cerignola nel suo percorso attraverso città e luoghi della Resistenza
“Sulle orme di mio padre e di tutti gli Internati Militari Italiani”, è il titolo che ha dato al suo viaggio a piedi di 1700 km.
Puglia - lunedì 18 luglio 2022
15.37
Non dimostra assolutamente i suoi 73 anni Pasquale Caputo, originario di Barletta: è un uomo che porta scritto sul volto la voglia di raccontare, di testimoniare, di lasciare un segno del suo passaggio a chiunque desideri conoscere la sua storia.
Noi lo abbiamo incontrato, ed è stato un vero piacere ascoltare la sua narrazione, in cui-ogni tanto-le frasi restavano a metà per la commozione.
Durante le sue tappe in Italia, Pasquale ha incontrato tante persone, anche giovani, ospite presso sedi ANPI e Camere del Lavoro. Qui a Cerignola la sede ANPI ormai non esiste più, ma la memoria storica della Resistenza è molto forte, essendo la città che ha dato i natali a Giuseppe Di Vittorio.
Sono 68 le tappe complessive del "cammino" che Pasquale ha intrapreso l'8 Maggio scorso da Monaco di Baviera, sulle orme del padre Francesco, che alla fine della seconda guerra mondiale uscì da un campo di concentramento tedesco per tornare finalmente a casa, a Barletta. Era il 27 Luglio 1945.
Ne è passato di tempo, da allora, e Pasquale non ha mai dimenticato il giorno in cui, mentre si trovava a casa dei nonni, ascoltò suo padre e lo zio che parlavano di questo viaggio particolare compiuto dopo due anni di internamento in un campo nazista. All'epoca aveva solo sette anni, poi appena cresciuto ha cominciato a raccogliere documenti e testimonianze che potessero aiutarlo a ricostruire l'esperienza di papà Francesco.
R: Pasquale, qual è la motivazione che ti ha indotto ad intraprendere questo viaggio?
PC: Mio padre era un uomo eccezionale, un contadino che parlava a stento in italiano, ma che ha avuto la forza e l'intuizione di mandare me e i miei due fratelli a scuola, non facendoci mancare mai nulla. Mia madre invece amava l'arte, la poesia e tutto ciò che era bello: da lei ho preso queste passioni che mi porto dentro ancora adesso. Spesso lo sentivo parlare in tedesco, ed io restavo perplesso per questo. Dell'esperienza vissuta nei campi di concentramento e delle privazioni subite da bambino gli era rimasta la fobia del cibo: comprava sempre tante cose da mangiare, anche i cibi più ricercati, e non mancava di condividerli con noi a tavola.
La vicenda di cui è stato protagonista mio padre, ma anche quella di tanti altri uomini e soldati di quel periodo, non ha avuto il riscontro che merita. Oggi qualcuno sta cercando di andare a fondo, sono stati pubblicati parecchi diari e testimonianze dell'epoca, e per fortuna ci sono persone come me che si prendono la briga di portare in giro queste storie di vita. Il contatto con le persone, il raccontare pubblicamente una storia che fa parte di un periodo storico che ha costituito la base della nostra società e del nostro benessere, è ciò che più conta per me.
Camminando per chilometri in solitaria, ho pensato spesso al percorso fatto da mio padre e altre migliaia di giovani come lui, in un territorio (Austria e Germania) ormai distrutto dalla guerra. Dove si rifugiavano per ripararsi dalle intemperie? Chi li ha rifocillati? Chi li ha ascoltati nei momenti di sconforto?
R: Centinaia, migliaia di vite passate nel silenzio, come quella di tuo padre: hai voluto rendere omaggio a loro?
PC: Sicuramente sì, tante persone non sono riuscite a tornare a casa come ha fatto mio padre. Molti sono morti per strada, di stenti o perché malati, altri sono morti dopo poco tempo. Questo percorso mi ha riappacificato con il passato, e ora non sento più rabbia e amarezza per una guerra ingiusta, ma avverto una pace interiore molto forte che pervade la mia anima.
R: Se chiudi gli occhi e immagini di essere arrivato a Barletta, qual è la sensazione che ti viene in mente a conclusione del tuo cammino?
PC: Una bellissima sensazione di pace.
Ed è proprio questa sensazione che Pasquale ci ha lasciato. Nel proseguire i suoi ultimi chilometri che lo separano da Barletta, quest'uomo sta riscattando migliaia di vite silenziose ma al tempo stesso eroiche.
Grazie.
Noi lo abbiamo incontrato, ed è stato un vero piacere ascoltare la sua narrazione, in cui-ogni tanto-le frasi restavano a metà per la commozione.
Durante le sue tappe in Italia, Pasquale ha incontrato tante persone, anche giovani, ospite presso sedi ANPI e Camere del Lavoro. Qui a Cerignola la sede ANPI ormai non esiste più, ma la memoria storica della Resistenza è molto forte, essendo la città che ha dato i natali a Giuseppe Di Vittorio.
Sono 68 le tappe complessive del "cammino" che Pasquale ha intrapreso l'8 Maggio scorso da Monaco di Baviera, sulle orme del padre Francesco, che alla fine della seconda guerra mondiale uscì da un campo di concentramento tedesco per tornare finalmente a casa, a Barletta. Era il 27 Luglio 1945.
Ne è passato di tempo, da allora, e Pasquale non ha mai dimenticato il giorno in cui, mentre si trovava a casa dei nonni, ascoltò suo padre e lo zio che parlavano di questo viaggio particolare compiuto dopo due anni di internamento in un campo nazista. All'epoca aveva solo sette anni, poi appena cresciuto ha cominciato a raccogliere documenti e testimonianze che potessero aiutarlo a ricostruire l'esperienza di papà Francesco.
R: Pasquale, qual è la motivazione che ti ha indotto ad intraprendere questo viaggio?
PC: Mio padre era un uomo eccezionale, un contadino che parlava a stento in italiano, ma che ha avuto la forza e l'intuizione di mandare me e i miei due fratelli a scuola, non facendoci mancare mai nulla. Mia madre invece amava l'arte, la poesia e tutto ciò che era bello: da lei ho preso queste passioni che mi porto dentro ancora adesso. Spesso lo sentivo parlare in tedesco, ed io restavo perplesso per questo. Dell'esperienza vissuta nei campi di concentramento e delle privazioni subite da bambino gli era rimasta la fobia del cibo: comprava sempre tante cose da mangiare, anche i cibi più ricercati, e non mancava di condividerli con noi a tavola.
La vicenda di cui è stato protagonista mio padre, ma anche quella di tanti altri uomini e soldati di quel periodo, non ha avuto il riscontro che merita. Oggi qualcuno sta cercando di andare a fondo, sono stati pubblicati parecchi diari e testimonianze dell'epoca, e per fortuna ci sono persone come me che si prendono la briga di portare in giro queste storie di vita. Il contatto con le persone, il raccontare pubblicamente una storia che fa parte di un periodo storico che ha costituito la base della nostra società e del nostro benessere, è ciò che più conta per me.
Camminando per chilometri in solitaria, ho pensato spesso al percorso fatto da mio padre e altre migliaia di giovani come lui, in un territorio (Austria e Germania) ormai distrutto dalla guerra. Dove si rifugiavano per ripararsi dalle intemperie? Chi li ha rifocillati? Chi li ha ascoltati nei momenti di sconforto?
R: Centinaia, migliaia di vite passate nel silenzio, come quella di tuo padre: hai voluto rendere omaggio a loro?
PC: Sicuramente sì, tante persone non sono riuscite a tornare a casa come ha fatto mio padre. Molti sono morti per strada, di stenti o perché malati, altri sono morti dopo poco tempo. Questo percorso mi ha riappacificato con il passato, e ora non sento più rabbia e amarezza per una guerra ingiusta, ma avverto una pace interiore molto forte che pervade la mia anima.
R: Se chiudi gli occhi e immagini di essere arrivato a Barletta, qual è la sensazione che ti viene in mente a conclusione del tuo cammino?
PC: Una bellissima sensazione di pace.
Ed è proprio questa sensazione che Pasquale ci ha lasciato. Nel proseguire i suoi ultimi chilometri che lo separano da Barletta, quest'uomo sta riscattando migliaia di vite silenziose ma al tempo stesso eroiche.
Grazie.