giuseppe di vittorio diellemagazine
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Oggi, 11 agosto 1892, nasceva Giuseppe Di Vittorio

Centoventiquattro anni fa la nascita a Cerignola di uno dei più grandi politici e sindacalisti italiani

Oggi, 11 agosto, ricorre l'anniversario della nascita di Giuseppe Di Vittorio. La vita del sindacalista e politico cerignolano è una storia tutta da leggere. Partito dalle lotte nelle campagne cerignolane, finì per divenire un personaggio di caratura internazionale.
A dieci anni circa lasciò gli studi perché il padre morì al lavoro, intento a salvare il bestiame da un allagamento della Masseria dove serviva i suoi padroni, i marchesi Rubino-Rossi. Così si ritrovò a sostenere la mamma vedova sin da bambino, lavorando nei campi come bracciante, pur avendo un'età giovanissima. Ma, nonostante la dura vita giornaliera dei campi, la sera nello stanzone in cui dormiva era solito istruirsi con vecchi giornali e il vocabolario acquistato ad una bancarella, con la sola luce di una candela e sdraiato sulla paglia. All'epoca, chi lavorava nei campi altrui, partiva il lunedì mattina da casa propria per farvi ritorno il sabato successivo dopo la settimana lavorativa, pernottando tutti i giorni in uno stanzone, sulla paglia, in attesa dell'alba del giorno successivo.
Nel 1905, all'età di 13 anni, Di Vittorio si ritrovò in prima fila tra i manifestanti di uno sciopero generale, quando il suo amico Ambrogio venne colpito dagli spari della repressione. Fu un episodio duro, che rimase impresso nella vita di Di Vittorio, vista anche l'età molto giovane. Due anni più tardi crea il primo Circolo Giovanile Socialista a Cerignola e riesce a mettere insieme ben 400 iscritti, segno della grande attenzione che era riuscito a creare attorno a se stesso e al movimento socialista. Il primo "fermo" della polizia arriva quando Di Vittorio era in prima fila per una dimostrazione sull'apertura di una scuola serale. Resterà solo qualche ora nel comando dei vigili urbani, ma la "sua" scuola fu aperta e lui stesso prese il diploma di terza elementare in quell'Istituto. Sempre nel 1907 divenne membro della Lega dei Braccianti e nel 1909 ebbe un nuovo successo istituzionale. Dopo uno sciopero generale, lui e Antonio Misceo (direttore della Lega Braccianti), riuscirono ad ottenere la riduzione del lavoro nei campi a 9 ore, in primavera e in estate. Il Duca de la Rochefoucauld non lo riconobbe e ci fu una repressione guidata dai Carabinieri. Dopo lo stato d'assedio proclamato dal Colonnello Comandante arrivarono le trattative con i lavoratori e la conseguente vittoria del sindacalista.
Successivamente costituisce il sindacato dei guardiani, con altri successi e passi avanti nel lavoro dei campi di Cerignola, tanto da balzare agli onori della cronaca in tutto il Mezzogiorno d'Italia. Anche nelle città operaie settentrionali cominciarono a sentir parlare delle lotte di Cerignola e di Di Vittorio. Entrò nel movimento sindacale e cominciò ad essere preso di mira dai proprietari terrieri e dalla polizia, tanto da essere arrestato nel 1911. Fu catturato mentre era al comando di una folla in protesta sempre per motivi di lavoro. Dopo esser stato portato in caserma la folla si accalcò davanti al carcere per farlo liberare e solo dopo molte ore i Carabinieri riuscirono a portare Di Vittorio nel carcere di Lucera. Li rimase per 4 mesi circa, prima di ottenere la libertà provvisoria. Ma la sua opera sindacale proseguì e nel 1912 fu proclamato Segretario Regionale della Federazione Giovanile e membro del Consiglio Nazionale dei Sindacalisti Italiani. Nel 1914, a fronte di numerosi ordini di cattura a suo nome, fu costretto a fuggire in Svizzera, a Lugano, dove si dedicò agli studi. Nove mesi più tardi tornò in Italia. L'inizio della Prima Guerra Mondiale lo spinse a Napoli insieme al primo Reggimento Bersaglieri. Sul Carso gli fu imposto il corso per aspiranti ufficiali dove arrivò tra i primi classificati. Ma la notizia del suo "modo rivoluzionario" gli creò qualche problema tra i militari. In prima linea fu colpito gravemente e fu dichiarato inabile alla guerra. Fu mandato prima a Roma, poi in Sardegna e quando tornò a Cerignola, partecipando alla Festa del Lavoro del 1 maggio 1917, fu reindirizzato in guerra in Libia. Passata la guerra e saputa della rivoluzione sovietica, Di Vittorio si convinse che anche in Italia era possibile far trionfare i socialisti. Assunse la guida della Camera del Lavoro di Bari e provincia. Nel 1921 fu arrestato nuovamente, dopo 45 giorni di latitanza e condotto al già noto carcere di Lucera. Mentre era carcerato il Partito Socialista lo candidò al Parlamento. Le forze avverse si opposero anche col sangue (9 morti) alla sua elezione e, nonostante nessun voto arrivò nella città di Cerignola, Di Vittorio fu eletto ugualmente grazie all'appoggio delle altre città pugliesi. Intanto la scissione di Livorno diede vita al nuovo Partito Comunista Italiano, con Di Vittorio, Togliatti e Gramsci in prima fila. Nel 1927 a seguito di numerosi altri ordini di cattura, fu costretto a scappare nuovamente in Svizzera (nonostante l'immunità parlamentare) e il Tribunale Speciale lo condannò a 12 anni. Cominciò la vita da esule e da antifascista, dove ebbe anche alcune difficoltà a livello familiare per i troppi viaggi che lo tenevano lontano, lui che anche nella sua vita politica in Italia non volle mai separarsi dalla moglie, Carolina Morra e dai figli Baldina e Vindice. Trovò serenità nei due anni vissuti in Unione Sovietica (dal '28 al '30) quando divenne dirigente dell'Internazionale Contadina. Di Vittorio, ormai, era divenuto un personaggio di caratura internazionale. Si trasferì ancora a Parigi, dove rimase vedovo nel 1935 e poi in Spagna, sempre per contrastare il Fascismo con l'insurrezione del generale Francisco Franco, dove fu nuovamente ferito. Costretto a tornare a Parigi fu arrestato il 10 febbraio 1941 dalla polizia del regime. Mentre era rinchiuso nelle carceri tedesche, fu richiesto dalle autorità italiane, in quanto su di lui pendeva la condanna per le attività antifasciste svolte all'estero, ma anche altri capi di accusa della sua epoca passata in Italia da rivoluzionario, tra cui anche quella a dodici anni avuta nel 1927 e fino a quel punto non scontata. Fu trasferito di carcere in carcere fino all'arrivo a Foggia, dove fu tradotto al carcere di Lucera, che conobbe per la terza volta nella sua vita, poi fu confinato a Ventotene. Nel 1943 il governo Badoglio liberò i condannati politici e i detenuti di Ventotene e Di Vittorio riprese la sua attività con la nuova Federazione Nazionale Lavoratori Agricoli. Nel 1944 Di Vittorio, Achille Grandi ed Emilio Canevari firmarono il patto di Unità Sindacale. Nel 1944 raggiunse il figlio Vindice, ferito sui Pirenei mentre era tra le formazioni partigiane, in lotta contro i Fascisti. Al suo ritorno in Italia giunse la notizia dell'uccisione di Mussolini e della fine della Guerra. In un momento di stabilità personale, volle ritornare a Cerignola dove fu accolto da una folla festante e portato in trionfo dai suoi concittadini. Nel 1953 divenne Presidente della Federazione Sindacale Mondiale e si risposò con la giornalista Anita Contini. Fu uno dei primi marxisti a intuire la pericolosità del regime stalinista sovietico e nel 1956 si riacutizzò un dissapore con Palmiro Togliatti sull'intervento dell'esercito sovietico per reprimere la rivolta d'Ungheria. In sostanza non era d'accordo sugli spari dell'Armata Rossa contro i lavoratori di un paese socialista e li definì "regimi sanguinari" nonché "assassini". Morì a suo modo, nel 1957. Di Vittorio partì da Milano per Lecco, ove aveva deciso di tenere un comizio per l'inaugurazione della Camera del Lavoro. Il tutto contro i pareri dei cardiologi che avevano negato l'autorizzazione per un piccolo scompenso alle coronarie. Dopo il viaggio gli occorreva un'oretta di riposo, nel letto della sua camera d'albergo, dal quale non si alzò più.
Nato l'11 agosto 1892, Giuseppe Di Vittorio morì il 3 novembre 1957, all'età di 65 anni ed è sepolto al cimitero del Verano in Roma.
  • Giuseppe Di Vittorio
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