Michele Dibiase, ex calciatore cerignolano: “Ho indossato la maglia dell’Audace per 13 anni di seguito”
Il giocatore, oggi 84enne, ricorda gli anni trascorsi nella squadra ofantina e la sua carriera sportiva.
Cerignola - lunedì 9 maggio 2022
13.59
Ritrovarsi davanti ad un uomo anziano che ha voglia di raccontare la sua carriera sportiva e lo fa sviscerando nomi, aneddoti, fotografie, è un piacere per chi-come me- crede che non si possa gioire del presente senza conoscere e valorizzare il passato, ciò che siamo stati e le esperienze che abbiamo vissuto.
Il signor Michele Dibiase, 84 anni, ha un fisico ancora atletico, quello di un uomo che solo cinque anni fa era abituato alla sua corsetta quotidiana per mantenersi in forma.
"Ho giocato nella squadra del Cerignola per tredici anni di fila, a 16 anni ho fatto il mio esordio tra i giovani, ero uno dei più piccoli. Poi, negli anni 1956-1957, ho partecipato con la squadra alla quarta serie di eccellenza (la serie C di adesso). In quel periodo il Cerignola ha giocato contro squadre che erano importanti come il Cagliari, il Palermo, il Foggia, il Pescara".
Comincia così il racconto di Michele, che ci accoglie nella sua casa insieme alla moglie e al genero Caiaffa, anche lui vecchia gloria dell'Audace Cerignola.
Michele Dibiase è stato un promettente centrocampista. Nel calcio, si sa, il mediano è sempre il cuore di una squadra. "Insieme a me hanno giocato calciatori che secondo me meritavano di andare in serie A. Il portiere Zitolo, ad esempio, era davvero bravo, ma forse non aveva la "testa" giusta per arrivare lontano. Era il più vivace della squadra, ci teneva sempre allegri con le sue battute, anche quando le cose non andavano bene".
Nei ricordi di Michele scorrono i nomi di altri giocatori cerignolani con lui in quegli anni: Paciello, Genovese, Cirulli, Crudele, Sgarro, Campaniello. "Quest'ultimo, in particolare, è stato un grande amico oltre che compagno di squadra. Ora purtroppo non c'è più, ma continuiamo a sentire sua moglie", precisa.
"A differenza di oggi, nella squadra eravamo 12-13 calciatori di Cerignola, quindi la maggioranza. Noi eravamo tenuti a giocare a pane e acqua, ossia pagati pochissimo. Basti pensare che i veterani della squadra arrivavano a prendere 50-60 mila lire al mese, mentre i più giovani dovevano accontentarsi di 15 mila lire".
Gli occhi del signor Michele brillano di commozione, mentre racconta la sua storia personale, che è anche quella di "un altro calcio" a cui oggi non siamo più abituati.
"Durante il servizio militare, che ho svolto a Torino, ho giocato con una squadra locale e ho vinto pure un Campionato. Alla fine dell'anno loro volevano tenermi e un osservatore mi propose di fare un provino. Ma io rifiutai, ero troppo attaccato a Cerignola e alla mia famiglia", prosegue Michele.
"Sono stato un giocatore sfortunato. Avrei dovuto restare a Torino, ma ripensavo a mia madre e al suo dispiacere nel vedermi andare via. Forse, se avessi preso quel treno, mi avrebbe portato lontano, chissà. In una squadra di serie A".
Il rimpianto di Michele si stempera, per fortuna, al ricordo delle belle esperienze vissute indossando la maglia dell'Audace Cerignola per 13 lunghissimi anni. "Tra i ricordi più piacevoli c'è quello della trasferta con la squadra in Jugoslavia, dove siamo stati una settimana su iniziativa dell'allora onorevole Specchio. Ci sono anche alcune partite disputate che mi sono rimaste nel cuore: negli anni in cui il Conte Pavoncelli era Presidente del Cerignola, in una partita contro una squadra del Torino arrivai a segnare dieci gol. Una gara memorabile per me e tutti i compagni di squadra. Gli avversari erano convinti che io fossi un calciatore di serie A".
Michele spende ottime parole anche per gli allenatori che lo hanno aiutato a diventare il giocatore che è stato: talentuoso, corretto, puntuale e costante negli allenamenti. "Oltre a Giancaspro, Conte e Pozzo, ho avuto la fortuna di conoscere l'allenatore Plenic, che fu chiamato dall'Ungheria per allenare la squadra di quarta serie.
Quando avevo 15-16 anni Plenic, che allenava la prima squadra e mi aveva notato tra i giovani, veniva a chiamarmi la mattina e mi portava a fare allenamento con loro. Era un grande onore, per me, lui voleva portarmi a giocare nel Trani, che si trovava in serie C", rivela Michele, con orgoglio.
Gli allenamenti di una volta? Niente a che fare con quelli di oggi. "Non esistevano attrezzi, gli esercizi di potenziamento muscolare erano per lo più a corpo libero. Ricordo che ci portavano a San Giovanni Rotondo, per farci allenare a salire e scendere le strade in pendenza. Non so se oggi i ragazzi sarebbero in grado di sopportare la fatica ed il sudore di una volta. Io, poi, lavoravo su turni (ero centralinista all'ospedale) e giocavo a calcio. Un doppio impegno portato avanti con tanto sacrificio e passione".
Le foto sparse sul tavolo riportano alla mente le partite giocate su campi impraticabili, con palloni troppo duri e pesanti da calciare, soprattutto quando pioveva.
Ma la carriera calcistica di Michele Dibiase non è stata certo tutta rose e fiori. Le delusioni non sono mancate. "Ad un certo punto il Cerignola mi voleva cedere ad un'altra squadra. Sono rimasto male, tanto. Dopo che avevo dato me stesso alla squadra per tutti quegli anni".
Gli ho chiesto se, dopo aver lasciato la squadra, ha continuato a seguirla. "Parecchi anni fa, quando allo stadio entravano gratis pecore e porci, mi presentai come un ex giocatore del Cerignola, ma non pretendevo nulla. Mi risposero sgarbatamente, feci il mio biglietto e da allora non sono più tornato al Monterisi".
Giovanni Pugliese, alias Tigana, presente con noi all'intervista, regala al signor Dibiase una maglia dell'Audace Cerignola, promettendogli di riportargliela con il suo nome stampato e il numero 6 che lui portava ai suoi tempi.
"Vogliamo che il signor Michele sia presente alla festa che organizzeremo per i 110 anni dalla nascita dell'Audace. La società vuole assegnargli un riconoscimento, quello che lui merita come giocatore dell'Audace sicuramente più longevo in squadra, visto che è rimasto per ben 13 anni", dichiara l'Ultras.
Dopo la carriera da giocatore, Michele ha intrapreso per alcuni anni quella da allenatore. Fino a qualche anno fa correva e si allenava ogni giorno.
Un uomo che ha lo sport nel sangue, il signor Michele Dibiase. Ci piacerà guardarlo mentre indosserà per l'ennesima volta la maglia dell'Audace Cerignola, perché significa che- nonostante tutto- il suo sogno di una vita continua ad essere forte e vibrante.
Il signor Michele Dibiase, 84 anni, ha un fisico ancora atletico, quello di un uomo che solo cinque anni fa era abituato alla sua corsetta quotidiana per mantenersi in forma.
"Ho giocato nella squadra del Cerignola per tredici anni di fila, a 16 anni ho fatto il mio esordio tra i giovani, ero uno dei più piccoli. Poi, negli anni 1956-1957, ho partecipato con la squadra alla quarta serie di eccellenza (la serie C di adesso). In quel periodo il Cerignola ha giocato contro squadre che erano importanti come il Cagliari, il Palermo, il Foggia, il Pescara".
Comincia così il racconto di Michele, che ci accoglie nella sua casa insieme alla moglie e al genero Caiaffa, anche lui vecchia gloria dell'Audace Cerignola.
Michele Dibiase è stato un promettente centrocampista. Nel calcio, si sa, il mediano è sempre il cuore di una squadra. "Insieme a me hanno giocato calciatori che secondo me meritavano di andare in serie A. Il portiere Zitolo, ad esempio, era davvero bravo, ma forse non aveva la "testa" giusta per arrivare lontano. Era il più vivace della squadra, ci teneva sempre allegri con le sue battute, anche quando le cose non andavano bene".
Nei ricordi di Michele scorrono i nomi di altri giocatori cerignolani con lui in quegli anni: Paciello, Genovese, Cirulli, Crudele, Sgarro, Campaniello. "Quest'ultimo, in particolare, è stato un grande amico oltre che compagno di squadra. Ora purtroppo non c'è più, ma continuiamo a sentire sua moglie", precisa.
"A differenza di oggi, nella squadra eravamo 12-13 calciatori di Cerignola, quindi la maggioranza. Noi eravamo tenuti a giocare a pane e acqua, ossia pagati pochissimo. Basti pensare che i veterani della squadra arrivavano a prendere 50-60 mila lire al mese, mentre i più giovani dovevano accontentarsi di 15 mila lire".
Gli occhi del signor Michele brillano di commozione, mentre racconta la sua storia personale, che è anche quella di "un altro calcio" a cui oggi non siamo più abituati.
"Durante il servizio militare, che ho svolto a Torino, ho giocato con una squadra locale e ho vinto pure un Campionato. Alla fine dell'anno loro volevano tenermi e un osservatore mi propose di fare un provino. Ma io rifiutai, ero troppo attaccato a Cerignola e alla mia famiglia", prosegue Michele.
"Sono stato un giocatore sfortunato. Avrei dovuto restare a Torino, ma ripensavo a mia madre e al suo dispiacere nel vedermi andare via. Forse, se avessi preso quel treno, mi avrebbe portato lontano, chissà. In una squadra di serie A".
Il rimpianto di Michele si stempera, per fortuna, al ricordo delle belle esperienze vissute indossando la maglia dell'Audace Cerignola per 13 lunghissimi anni. "Tra i ricordi più piacevoli c'è quello della trasferta con la squadra in Jugoslavia, dove siamo stati una settimana su iniziativa dell'allora onorevole Specchio. Ci sono anche alcune partite disputate che mi sono rimaste nel cuore: negli anni in cui il Conte Pavoncelli era Presidente del Cerignola, in una partita contro una squadra del Torino arrivai a segnare dieci gol. Una gara memorabile per me e tutti i compagni di squadra. Gli avversari erano convinti che io fossi un calciatore di serie A".
Michele spende ottime parole anche per gli allenatori che lo hanno aiutato a diventare il giocatore che è stato: talentuoso, corretto, puntuale e costante negli allenamenti. "Oltre a Giancaspro, Conte e Pozzo, ho avuto la fortuna di conoscere l'allenatore Plenic, che fu chiamato dall'Ungheria per allenare la squadra di quarta serie.
Quando avevo 15-16 anni Plenic, che allenava la prima squadra e mi aveva notato tra i giovani, veniva a chiamarmi la mattina e mi portava a fare allenamento con loro. Era un grande onore, per me, lui voleva portarmi a giocare nel Trani, che si trovava in serie C", rivela Michele, con orgoglio.
Gli allenamenti di una volta? Niente a che fare con quelli di oggi. "Non esistevano attrezzi, gli esercizi di potenziamento muscolare erano per lo più a corpo libero. Ricordo che ci portavano a San Giovanni Rotondo, per farci allenare a salire e scendere le strade in pendenza. Non so se oggi i ragazzi sarebbero in grado di sopportare la fatica ed il sudore di una volta. Io, poi, lavoravo su turni (ero centralinista all'ospedale) e giocavo a calcio. Un doppio impegno portato avanti con tanto sacrificio e passione".
Le foto sparse sul tavolo riportano alla mente le partite giocate su campi impraticabili, con palloni troppo duri e pesanti da calciare, soprattutto quando pioveva.
Ma la carriera calcistica di Michele Dibiase non è stata certo tutta rose e fiori. Le delusioni non sono mancate. "Ad un certo punto il Cerignola mi voleva cedere ad un'altra squadra. Sono rimasto male, tanto. Dopo che avevo dato me stesso alla squadra per tutti quegli anni".
Gli ho chiesto se, dopo aver lasciato la squadra, ha continuato a seguirla. "Parecchi anni fa, quando allo stadio entravano gratis pecore e porci, mi presentai come un ex giocatore del Cerignola, ma non pretendevo nulla. Mi risposero sgarbatamente, feci il mio biglietto e da allora non sono più tornato al Monterisi".
Giovanni Pugliese, alias Tigana, presente con noi all'intervista, regala al signor Dibiase una maglia dell'Audace Cerignola, promettendogli di riportargliela con il suo nome stampato e il numero 6 che lui portava ai suoi tempi.
"Vogliamo che il signor Michele sia presente alla festa che organizzeremo per i 110 anni dalla nascita dell'Audace. La società vuole assegnargli un riconoscimento, quello che lui merita come giocatore dell'Audace sicuramente più longevo in squadra, visto che è rimasto per ben 13 anni", dichiara l'Ultras.
Dopo la carriera da giocatore, Michele ha intrapreso per alcuni anni quella da allenatore. Fino a qualche anno fa correva e si allenava ogni giorno.
Un uomo che ha lo sport nel sangue, il signor Michele Dibiase. Ci piacerà guardarlo mentre indosserà per l'ennesima volta la maglia dell'Audace Cerignola, perché significa che- nonostante tutto- il suo sogno di una vita continua ad essere forte e vibrante.