Territorio
Messa in “Coena Domini”, Don Carmine Ladogana lava simbolicamente i piedi al personale sanitario
Brocca, catino e asciugatoio davanti ad una sedia vuota sulla quale erano deposti un camice sanitario e alcuni presidi medici usati dal personale medico negli ospedali
Cerignola - venerdì 10 aprile 2020
12.24
Brocca, catino e asciugatoio per la lavanda dei piedi nella messa in "Coena Domini", il rito che ci fa partecipare attivamente all'ultima cena con Gesù, che ci porta a rivivere gli attimi in cui il Cristo impartì il più bell'insegnamento ai discepoli "Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi".
Ogni Giovedì Santo partecipiamo alla messa in "Coena Domini" e, nel momento della lavanda dei piedi, viviamo gli insegnamenti di quel gesto. Molte volte su quell'altare ci siamo stati noi interpretando la parte dei discepoli, altre volte ci sono i nostri figli, i giovani della parrocchia, i catechisti, i cresimandi e, nella silente ricchezza di quel gesto, nella consapevolezza che servire è la base della carità, nella grandezza del diventare ultimi viviamo con il Cristo e i discepoli i più bei momenti del cenacolo.
Don Carmine Ladogana, parroco della Parrocchia di S. Antonio da Padova a Cerignola, ha ripetuto il gesto compiuto da Gesù nell'ultima cena sostando con la brocca, il catino e l'asciugatoio davanti ad una sedia vuota sulla quale erano deposti un camice sanitario e alcuni presidi medici usati dal personale medico negli ospedali.
Non solo un segno di riconoscimento agli operatori sanitari che in questo periodo sono in prima linea nella lotta al COVID-19, non solo un omaggio di affetto e vicinanza rivolto a quanti stanno donando se stessi per aiutare gli altri, non solo un segno di partecipazione al dolore che ha colpito i familiari degli oltre 100 medici morti ma un forte segno di prostrazione al cospetto di coloro che sanno donare la propria vita per gli altri, di coloro che quotidianamente affrontano con dolore i dolori altrui, che sanno confortare chi è nella sofferenza, che sanno sollevare chi è nello sconforto, che piangono lacrime amare per ogni perdita e che non hanno il tempo per sorridere di fronte alla guarigioni perché in perenne lotta per salvare quante più vite possibili.
Nel gesto di Don Carmine Ladogana il gesto di un'intera comunità parrocchiale, della più grande comunità cittadina, della globale comunità nazionale e mondiale, in perfetta linea con il messaggio di Papa Francesco che ha annoverato i medici tra i "veri eroi" definendoli "santi della porta accanto", in continuazione con quanto detto dal Vescovo Mons. Luigi Renna che, nella preghiera mattutina del 6 aprile, ha sottolineato che "Restituire la vita è la cosa più grande che si possa fare, quella che può fare un medico con le cure in ospedale".
Al gesto di Don Carmine, nel silenzio che grida il significato di quanto si compie le parole del lettore per scandire ogni secondo trascorso nella preghiera:
«In questo giovedì Santo, viene omessa la lavanda dei piedi. Ma simbolicamente ora don Carmine sosterà con la brocca, il catino e l'asciugatoio dinnanzi a una sedia vuota. Su di essa vi sono stati deposti dei dispositivi di protezione individuale che usano i medici e il personale nei reparti ospedalieri, con essi trovano spazio un camice e un fonendoscopio. Questi oggetti ci riportano all'interno dei nostri ospedali e alle procedure di vestizione che il personale medico e para medico ogni giorno compie prima di entrare in un reparto di isolamento tra gli ammalati di covid-19. Racconta una addetta: 'C'è una stanza intermedia prima di varcare la linea rossa, da quel punto in poi il silenzio dell'ospedale comincia a farsi assordante. Bisogna essere in due per indossare correttamente i dispositivi di protezione individuale, cioè bisogna lasciarsi vestire da una collega; per allacciare un camice il gesto che si fa è quasi quello di un abbraccio e a Sonia viene sempre il groppo in gola. Tre paia di guanti, gli occhiali, la cuffia e tutto il resto; e poi si entra. Per quattro ore non si beve e non si va in bagno. Per tutto il tempo si condivide il dramma dei malati, si riconoscono volti amici, si fanno i conti con l'ipotesi che potrebbe toccare a tutti.
Questa sosta vuole ricordarci che "nella storia minuta del mondo, l'umiltà si fa strada, la piccolezza può qualcosa che forze più grandi non possono". Vi sono figure negli ospedali che giganteggiano nel nascondimento, con le loro scope e i loro stracci, che questa sera si rispecchiano in questo catino, brocca e asciugatoio, gli unici strumenti di servizio ai fratelli, che Gesù ci ha lasciato in eredità. Preghiamo in silenzio».
Ogni Giovedì Santo partecipiamo alla messa in "Coena Domini" e, nel momento della lavanda dei piedi, viviamo gli insegnamenti di quel gesto. Molte volte su quell'altare ci siamo stati noi interpretando la parte dei discepoli, altre volte ci sono i nostri figli, i giovani della parrocchia, i catechisti, i cresimandi e, nella silente ricchezza di quel gesto, nella consapevolezza che servire è la base della carità, nella grandezza del diventare ultimi viviamo con il Cristo e i discepoli i più bei momenti del cenacolo.
Don Carmine Ladogana, parroco della Parrocchia di S. Antonio da Padova a Cerignola, ha ripetuto il gesto compiuto da Gesù nell'ultima cena sostando con la brocca, il catino e l'asciugatoio davanti ad una sedia vuota sulla quale erano deposti un camice sanitario e alcuni presidi medici usati dal personale medico negli ospedali.
Non solo un segno di riconoscimento agli operatori sanitari che in questo periodo sono in prima linea nella lotta al COVID-19, non solo un omaggio di affetto e vicinanza rivolto a quanti stanno donando se stessi per aiutare gli altri, non solo un segno di partecipazione al dolore che ha colpito i familiari degli oltre 100 medici morti ma un forte segno di prostrazione al cospetto di coloro che sanno donare la propria vita per gli altri, di coloro che quotidianamente affrontano con dolore i dolori altrui, che sanno confortare chi è nella sofferenza, che sanno sollevare chi è nello sconforto, che piangono lacrime amare per ogni perdita e che non hanno il tempo per sorridere di fronte alla guarigioni perché in perenne lotta per salvare quante più vite possibili.
Nel gesto di Don Carmine Ladogana il gesto di un'intera comunità parrocchiale, della più grande comunità cittadina, della globale comunità nazionale e mondiale, in perfetta linea con il messaggio di Papa Francesco che ha annoverato i medici tra i "veri eroi" definendoli "santi della porta accanto", in continuazione con quanto detto dal Vescovo Mons. Luigi Renna che, nella preghiera mattutina del 6 aprile, ha sottolineato che "Restituire la vita è la cosa più grande che si possa fare, quella che può fare un medico con le cure in ospedale".
Al gesto di Don Carmine, nel silenzio che grida il significato di quanto si compie le parole del lettore per scandire ogni secondo trascorso nella preghiera:
«In questo giovedì Santo, viene omessa la lavanda dei piedi. Ma simbolicamente ora don Carmine sosterà con la brocca, il catino e l'asciugatoio dinnanzi a una sedia vuota. Su di essa vi sono stati deposti dei dispositivi di protezione individuale che usano i medici e il personale nei reparti ospedalieri, con essi trovano spazio un camice e un fonendoscopio. Questi oggetti ci riportano all'interno dei nostri ospedali e alle procedure di vestizione che il personale medico e para medico ogni giorno compie prima di entrare in un reparto di isolamento tra gli ammalati di covid-19. Racconta una addetta: 'C'è una stanza intermedia prima di varcare la linea rossa, da quel punto in poi il silenzio dell'ospedale comincia a farsi assordante. Bisogna essere in due per indossare correttamente i dispositivi di protezione individuale, cioè bisogna lasciarsi vestire da una collega; per allacciare un camice il gesto che si fa è quasi quello di un abbraccio e a Sonia viene sempre il groppo in gola. Tre paia di guanti, gli occhiali, la cuffia e tutto il resto; e poi si entra. Per quattro ore non si beve e non si va in bagno. Per tutto il tempo si condivide il dramma dei malati, si riconoscono volti amici, si fanno i conti con l'ipotesi che potrebbe toccare a tutti.
Questa sosta vuole ricordarci che "nella storia minuta del mondo, l'umiltà si fa strada, la piccolezza può qualcosa che forze più grandi non possono". Vi sono figure negli ospedali che giganteggiano nel nascondimento, con le loro scope e i loro stracci, che questa sera si rispecchiano in questo catino, brocca e asciugatoio, gli unici strumenti di servizio ai fratelli, che Gesù ci ha lasciato in eredità. Preghiamo in silenzio».