Sguardo sul foggiano
Lo scrittore foggiano Alessandro Galano vincitore del Contropremio Carver-Prospektiva 1.0
Il libro, premiato al Salone Internazionale del Libro di Torino, si intitola “L’uomo che vendette il mondo”
Foggia - sabato 20 maggio 2023
13.26
Giornalista, docente e scrittore. Alessandro Galano è questo, ma anche molto di più. E' un appassionato e sostenitore della cultura a 360°, tra i fondatori della testata "Foggia Città Aperta", narratore esperto e curioso di vita e di storie che vale la pena leggere per quello che trasmettono.
Il suo libro di esordio, "L'uomo che vendette il mondo" (ed. Scatole Parlanti), pubblicato nel 2021, è stato proclamato vincitore del Contropremio Carver-Prospektiva 1.0 (sezione narrativa), presso il Salone Internazionale di Torino. Un prestigioso e meritato riconoscimento per lo scrittore foggiano, che si è imposto nel panorama letterario italiano con un libro che parla di un sentimento universale, l'amicizia.
A lui abbiamo rivolto qualche domanda per conoscere la genesi del libro e per farci raccontare la sua passione per la "penna".
"L'uomo che vendette il mondo" è sostanzialmente la storia di un legame di amicizia. Il protagonista del libro, Santo Bardi, è un 35enne in balia della precarietà professionale e sentimentale. Quando e come hai deciso di raccontare una storia del genere, e da dove è nata l'ispirazione per creare il personaggio principale del romanzo?
Volevo scrivere una storia sui grandi legami, su ciò che resta ben saldo anche a distanza di spazio e di tempo, quando dall'altra parte sembra non esserci più modo per conservare quel legame e invece, quasi in modo innaturale, quello resta, si mantiene vivo, malgrado tutto. Ma volevo anche raccontare una crescita, una ricerca: questo è un romanzo di formazione, anzi di "tarda" formazione, come amo dire. Santo, la voce narrante, è colui che si "forma": per crearlo mi sono guardato dentro, è bastato quello.
Hai ambientato la storia del libro in una cornice avventurosa e "on the road". Qual è il guizzo o l'episodio della tua vita che ha dato origine all'intera trama?
L'ispirazione, in un certo senso, è venuta dopo. Al principio c'è stata una scintilla: la visita, del tutto casuale, di una clinica psichiatrica, avvenuta diversi anni fa. All'epoca ancora non lo sapevo, ma il libro è nato in quel momento, durante una bozza scritta a penna al rientro da quell'esperienza. Da lì poi, ho iniziato a interrogarmi sulla linea di demarcazione che separa i due mondi, quello sano o considerato tale, e quello insano. La vita e la sospensione della vita. E mi sono chiesto: sicuro di essere sempre stato da questa parte? E se ti capitasse? E se capitasse a una persona a te cara, così, all'improvviso? La risposta a queste domande è Alex, l'amico perduto che ritorna nella vita di Santo. Se si vuole, l'ispirazione vera e propria. all'intera trama?
Qual è il genere letterario che preferisci? Quando e come è nata la tua passione per i libri?
Sono partito dal romanzo horror, da piccolissimo, perché ero un avido lettore dei fumetti di Dylan Dog: il merito è di mio fratello Roberto, i fumetti erano i suoi e anche i libri che sono venuti dopo. Un giorno ho fatto quel gesto rivoluzionario, ho posato il dito indice sulla costa di un libro, l'ho tirato fuori e l'ho aperto. Attualmente, non ho un genere letterario di riferimento, piuttosto vado per esclusione: detesto le "storielle", la narrativa pigra per lettori pigri, la letteratura intesa come intrattenimento, passatempo. Non è un passatempo, è una scoperta, deve esserlo ogni volta.
Nel tuo libro descrivi la fragilità dell'essere umano, una condizione in cui tutti possiamo riconoscerci. Credi che i lettori si sentano più vicini a personaggi più fragili e complicati?
Penso che i lettori si sentano vicini a personaggi credibili, lo dico soprattutto da lettore. E personaggi credibili sono personaggi contraddittori, fragili, spaesati, mai soltanto positivi o soltanto negativi. Devono perdersi nelle loro debolezze, i lettori, ritrovando così le proprie. È un gioco di specchi in cui è bello confondersi.
Per l'umiltà e la modestia che lo contraddistinguono, Alessandro non vorrebbe soffermarsi a parlare del premio letterario vinto, la cui proclamazione è avvenuta proprio durante la kermesse letteraria più importante d'Italia, il Salone del Libro di Torino. Lui non ha potuto parteciparvi per cause indipendenti dalla sua volontà.
Noi gli facciamo i nostri complimenti, invitandolo a tenerci aggiornati sui suoi progetti letterari.
Il suo libro di esordio, "L'uomo che vendette il mondo" (ed. Scatole Parlanti), pubblicato nel 2021, è stato proclamato vincitore del Contropremio Carver-Prospektiva 1.0 (sezione narrativa), presso il Salone Internazionale di Torino. Un prestigioso e meritato riconoscimento per lo scrittore foggiano, che si è imposto nel panorama letterario italiano con un libro che parla di un sentimento universale, l'amicizia.
A lui abbiamo rivolto qualche domanda per conoscere la genesi del libro e per farci raccontare la sua passione per la "penna".
"L'uomo che vendette il mondo" è sostanzialmente la storia di un legame di amicizia. Il protagonista del libro, Santo Bardi, è un 35enne in balia della precarietà professionale e sentimentale. Quando e come hai deciso di raccontare una storia del genere, e da dove è nata l'ispirazione per creare il personaggio principale del romanzo?
Volevo scrivere una storia sui grandi legami, su ciò che resta ben saldo anche a distanza di spazio e di tempo, quando dall'altra parte sembra non esserci più modo per conservare quel legame e invece, quasi in modo innaturale, quello resta, si mantiene vivo, malgrado tutto. Ma volevo anche raccontare una crescita, una ricerca: questo è un romanzo di formazione, anzi di "tarda" formazione, come amo dire. Santo, la voce narrante, è colui che si "forma": per crearlo mi sono guardato dentro, è bastato quello.
Hai ambientato la storia del libro in una cornice avventurosa e "on the road". Qual è il guizzo o l'episodio della tua vita che ha dato origine all'intera trama?
L'ispirazione, in un certo senso, è venuta dopo. Al principio c'è stata una scintilla: la visita, del tutto casuale, di una clinica psichiatrica, avvenuta diversi anni fa. All'epoca ancora non lo sapevo, ma il libro è nato in quel momento, durante una bozza scritta a penna al rientro da quell'esperienza. Da lì poi, ho iniziato a interrogarmi sulla linea di demarcazione che separa i due mondi, quello sano o considerato tale, e quello insano. La vita e la sospensione della vita. E mi sono chiesto: sicuro di essere sempre stato da questa parte? E se ti capitasse? E se capitasse a una persona a te cara, così, all'improvviso? La risposta a queste domande è Alex, l'amico perduto che ritorna nella vita di Santo. Se si vuole, l'ispirazione vera e propria. all'intera trama?
Qual è il genere letterario che preferisci? Quando e come è nata la tua passione per i libri?
Sono partito dal romanzo horror, da piccolissimo, perché ero un avido lettore dei fumetti di Dylan Dog: il merito è di mio fratello Roberto, i fumetti erano i suoi e anche i libri che sono venuti dopo. Un giorno ho fatto quel gesto rivoluzionario, ho posato il dito indice sulla costa di un libro, l'ho tirato fuori e l'ho aperto. Attualmente, non ho un genere letterario di riferimento, piuttosto vado per esclusione: detesto le "storielle", la narrativa pigra per lettori pigri, la letteratura intesa come intrattenimento, passatempo. Non è un passatempo, è una scoperta, deve esserlo ogni volta.
Nel tuo libro descrivi la fragilità dell'essere umano, una condizione in cui tutti possiamo riconoscerci. Credi che i lettori si sentano più vicini a personaggi più fragili e complicati?
Penso che i lettori si sentano vicini a personaggi credibili, lo dico soprattutto da lettore. E personaggi credibili sono personaggi contraddittori, fragili, spaesati, mai soltanto positivi o soltanto negativi. Devono perdersi nelle loro debolezze, i lettori, ritrovando così le proprie. È un gioco di specchi in cui è bello confondersi.
Per l'umiltà e la modestia che lo contraddistinguono, Alessandro non vorrebbe soffermarsi a parlare del premio letterario vinto, la cui proclamazione è avvenuta proprio durante la kermesse letteraria più importante d'Italia, il Salone del Libro di Torino. Lui non ha potuto parteciparvi per cause indipendenti dalla sua volontà.
Noi gli facciamo i nostri complimenti, invitandolo a tenerci aggiornati sui suoi progetti letterari.