Vita di città
“Lo devo a mio padre…”: la lettera della figlia dei due coniugi di Cerignola che hanno ritrovato i due assegni
La donna invita a riflettere sulla bellezza dei gesti non eclatanti, un messaggio che arriva al cuore di chi legge
Cerignola - giovedì 19 dicembre 2024
17.37
L'episodio del ritrovamento casuale di due assegni da 50 mila euro l'uno da parte di due coniugi di Cerignola, che li hanno restituiti al proprietario denunciando l'accaduto presso la locale Caserma dei Carabinieri, ha suscitato commenti e riflessioni sul valore dell'onestà in una città complicata come la nostra.
Daniela Agresti, figlia di Nicola e Donata, la coppia protagonista della vicenda, ci ha tenuto a diffondere sui social questa nota, che a pochi giorni da Natale suona come un augurio di buone feste.
"Restituire gli Assegni! A mio padre questo lo devo come Figlia ! È importante il valore di un gesto, oltre il clamore.
Gentili Signore e Signori,
Vi è qualcosa, in certi gesti, che sfugge alla logica del calcolo e si radica invece nella dimensione più profonda dell'essere umano. Vi è una bellezza silenziosa nell'agire secondo coscienza, persino quando nessuno guarda, persino quando la tentazione potrebbe prevalere. Oggi si discute di una "non-notizia", eppure il vero interrogativo che dovrebbe sorgere è: perché un atto di onestà suscita tanto stupore?
La legge riconosce al ritrovatore di un bene un decimo del suo valore, una sorta di giusto compenso per un dovere compiuto. Nel caso in questione, 10.000 euro sarebbero stati di diritto. Eppure, tale compenso è stato rifiutato, senza esitazione e senza clamore, come naturale conseguenza di un principio interiore, di un ordine morale che non ha bisogno di contratti né di premi.
Questo rifiuto non nasce da un desiderio di visibilità o da una qualche presunzione di superiorità morale. Al contrario, è la conferma silenziosa che il valore di un gesto risiede nel gesto stesso, non nelle conseguenze che può produrre. Vi è una libertà straordinaria in chi agisce con rettitudine senza attendersi nulla in cambio: la libertà di essere coerenti con se stessi, di non piegarsi alla tentazione di un guadagno facile, di saper guardare allo specchio la propria immagine con serenità.
Se oggi la notizia fa rumore, ciò non dipende da chi l'ha compiuta, che avrebbe preferito restare nell'anonimato. Il clamore nasce, piuttosto, dal contrasto stridente tra un atto puro e la realtà che ci circonda, in cui la rettitudine viene spesso considerata eccezione e non regola. E forse proprio per questo è giusto soffermarsi a riflettere: quanto valore ha, oggi, un gesto che restituisce dignità all'uomo e fiducia nella comunità?
A chi riduce tutto a cifre o ad aneddoti di poco conto, rivolgo una domanda: siamo davvero pronti a misurare ogni cosa in termini materiali? Esistono beni che non hanno prezzo: la pace interiore, la coscienza limpida, il rispetto di sé. Chi ha restituito quegli assegni ha scelto il silenzio, ma ha donato a tutti una lezione: l'etica non si compra, e il valore autentico di un gesto sta nell'essere compiuto senza aspettative.
In un tempo che sembra aver smarrito la strada, questo episodio non è una "non-notizia": è un segnale, un monito, e forse anche una speranza. Che sia compreso o ignorato, resta ciò che è: la dimostrazione che la dignità umana, talvolta, sa ancora elevarsi oltre le circostanze.
Con profondo rispetto,
Daniela Agresti
Daniela Agresti, figlia di Nicola e Donata, la coppia protagonista della vicenda, ci ha tenuto a diffondere sui social questa nota, che a pochi giorni da Natale suona come un augurio di buone feste.
"Restituire gli Assegni! A mio padre questo lo devo come Figlia ! È importante il valore di un gesto, oltre il clamore.
Gentili Signore e Signori,
Vi è qualcosa, in certi gesti, che sfugge alla logica del calcolo e si radica invece nella dimensione più profonda dell'essere umano. Vi è una bellezza silenziosa nell'agire secondo coscienza, persino quando nessuno guarda, persino quando la tentazione potrebbe prevalere. Oggi si discute di una "non-notizia", eppure il vero interrogativo che dovrebbe sorgere è: perché un atto di onestà suscita tanto stupore?
La legge riconosce al ritrovatore di un bene un decimo del suo valore, una sorta di giusto compenso per un dovere compiuto. Nel caso in questione, 10.000 euro sarebbero stati di diritto. Eppure, tale compenso è stato rifiutato, senza esitazione e senza clamore, come naturale conseguenza di un principio interiore, di un ordine morale che non ha bisogno di contratti né di premi.
Questo rifiuto non nasce da un desiderio di visibilità o da una qualche presunzione di superiorità morale. Al contrario, è la conferma silenziosa che il valore di un gesto risiede nel gesto stesso, non nelle conseguenze che può produrre. Vi è una libertà straordinaria in chi agisce con rettitudine senza attendersi nulla in cambio: la libertà di essere coerenti con se stessi, di non piegarsi alla tentazione di un guadagno facile, di saper guardare allo specchio la propria immagine con serenità.
Se oggi la notizia fa rumore, ciò non dipende da chi l'ha compiuta, che avrebbe preferito restare nell'anonimato. Il clamore nasce, piuttosto, dal contrasto stridente tra un atto puro e la realtà che ci circonda, in cui la rettitudine viene spesso considerata eccezione e non regola. E forse proprio per questo è giusto soffermarsi a riflettere: quanto valore ha, oggi, un gesto che restituisce dignità all'uomo e fiducia nella comunità?
A chi riduce tutto a cifre o ad aneddoti di poco conto, rivolgo una domanda: siamo davvero pronti a misurare ogni cosa in termini materiali? Esistono beni che non hanno prezzo: la pace interiore, la coscienza limpida, il rispetto di sé. Chi ha restituito quegli assegni ha scelto il silenzio, ma ha donato a tutti una lezione: l'etica non si compra, e il valore autentico di un gesto sta nell'essere compiuto senza aspettative.
In un tempo che sembra aver smarrito la strada, questo episodio non è una "non-notizia": è un segnale, un monito, e forse anche una speranza. Che sia compreso o ignorato, resta ciò che è: la dimostrazione che la dignità umana, talvolta, sa ancora elevarsi oltre le circostanze.
Con profondo rispetto,
Daniela Agresti