Le fosse di Cerignola inaugurano Cerealia 2023
Gli antichi siti destinati alla conservazione del grano si trovano attualmente in uno stato di degrado
Cerignola - sabato 10 giugno 2023
12.48
Il grano c'era ma non si vedeva. È questo il compito, anche un po' magico, che le fosse granarie di Cerignola hanno svolto nel corso dei secoli, custodire nella terra quello che da sempre è uno degli ingredienti alla base di molte diete. Antenate dei moderni silos, le "fosse", così come le chiamano i cerignolani, sono state protagoniste ieri sera a Palazzo Fornari dell'apertura dell'edizione 2023 di Cerelaia, il festival dedicato ai cereali, giunto alla tredicesima edizione.
Quest'anno per una fortunata combinazione il festival è iniziato il 9 giugno, proprio il giorno che gli antichi romani dedicavano ai pistores, i mugnai e nel quale si celebravano i Vestalia, le feste dedicate a Vesta, dea del focolare.
L'evento, patrocinato dal comune di Cerignola, è stato organizzato dalla Pro Loco di Cerignola, dal CREA, centro di ricerca di cerealicoltura e colture industriali e dall'ADAF, associazione dottori in scienze agrarie, di Foggia. Al seminario che ha inaugurato il festival hanno preso parte Maria Vasciaveo, presidente della Pro Loco di Cerignola, Elisabetta Lupotto, CREA Alimenti e nutrizione, CS Cerealia, Pasquale De Vita, ricercatore del CREA e Nicola Pergola, biblioteconomista cerignolano e autore del cortometraggio Il Piano delle Fosse di Cerignola.
La data di nascita delle fosse ricade presumibilmente intorno alla seconda metà del Cinquecento. Quelle di Cerignola non sono le uniche fosse granarie d'Italia, né del mondo. In Italia ce ne sono a Rimini e, in provincia di Foggia, a Torremaggiore, a Foggia ne resta solo una. Quello che le rende così speciali da meritarsi l'appellativo di "monumento a cielo aperto" è il numero e la loro estensione. Il sito si estende per più di due ettari e conta più di seicento fosse che si trovano poco lontane dal centro della città.
Hanno una forma grossomodo a damigiana, tutte sono segnalate con cippi in pietra che indicavano il proprietario e il numero. Ce ne sono di varie dimensioni, le più grandi potevano contenere fino a mille quintali di grano. Negli ultimi quarant'anni sono state oggetto di progetti di riqualificazione più o meno fantasiosi e qualche volta sono state salvate solo grazie ai vincoli posti dalla Sovrintendenza ai beni culturali.
Hanno resistito ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, quando dagli aerei alleati furono scambiate per un cimitero e alla Piazza della rivoluzione che in epoca fascista le avrebbe volute cancellare definitivamente. Oggi le "fosse" non si usano più, né ci sono più gli sfossatori, una sorta di ordine contadino specializzato nell'infossamento e del recupero del grano quando era tempo di venderlo. Attualmente si trovano in uno stato di quasi abbandono dopo lo "sfregio", come lo ha definito Pergola, prodotto dall'ultimo tentativo di recupero.
Per scongiurare altri scempi, tutelarle e non ridurle solo un luogo di passeggio per cani, il prossimo passo da fare è quello di cercare di farle diventare patrimonio dell'UNESCO. Un risultato che sarebbe motivo di orgoglio per la città. Su questo però i relatori sono stati tutti concordi, così come l'assessore alla cultura di Cerignola Rossella Bruno e Rosaria Digregorio, la presidente della locale sezione dell'UNESCO: prima devono diventare patrimonio di tutti i cerignolani.
Quest'anno per una fortunata combinazione il festival è iniziato il 9 giugno, proprio il giorno che gli antichi romani dedicavano ai pistores, i mugnai e nel quale si celebravano i Vestalia, le feste dedicate a Vesta, dea del focolare.
L'evento, patrocinato dal comune di Cerignola, è stato organizzato dalla Pro Loco di Cerignola, dal CREA, centro di ricerca di cerealicoltura e colture industriali e dall'ADAF, associazione dottori in scienze agrarie, di Foggia. Al seminario che ha inaugurato il festival hanno preso parte Maria Vasciaveo, presidente della Pro Loco di Cerignola, Elisabetta Lupotto, CREA Alimenti e nutrizione, CS Cerealia, Pasquale De Vita, ricercatore del CREA e Nicola Pergola, biblioteconomista cerignolano e autore del cortometraggio Il Piano delle Fosse di Cerignola.
La data di nascita delle fosse ricade presumibilmente intorno alla seconda metà del Cinquecento. Quelle di Cerignola non sono le uniche fosse granarie d'Italia, né del mondo. In Italia ce ne sono a Rimini e, in provincia di Foggia, a Torremaggiore, a Foggia ne resta solo una. Quello che le rende così speciali da meritarsi l'appellativo di "monumento a cielo aperto" è il numero e la loro estensione. Il sito si estende per più di due ettari e conta più di seicento fosse che si trovano poco lontane dal centro della città.
Hanno una forma grossomodo a damigiana, tutte sono segnalate con cippi in pietra che indicavano il proprietario e il numero. Ce ne sono di varie dimensioni, le più grandi potevano contenere fino a mille quintali di grano. Negli ultimi quarant'anni sono state oggetto di progetti di riqualificazione più o meno fantasiosi e qualche volta sono state salvate solo grazie ai vincoli posti dalla Sovrintendenza ai beni culturali.
Hanno resistito ai bombardamenti della Seconda guerra mondiale, quando dagli aerei alleati furono scambiate per un cimitero e alla Piazza della rivoluzione che in epoca fascista le avrebbe volute cancellare definitivamente. Oggi le "fosse" non si usano più, né ci sono più gli sfossatori, una sorta di ordine contadino specializzato nell'infossamento e del recupero del grano quando era tempo di venderlo. Attualmente si trovano in uno stato di quasi abbandono dopo lo "sfregio", come lo ha definito Pergola, prodotto dall'ultimo tentativo di recupero.
Per scongiurare altri scempi, tutelarle e non ridurle solo un luogo di passeggio per cani, il prossimo passo da fare è quello di cercare di farle diventare patrimonio dell'UNESCO. Un risultato che sarebbe motivo di orgoglio per la città. Su questo però i relatori sono stati tutti concordi, così come l'assessore alla cultura di Cerignola Rossella Bruno e Rosaria Digregorio, la presidente della locale sezione dell'UNESCO: prima devono diventare patrimonio di tutti i cerignolani.