La Madonna col Bambino della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Cerignola, ora nel Museo Diocesano di Ascoli Satriano
Il degrado del manufatto fu segnalato alla Soprintendenza della Puglia dal Centro Studi e Ricerche “Torre Alemanna” di Cerignola.
Cerignola - martedì 29 gennaio 2019
11.47 Comunicato Stampa
La trecentesca statua lignea intagliata e dipinta della Madonna in trono col Bambino, che riprende un modello iconografico al tempo diffuso, fu eseguita da un ignoto scultore dell'Italia meridionale.
Alta cm 111 e larga cm 37, a tergo nella zona basale presenta un incavo di circa cm 34 x 28. Essa oggi è esposta nel Museo Diocesano "Mons. Felice di Molfetta" del Polo Museale di Ascoli Satriano. La scultura proviene dalla chiesa rurale di Santa Maria delle Grazie (XIV secolo), ampiamente affrescata, detta anche del Padreterno, ora inglobata nel tessuto urbano di Cerignola.
Il degrado del manufatto fu segnalato alla Soprintendenza della Puglia dal Centro Studi e Ricerche "Torre Alemanna" di Cerignola. Il relativo restauro fu effettuato presso il laboratorio della Soprintendenza, sito nell'ex convento di San Francesco della Scarpa in Bari, tra il 1994, quando era vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano mons. Giovan Battista Pichierri (1991-2000), e i primi anni del suo successore mons. Felice di Molfetta (2000-2015).
I primi ad interessarsi della statua in letteratura sono stati la prof.ssa Maria Stella Calò Mariani (Università degli Studi di Bari) e l'artista prof. Salvatore Delvecchio, che recentemente ne ha realizzato un disegno per una litografia del Centro Ricerche di Storia ed Arte "Nicola Zingarelli" di Cerignola.
Nella statua lignea la Madonna è seduta in trono e regge sul ginocchio sinistro il Bambino in piedi benedicente, che a sua volta regge nella mano sinistra il Vangelo aperto. I due personaggi non si guardano reciprocamente, ma guardano in avanti verso i fedeli. Abrasa nella parte posteriore, la statua mostra il legno che risulta essere di pioppo. La testa della Vergine termina con il residuo della corona, intagliata nello stesso tronco, con i segni del tempo lasciati dai tarli. Il modellato del panneggio della Vergine, dilatato nella parte bassa, si attenua nella zona alta tutta raccolta nella parabola che, partendo dalla destra di Maria, scende lenta e tesa sotto i piedi del Bambino, per esaurirsi sulla mano sinistra della Vergine.
Il Bambino, in posizione eretta, alza il braccio destro nel gesto della benedizione con la mano pantea, simboleggiante con tre dita aperte (pollice, indice e medio) la Santissima Trinità.
Il manto della Vergine è di colore blu, simbolo di giustizia, fedeltà e spiritualità, e presenta sensibili tracce di pigmento blu oltremare e di lapislazzuli, ora scomparsi, pietre rare e costose come l'oro. Tutto questo evidenzia la preziosità della scultura, eco di una moda diffusa in ambito cortese.
Il manto, che scende dalla testa coprendo i capelli, è fermato al soggolo della Vergine e cade lateralmente fino a coprire le gambe e il trono piuttosto basso. La Vergine regge nella mano destra una sfera che simboleggia il globo terrestre; con la sinistra regge il Bambino.
Sotto il mantello, la veste della Vergine, di colore rosso caldo, ha un ampio scollo ed è stretta in vita da una cintura dipinta, che crea delle pieghe nella stoffa. Le mani e i volti della Vergine e del Bambino sono di color rosa. La lunga tunica del Bambino è di colore rosso sangue (simbolo di regalità), che esprime la forza purificatrice e redentrice del sangue del Salvatore. Questa tunica si apre nel mosso panneggio sul davanti, lasciando vedere l'organo sessuale del Bambino, che evidenzia la doppia natura umana e divina di Gesù Cristo. Così si usava nei tempi preriformistici. In seguito, a causa della sopravvenuta sessuofobia riformistica, l'organo sessuale fu mascherato. Il restauro ne ha ripristinato la presenza. I polsini del Bambino sono colorati di verde, simbolo della speranza di salvezza. Con il lieve sorriso della Vergine e del Bambino lo scultore ha dato ai due personaggi una serena nobiltà.
La presenza di questa statua nel Museo Diocesano lega Cerignola e Ascoli Satriano con un filo rosso, fatto di devozione mariana.
Angelo Disanto
Alta cm 111 e larga cm 37, a tergo nella zona basale presenta un incavo di circa cm 34 x 28. Essa oggi è esposta nel Museo Diocesano "Mons. Felice di Molfetta" del Polo Museale di Ascoli Satriano. La scultura proviene dalla chiesa rurale di Santa Maria delle Grazie (XIV secolo), ampiamente affrescata, detta anche del Padreterno, ora inglobata nel tessuto urbano di Cerignola.
Il degrado del manufatto fu segnalato alla Soprintendenza della Puglia dal Centro Studi e Ricerche "Torre Alemanna" di Cerignola. Il relativo restauro fu effettuato presso il laboratorio della Soprintendenza, sito nell'ex convento di San Francesco della Scarpa in Bari, tra il 1994, quando era vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano mons. Giovan Battista Pichierri (1991-2000), e i primi anni del suo successore mons. Felice di Molfetta (2000-2015).
I primi ad interessarsi della statua in letteratura sono stati la prof.ssa Maria Stella Calò Mariani (Università degli Studi di Bari) e l'artista prof. Salvatore Delvecchio, che recentemente ne ha realizzato un disegno per una litografia del Centro Ricerche di Storia ed Arte "Nicola Zingarelli" di Cerignola.
Nella statua lignea la Madonna è seduta in trono e regge sul ginocchio sinistro il Bambino in piedi benedicente, che a sua volta regge nella mano sinistra il Vangelo aperto. I due personaggi non si guardano reciprocamente, ma guardano in avanti verso i fedeli. Abrasa nella parte posteriore, la statua mostra il legno che risulta essere di pioppo. La testa della Vergine termina con il residuo della corona, intagliata nello stesso tronco, con i segni del tempo lasciati dai tarli. Il modellato del panneggio della Vergine, dilatato nella parte bassa, si attenua nella zona alta tutta raccolta nella parabola che, partendo dalla destra di Maria, scende lenta e tesa sotto i piedi del Bambino, per esaurirsi sulla mano sinistra della Vergine.
Il Bambino, in posizione eretta, alza il braccio destro nel gesto della benedizione con la mano pantea, simboleggiante con tre dita aperte (pollice, indice e medio) la Santissima Trinità.
Il manto della Vergine è di colore blu, simbolo di giustizia, fedeltà e spiritualità, e presenta sensibili tracce di pigmento blu oltremare e di lapislazzuli, ora scomparsi, pietre rare e costose come l'oro. Tutto questo evidenzia la preziosità della scultura, eco di una moda diffusa in ambito cortese.
Il manto, che scende dalla testa coprendo i capelli, è fermato al soggolo della Vergine e cade lateralmente fino a coprire le gambe e il trono piuttosto basso. La Vergine regge nella mano destra una sfera che simboleggia il globo terrestre; con la sinistra regge il Bambino.
Sotto il mantello, la veste della Vergine, di colore rosso caldo, ha un ampio scollo ed è stretta in vita da una cintura dipinta, che crea delle pieghe nella stoffa. Le mani e i volti della Vergine e del Bambino sono di color rosa. La lunga tunica del Bambino è di colore rosso sangue (simbolo di regalità), che esprime la forza purificatrice e redentrice del sangue del Salvatore. Questa tunica si apre nel mosso panneggio sul davanti, lasciando vedere l'organo sessuale del Bambino, che evidenzia la doppia natura umana e divina di Gesù Cristo. Così si usava nei tempi preriformistici. In seguito, a causa della sopravvenuta sessuofobia riformistica, l'organo sessuale fu mascherato. Il restauro ne ha ripristinato la presenza. I polsini del Bambino sono colorati di verde, simbolo della speranza di salvezza. Con il lieve sorriso della Vergine e del Bambino lo scultore ha dato ai due personaggi una serena nobiltà.
La presenza di questa statua nel Museo Diocesano lega Cerignola e Ascoli Satriano con un filo rosso, fatto di devozione mariana.
Angelo Disanto