Territorio
“Il filo rosso” il convegno su Giuseppe Di Vittorio
La CGIL Cerignolana ha ricordato la figura di Di Vittorio in un pubblico convegno, “Il filo rosso”, tenutosi nella Sala Consiliare di Palazzo di Città
Cerignola - lunedì 4 novembre 2019
10.28
Nella giornata di ieri, 3 Novembre 2019, si è celebrato il 62esimo anniversario della scomparsa dello storico sindacalista cerignolano Giuseppe Di Vittorio, pilastro del sindacalismo mondiale, primo segretario della CGIL, membro della Costituente. La CGIL Cerignolana ha voluto ricordare la figura di Di Vittorio in un pubblico convegno intitolato "Il filo rosso" tenutosi nella Sala Consiliare del Palazzo di Città.
Al dibattito, moderato dal giornalista RAI Attilio Romita, dopo i saluti del coordinatore della Camera del Lavoro di Cerignola, Gianni Marinaro, hanno partecipato il prof. Saverio Russo, ordinario di Storia Moderna dell'Università degli Studi di Foggia, l'economista prof. Francesco Prota, il segretario generale CGIL, Foggia Maurizio Carmeno, il giornalista, scrittore, vicedirettore dell'AGI, nonché direttore de LaSpia.it, Paolo Borrometi, Antonio Nunziante, vicepresidente della Regione Puglia ed ex Prefetto, e il segretario generale della CGIL Puglia, Pino Gesmundo.
Tra i temi centrali del dibattito la situazione dei lavoratori di Capitanata con le varianti che portano nomi e colori di pelle diversi ma le cui caratteristiche sono essenzialmente identiche a quelle per cui ha lottato Giuseppe Di Vittorio, un tempo erano chiamate "cafonerie" oggi si sono trasformate in "ghetti".
Nel corso del dibattito non è mancato il riferimento alla mafia che uccide nei campi, ricordando i due braccianti agricoli assassinati nel 2017 nei campi di San Marco in Lamis, e alla mafia di Puglia e Capitanata che sta caratterizzando le pagine di cronaca di quest'ultimo periodo con lo scioglimento, per infiltrazioni mafiose, di ben quattro Comuni di Capitanata (Mattinata, Monte Sant'Angelo, Cerignola e Manfredonia). Argomento sottolineato da Paolo Borrometi che ha acceso i riflettori sull'incapacità politica e sulla coscienza della gente che, il più delle volte, è troppo poco solerte. In riferimento alla situazione cerignolana l'appello di Borrometi, rivolto alle Istituzioni nazionali, di non abbandonare il territorio e, soprattutto, non lasciare nelle soli mani del Prefetto, dei Carabinieri e della Polizia il gravoso problema ma di attivare, in parallelo alla repressione, forme mirate alla prevenzione.
Occupazione, sviluppo e legalità, eredità lasciata da Giuseppe Di Vittorio, sono le tre strade da perseguire per il riscatto di un Mezzogiorno che ha il dovere di rialzarsi, guardare avanti, progredire, garantire lavoro e tutela dei diritti. Su questa scia il discorso del segretario generale della CGIL Puglia, Pino Gesmundo, in una analogia tra ciò che accadeva ai tempi di Di Vittorio e ciò che accade oggi:
«Di Vittorio ha dedicato la sua vita provando a difendere i più deboli, quelli più vicino a lui, interpretando il bisogno di tanti singoli che non interloquivano tra loro ma che vivevano la stessa condizione di disagio e di ricattabilità rispetto ai temi del lavoro, rispetto al padrone che sfruttava quella condizione di disagio per mettere in condizione di schiavitù uomini e donne che avevano bisogno di lavorare per vivere, e vivevano in una condizione di emarginazione perché c'era chi decideva di utilizzarli nei campi, sfruttarli nel lavoro per il raggiungimento dei propri interessi e, dopo lo sfruttamento, pretendere che i braccianti dovevano sparire. Non si dovevano vedere, non dovevano far parte delle comunità, non dovevano esprimere le loro opinioni politiche e religiose – uno chiaro disegno di ciò che avviene oggi nei ghetti, Gesmundo continua - A me ricorda molto quello che avviene oggi nei nostri territori, è una cultura che sta continuando a contaminare tante fasce di popolazione, uomini e donne che dovrebbero fare altro, che dovrebbero stare con noi qui a ragionare e riflettere su come i bisogni di tanti possano trasformarsi in bisogni di tutti, dovrebbero stare con noi a cercare risposte, ad arginare fenomeni pesanti come lo sfruttamento. Di Vittorio, era l'uomo che voleva unire i contadini del sud con gli operai del nord per sconfiggere logiche antidemocratiche, era l'uomo che ha combattuto anche imbracciando le armi per costruire una comunità resistente che potesse fare argine, composta da tanti singoli accomunati dal bisogno ma divisi nei confronti di chi li sfruttava. Dovremmo ancora prendere esempio da Di Vittorio per costruire una società migliore, più forte, più capace, più sociale».
Al dibattito, moderato dal giornalista RAI Attilio Romita, dopo i saluti del coordinatore della Camera del Lavoro di Cerignola, Gianni Marinaro, hanno partecipato il prof. Saverio Russo, ordinario di Storia Moderna dell'Università degli Studi di Foggia, l'economista prof. Francesco Prota, il segretario generale CGIL, Foggia Maurizio Carmeno, il giornalista, scrittore, vicedirettore dell'AGI, nonché direttore de LaSpia.it, Paolo Borrometi, Antonio Nunziante, vicepresidente della Regione Puglia ed ex Prefetto, e il segretario generale della CGIL Puglia, Pino Gesmundo.
Tra i temi centrali del dibattito la situazione dei lavoratori di Capitanata con le varianti che portano nomi e colori di pelle diversi ma le cui caratteristiche sono essenzialmente identiche a quelle per cui ha lottato Giuseppe Di Vittorio, un tempo erano chiamate "cafonerie" oggi si sono trasformate in "ghetti".
Nel corso del dibattito non è mancato il riferimento alla mafia che uccide nei campi, ricordando i due braccianti agricoli assassinati nel 2017 nei campi di San Marco in Lamis, e alla mafia di Puglia e Capitanata che sta caratterizzando le pagine di cronaca di quest'ultimo periodo con lo scioglimento, per infiltrazioni mafiose, di ben quattro Comuni di Capitanata (Mattinata, Monte Sant'Angelo, Cerignola e Manfredonia). Argomento sottolineato da Paolo Borrometi che ha acceso i riflettori sull'incapacità politica e sulla coscienza della gente che, il più delle volte, è troppo poco solerte. In riferimento alla situazione cerignolana l'appello di Borrometi, rivolto alle Istituzioni nazionali, di non abbandonare il territorio e, soprattutto, non lasciare nelle soli mani del Prefetto, dei Carabinieri e della Polizia il gravoso problema ma di attivare, in parallelo alla repressione, forme mirate alla prevenzione.
Occupazione, sviluppo e legalità, eredità lasciata da Giuseppe Di Vittorio, sono le tre strade da perseguire per il riscatto di un Mezzogiorno che ha il dovere di rialzarsi, guardare avanti, progredire, garantire lavoro e tutela dei diritti. Su questa scia il discorso del segretario generale della CGIL Puglia, Pino Gesmundo, in una analogia tra ciò che accadeva ai tempi di Di Vittorio e ciò che accade oggi:
«Di Vittorio ha dedicato la sua vita provando a difendere i più deboli, quelli più vicino a lui, interpretando il bisogno di tanti singoli che non interloquivano tra loro ma che vivevano la stessa condizione di disagio e di ricattabilità rispetto ai temi del lavoro, rispetto al padrone che sfruttava quella condizione di disagio per mettere in condizione di schiavitù uomini e donne che avevano bisogno di lavorare per vivere, e vivevano in una condizione di emarginazione perché c'era chi decideva di utilizzarli nei campi, sfruttarli nel lavoro per il raggiungimento dei propri interessi e, dopo lo sfruttamento, pretendere che i braccianti dovevano sparire. Non si dovevano vedere, non dovevano far parte delle comunità, non dovevano esprimere le loro opinioni politiche e religiose – uno chiaro disegno di ciò che avviene oggi nei ghetti, Gesmundo continua - A me ricorda molto quello che avviene oggi nei nostri territori, è una cultura che sta continuando a contaminare tante fasce di popolazione, uomini e donne che dovrebbero fare altro, che dovrebbero stare con noi qui a ragionare e riflettere su come i bisogni di tanti possano trasformarsi in bisogni di tutti, dovrebbero stare con noi a cercare risposte, ad arginare fenomeni pesanti come lo sfruttamento. Di Vittorio, era l'uomo che voleva unire i contadini del sud con gli operai del nord per sconfiggere logiche antidemocratiche, era l'uomo che ha combattuto anche imbracciando le armi per costruire una comunità resistente che potesse fare argine, composta da tanti singoli accomunati dal bisogno ma divisi nei confronti di chi li sfruttava. Dovremmo ancora prendere esempio da Di Vittorio per costruire una società migliore, più forte, più capace, più sociale».