Katia Ricci al Liceo Artistico “Sacro Cuore” di Cerignola per la Giornata della Memoria
La critica d’arte e autrice parteciperà all’iniziativa “L’arte nell’inferno del Lager”
Cerignola - giovedì 26 gennaio 2023
10.12
Sarà una riflessione inedita, quella che si svolgerà domani presso la Sala Mostre del Liceo Artistico Statale "Sacro Cuore" di Cerignola: avrà infatti, come filo conduttore, la Bellezza nell'inferno del lager. Come ogni anno, il liceo artistico di Cerignola intende celebrare la Giornata della Memoria con iniziative che coinvolgono docenti e alunni. L'evento di domani, ideato e organizzato da alcuni docenti dell'istituto, avrà inizio alle ore 9.30.
Ospite di rilievo sarà la critica d'arte e scrittrice Katia Ricci, originaria di Rignano Garganico (Fg), che ha realizzato un volume in cui parla dell'orrore di un lager e della forza di alcune donne prigioniere nel campo di concentramento femminile di Ravensbruck, che riescono a portare in questo inferno bellezza, arte e creatività. Il libro si intitola: "Lupini violetti dietro il filo spinato"(Luciana Tufani editrice, 2020). L'autrice ha fondato il circolo culturale "La merlettaia" con sede a Foggia, in cui si svolgono iniziative con e per le donne.
Il libro "Lupini violetti dietro il filo spinato" intende trasmettere un messaggio universale a tutte le donne: circondarsi di arte e bellezza è sempre possibile, anche nelle situazioni più gravi e difficili. Lei, Katia, lo ha sperimentato nella vita?
Certo, e come me tantissime donne. La vicenda delle donne di Ravensbruck, il loro riuscire ad essere creative, a scrivere ricette, poesie, a fare disegni, addirittura parodie dei nazisti, mi ha fatto venire in mente mia madre che- con le sorelle e amiche- anche se avevano problemi, magari con i mariti o i figli, oppure difficoltà di vario tipo, quando si incontravano ricamavano, cucinavano e riuscivano a sorridere.
Nonostante il tema (la prigionia in un lager nazista), il Suo libro lascia una porta aperta alla speranza e alla rinascita. Cosa ha provato la prima volta in cui ha letto le testimonianze di queste donne prigioniere?
Quando ho letto per la prima volta il libro che parlava di queste donne, tradotto in italiano, sono rimasta molto colpita dalla descrizione delle vessazioni e punizioni orrende a cui erano sottoposte, e ad un certo punto non sono riuscita ad andare avanti. In alcuni testi francesi e inglesi invece ho trovato dei disegni realizzati da queste prigioniere, e occupandomi di arte, mi sono soffermata con attenzione.
E' incredibile pensare come, nonostante il dolore, la sofferenza e mettendo a rischio la propria vita (se fossero state scoperte sarebbero state uccise), queste donne siano riuscite, attraverso l'arte e la poesia, non solo a lasciare una testimonianza, ma anche ad esprimersi con grande coraggio. Il loro gesto mi fa venire in mente le donne iraniane, che nonostante vessazioni e condanne a morte, riescono ad esprimersi e lottare per queste tre parole bellissime: donna, vita, libertà. Non può esistere l'una senza l'altra.
L'arte, la poesia, la scrittura. Quanto sono importanti nel percorso di rinascita di una donna provata dalle difficoltà della vita?
Chi non riesce ad esprimersi purtroppo muore lentamente. Ad esempio, la famosa scrittrice di romanzi Annamaria Ortese diceva che senza la scrittura non sarebbe riuscita a vivere. Nel libro "Lupini violetti dietro il filo spinato" racconto anche episodi della mia vita che mi hanno particolarmente segnato. Dobbiamo infatti ricordarci che Nazismo e Fascismo rappresentano l'apice di una cultura patriarcale che si è espressa nella forma peggiore, avvalorando violenza e intolleranza. Ma tutte le donne, chi più chi meno, è stata condizionata dalla cultura patriarcale che ha caratterizzato la nostra società.
Ognuno di noi può aver vissuto degli episodi: a me è successo personalmente, e ho anche visto ciò che accadeva intorno a me quando ero una studentessa. Per fare un esempio, a scuola studiavamo il "ratto delle Sabine", che altro non è che lo stupro in massa delle donne, ed è l'accadimento su cui si basa la fondazione di Roma. Nessuno ci diceva che appunto si trattava di un atto di violenza perpetrato nei confronti di queste povere donne. Oppure, parlavamo a scuola della Rivoluzione francese, senza che nessuno ci dicesse che da questa erano escluse le donne. In seguito abbiamo combattuto contro l'imposizione patriarcale, conquistando diritti ed emancipazione femminile.
Lei ha fondato il circolo culturale "La merlettaia", che ha sede a Foggia. Come procede questa esperienza al femminile?
Sì, insieme ad altre donne nel 1993 ho fondato il circolo culturale "La Merlettaia" a Foggia, inizialmente nel posto in cui c'era il laboratorio "Arti Visive" in cui lavoravo con un'altra donna, Rosita Aniello. Abbiamo fondato questo circolo che si occupa di arte e "politica", intesa come cura della città e impegno a rinnovare e cambiare la propria vita e i rapporti tra donne e uomini. Per tanti anni la sede è stata in Via Arpi, dall'anno scorso invece ci troviamo presso la Biblioteca Magna Capitana.
Dall'orrore della prigionia alla bellezza dell'arte e della poesia. Come si spiega, secondo Lei, questa apparente discrepanza?
Non è una discrepanza, direi piuttosto che è un percorso, un cammino, che consiste innanzitutto nell'uscire dal vittimismo. La cosa peggiore che noi donne possiamo fare è sentirci vittime. Non basta solo parlare delle violenze e femminicidi che purtroppo ancora accadono oggi. Certo, è necessario denunciare con forza, ma non mettersi nell'ottica di essere vittime. Il sistema mediatico attuale parla volentieri di questi argomenti, a volt anche a sproposito. Le donne sono forti, e dobbiamo recuperare forza e consapevolezza di questo per trasmetterlo alle nostra figlie e nipoti. Gli uomini ammazzano le donne perché temono la loro forza e la loro libertà. Succede lo stesso anche in Iran.
Per concludere, direi che il percorso che propongo nel libro va dall'orrore alla vita, alla bellezza. Nel libro ricordo donne come la pensatrice olandese Etty Hillesum, che in alcune lettere realizzate nel lager manifesta la sua grande forza spirituale. "Se riusciamo a sopravvivere, non è sufficiente. Dobbiamo uscire da questo inferno con intatta la nostra spiritualità". Lei purtroppo, non ce l'ha fatta, ma ha lasciato a noi tutti un grande esempio ed una testimonianza di forza incrollabile.
Ospite di rilievo sarà la critica d'arte e scrittrice Katia Ricci, originaria di Rignano Garganico (Fg), che ha realizzato un volume in cui parla dell'orrore di un lager e della forza di alcune donne prigioniere nel campo di concentramento femminile di Ravensbruck, che riescono a portare in questo inferno bellezza, arte e creatività. Il libro si intitola: "Lupini violetti dietro il filo spinato"(Luciana Tufani editrice, 2020). L'autrice ha fondato il circolo culturale "La merlettaia" con sede a Foggia, in cui si svolgono iniziative con e per le donne.
Il libro "Lupini violetti dietro il filo spinato" intende trasmettere un messaggio universale a tutte le donne: circondarsi di arte e bellezza è sempre possibile, anche nelle situazioni più gravi e difficili. Lei, Katia, lo ha sperimentato nella vita?
Certo, e come me tantissime donne. La vicenda delle donne di Ravensbruck, il loro riuscire ad essere creative, a scrivere ricette, poesie, a fare disegni, addirittura parodie dei nazisti, mi ha fatto venire in mente mia madre che- con le sorelle e amiche- anche se avevano problemi, magari con i mariti o i figli, oppure difficoltà di vario tipo, quando si incontravano ricamavano, cucinavano e riuscivano a sorridere.
Nonostante il tema (la prigionia in un lager nazista), il Suo libro lascia una porta aperta alla speranza e alla rinascita. Cosa ha provato la prima volta in cui ha letto le testimonianze di queste donne prigioniere?
Quando ho letto per la prima volta il libro che parlava di queste donne, tradotto in italiano, sono rimasta molto colpita dalla descrizione delle vessazioni e punizioni orrende a cui erano sottoposte, e ad un certo punto non sono riuscita ad andare avanti. In alcuni testi francesi e inglesi invece ho trovato dei disegni realizzati da queste prigioniere, e occupandomi di arte, mi sono soffermata con attenzione.
E' incredibile pensare come, nonostante il dolore, la sofferenza e mettendo a rischio la propria vita (se fossero state scoperte sarebbero state uccise), queste donne siano riuscite, attraverso l'arte e la poesia, non solo a lasciare una testimonianza, ma anche ad esprimersi con grande coraggio. Il loro gesto mi fa venire in mente le donne iraniane, che nonostante vessazioni e condanne a morte, riescono ad esprimersi e lottare per queste tre parole bellissime: donna, vita, libertà. Non può esistere l'una senza l'altra.
L'arte, la poesia, la scrittura. Quanto sono importanti nel percorso di rinascita di una donna provata dalle difficoltà della vita?
Chi non riesce ad esprimersi purtroppo muore lentamente. Ad esempio, la famosa scrittrice di romanzi Annamaria Ortese diceva che senza la scrittura non sarebbe riuscita a vivere. Nel libro "Lupini violetti dietro il filo spinato" racconto anche episodi della mia vita che mi hanno particolarmente segnato. Dobbiamo infatti ricordarci che Nazismo e Fascismo rappresentano l'apice di una cultura patriarcale che si è espressa nella forma peggiore, avvalorando violenza e intolleranza. Ma tutte le donne, chi più chi meno, è stata condizionata dalla cultura patriarcale che ha caratterizzato la nostra società.
Ognuno di noi può aver vissuto degli episodi: a me è successo personalmente, e ho anche visto ciò che accadeva intorno a me quando ero una studentessa. Per fare un esempio, a scuola studiavamo il "ratto delle Sabine", che altro non è che lo stupro in massa delle donne, ed è l'accadimento su cui si basa la fondazione di Roma. Nessuno ci diceva che appunto si trattava di un atto di violenza perpetrato nei confronti di queste povere donne. Oppure, parlavamo a scuola della Rivoluzione francese, senza che nessuno ci dicesse che da questa erano escluse le donne. In seguito abbiamo combattuto contro l'imposizione patriarcale, conquistando diritti ed emancipazione femminile.
Lei ha fondato il circolo culturale "La merlettaia", che ha sede a Foggia. Come procede questa esperienza al femminile?
Sì, insieme ad altre donne nel 1993 ho fondato il circolo culturale "La Merlettaia" a Foggia, inizialmente nel posto in cui c'era il laboratorio "Arti Visive" in cui lavoravo con un'altra donna, Rosita Aniello. Abbiamo fondato questo circolo che si occupa di arte e "politica", intesa come cura della città e impegno a rinnovare e cambiare la propria vita e i rapporti tra donne e uomini. Per tanti anni la sede è stata in Via Arpi, dall'anno scorso invece ci troviamo presso la Biblioteca Magna Capitana.
Dall'orrore della prigionia alla bellezza dell'arte e della poesia. Come si spiega, secondo Lei, questa apparente discrepanza?
Non è una discrepanza, direi piuttosto che è un percorso, un cammino, che consiste innanzitutto nell'uscire dal vittimismo. La cosa peggiore che noi donne possiamo fare è sentirci vittime. Non basta solo parlare delle violenze e femminicidi che purtroppo ancora accadono oggi. Certo, è necessario denunciare con forza, ma non mettersi nell'ottica di essere vittime. Il sistema mediatico attuale parla volentieri di questi argomenti, a volt anche a sproposito. Le donne sono forti, e dobbiamo recuperare forza e consapevolezza di questo per trasmetterlo alle nostra figlie e nipoti. Gli uomini ammazzano le donne perché temono la loro forza e la loro libertà. Succede lo stesso anche in Iran.
Per concludere, direi che il percorso che propongo nel libro va dall'orrore alla vita, alla bellezza. Nel libro ricordo donne come la pensatrice olandese Etty Hillesum, che in alcune lettere realizzate nel lager manifesta la sua grande forza spirituale. "Se riusciamo a sopravvivere, non è sufficiente. Dobbiamo uscire da questo inferno con intatta la nostra spiritualità". Lei purtroppo, non ce l'ha fatta, ma ha lasciato a noi tutti un grande esempio ed una testimonianza di forza incrollabile.