
Giuseppe Di Vittorio, l’uomo, il sindacalista, ricordato dall’artista Salvatore Delvecchio -FOTO-
L’opera del Delvecchio sarà presentata il 3 novembre 2017 alle ore 18,00 presso la Casa delle Esposizioni del Centro Ricerche di Storia ed Arte “Nicola Zingarelli” in Cerignola, via Bruno Buozzi, n. 18.
Cerignola - martedì 31 ottobre 2017
10.25 Comunicato Stampa
Con Giuseppe Di Vittorio i "cafoni" pugliesi irrompono nella storia e diventano fattore di progresso per l'intera nazione. Il 3 novembre 1957 ricorre il 60° anniversario della sua morte avvenuta a Lecco. L'artista Salvatore Delvecchio ha realizzato un dipinto ad olio di cm 60x80 a lui dedicato. Egli, difensore dei diritti dei lavoratori, fu tra i fondatori della CGIL e divenne Presidente della Federazione Mondiale Sindacale.
L'opera del Delvecchio sarà presentata il 3 novembre 2017 alle ore 18,00 presso la Casa delle Esposizioni del Centro Ricerche di Storia ed Arte "Nicola Zingarelli" in Cerignola, via Bruno Buozzi, n. 18, alla presenza dell'autore e dell'avvocato Francesco Disanto, autore del libro Sindacalismo e contrattazione nella CGIL di G. Di Vittorio, edito nel 1996, con premessa del professor Mario Giovanni Garofalo, ordinario di Diritto del Lavoro dell'Università di Bari.
Il dipinto raffigura i simboli precipui della vita del sindacalista: in alto il paesaggio di Cerignola, capitale del bracciantato in Puglia agli inizi del secolo XX; sotto gli autori delle sue letture giovanili (Dante Alighieri, Giacomo Leopardi, Tommaso Campanella); al centro l'amico Michele Balducci e Antonio Misceo, capo della "Lega dei Contadini" di Cerignola, che aveva 8.000 iscritti, della quale faceva parte il giovane Di Vittorio.
A sinistra i simboli della produzione agricola locale; a destra una schiera di persone con bandiere rosse in occasione del 1° maggio, festa particolarmente sentita a Cerignola, dove si svolgevano sfilate e danze per le strade, che assumevano connotati di sacralità. A destra campeggia la figura di Di Vittorio dal volto umano, nell'atto di annotare i suoi pensieri, resi noti da articoli su diversi organi di stampa a carattere nazionale e internazionale.
Dalle sue parole traspariva sempre la protesta, la volontà di riscossa dei più deboli e, quindi, una rivoluzione culturale in tempi nei quali la pari dignità e le pari opportunità dei lavoratori erano un sogno.
Uomo tenace e convinto sostenitore del suo popolo e della sua terra, lottò per le conquiste sindacali, facendosi garante della formazione politica, sindacale e culturale della classe lavoratrice.
Di Vittorio inventò lo «sciopero a rovescio», cioè la coltivazione di terreni abbandonati del latifondo padronale, atto riformista e rivoluzionario. In tutta la sua vita seppe infiammare le coscienze, aiutandole a raggiungere importanti obiettivi sociali e salariali.
Nel 1956 condannò l'intervento sovietico in Ungheria, per cui il Partito Comunista Italiano gli negò la tessera. La sua opera era legata alla contrattazione collettiva e articolata, come strategia generale del sindacato, costituendo un'alternativa positiva alla chiusura e al corporativismo aziendalistico, presenti nelle concezioni dominanti del grande padronato.
Singolare era il suo gesto di allargare le braccia durante i comizi, per cui il suo corpo assumeva la forma di una croce. Questo era simbolo di accoglienza e di condivisione. A volte il suo braccio destro alzato era segno di speranza e di incoraggiamento, avvalorato dal suo dire: "Lottate insieme, rimanete uniti. Il sindacato vuol dire unione, compattezza. Uniamoci con tutti gli altri lavoratori: in ciò sta la nostra forza, questo è il nostro credo".
Il miracolo sociale compiuto da Di Vittorio fu evidenziato dall'enorme partecipazione popolare ai suoi funerali svoltisi in Roma il 6 novembre 1957, durante i quali le sue spoglie mortali furono esposte nella Camera del lavoro. Le persone piangenti baciavano la propria mano che aveva toccato il vetro laterale della bara che lasciava vedere il suo volto, quasi come un rituale sacro verso la reliquia di un santo laico. Strabocchevole era la folla assiepata sui marciapiedi, molti gli arrampicati sugli alberi.
Il mito sociale di Di Vittorio assurgeva a un ruolo quasi sacrale. Dai suoi discorsi traspariva la volontà di riscossa per i più deboli, l'esigenza di una "rivoluzione culturale" che rendesse le masse lavoratrici protagoniste della storia.
Gli ideali di pace, di libertà e di solidarietà internazionale da lui incarnati ne fecero una bandiera per la classe operaia mondiale. Sempre vivo fu il legame dell'uomo, del politico, del sindacalista, del combattente e dell'antifascista con la classe meno abbiente.
Di Vittorio parlava alla coscienza degli uomini. Avendone appreso l'esigenza primordiale di libertà e di emancipazione, diede una speranza di riscatto a uomini costretti da secoli alla servitù e allo sfruttamento dei potenti.
Angelo Disanto
Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia
L'opera del Delvecchio sarà presentata il 3 novembre 2017 alle ore 18,00 presso la Casa delle Esposizioni del Centro Ricerche di Storia ed Arte "Nicola Zingarelli" in Cerignola, via Bruno Buozzi, n. 18, alla presenza dell'autore e dell'avvocato Francesco Disanto, autore del libro Sindacalismo e contrattazione nella CGIL di G. Di Vittorio, edito nel 1996, con premessa del professor Mario Giovanni Garofalo, ordinario di Diritto del Lavoro dell'Università di Bari.
Il dipinto raffigura i simboli precipui della vita del sindacalista: in alto il paesaggio di Cerignola, capitale del bracciantato in Puglia agli inizi del secolo XX; sotto gli autori delle sue letture giovanili (Dante Alighieri, Giacomo Leopardi, Tommaso Campanella); al centro l'amico Michele Balducci e Antonio Misceo, capo della "Lega dei Contadini" di Cerignola, che aveva 8.000 iscritti, della quale faceva parte il giovane Di Vittorio.
A sinistra i simboli della produzione agricola locale; a destra una schiera di persone con bandiere rosse in occasione del 1° maggio, festa particolarmente sentita a Cerignola, dove si svolgevano sfilate e danze per le strade, che assumevano connotati di sacralità. A destra campeggia la figura di Di Vittorio dal volto umano, nell'atto di annotare i suoi pensieri, resi noti da articoli su diversi organi di stampa a carattere nazionale e internazionale.
Dalle sue parole traspariva sempre la protesta, la volontà di riscossa dei più deboli e, quindi, una rivoluzione culturale in tempi nei quali la pari dignità e le pari opportunità dei lavoratori erano un sogno.
Uomo tenace e convinto sostenitore del suo popolo e della sua terra, lottò per le conquiste sindacali, facendosi garante della formazione politica, sindacale e culturale della classe lavoratrice.
Di Vittorio inventò lo «sciopero a rovescio», cioè la coltivazione di terreni abbandonati del latifondo padronale, atto riformista e rivoluzionario. In tutta la sua vita seppe infiammare le coscienze, aiutandole a raggiungere importanti obiettivi sociali e salariali.
Nel 1956 condannò l'intervento sovietico in Ungheria, per cui il Partito Comunista Italiano gli negò la tessera. La sua opera era legata alla contrattazione collettiva e articolata, come strategia generale del sindacato, costituendo un'alternativa positiva alla chiusura e al corporativismo aziendalistico, presenti nelle concezioni dominanti del grande padronato.
Singolare era il suo gesto di allargare le braccia durante i comizi, per cui il suo corpo assumeva la forma di una croce. Questo era simbolo di accoglienza e di condivisione. A volte il suo braccio destro alzato era segno di speranza e di incoraggiamento, avvalorato dal suo dire: "Lottate insieme, rimanete uniti. Il sindacato vuol dire unione, compattezza. Uniamoci con tutti gli altri lavoratori: in ciò sta la nostra forza, questo è il nostro credo".
Il miracolo sociale compiuto da Di Vittorio fu evidenziato dall'enorme partecipazione popolare ai suoi funerali svoltisi in Roma il 6 novembre 1957, durante i quali le sue spoglie mortali furono esposte nella Camera del lavoro. Le persone piangenti baciavano la propria mano che aveva toccato il vetro laterale della bara che lasciava vedere il suo volto, quasi come un rituale sacro verso la reliquia di un santo laico. Strabocchevole era la folla assiepata sui marciapiedi, molti gli arrampicati sugli alberi.
Il mito sociale di Di Vittorio assurgeva a un ruolo quasi sacrale. Dai suoi discorsi traspariva la volontà di riscossa per i più deboli, l'esigenza di una "rivoluzione culturale" che rendesse le masse lavoratrici protagoniste della storia.
Gli ideali di pace, di libertà e di solidarietà internazionale da lui incarnati ne fecero una bandiera per la classe operaia mondiale. Sempre vivo fu il legame dell'uomo, del politico, del sindacalista, del combattente e dell'antifascista con la classe meno abbiente.
Di Vittorio parlava alla coscienza degli uomini. Avendone appreso l'esigenza primordiale di libertà e di emancipazione, diede una speranza di riscatto a uomini costretti da secoli alla servitù e allo sfruttamento dei potenti.
Angelo Disanto
Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia