Attualità
Giovanni Rinaldi, ricercatore e storico di Cerignola: “Dal mio lavoro di pioniere libri, un documentario e anche un film”
Lo studioso ha approfondito e diffuso un episodio storico inedito raccogliendo nel corso degli anni documenti e testimonianze dirette
Cerignola - giovedì 30 gennaio 2025
13.32
La storia non è mai (solo) quella che finisce sui libri per essere studiata dai bambini e ragazzi nelle scuole. E' fatta di episodi e avvenimenti spesso sconosciuti ai più, che si consumano nel silenzio o che finiscono nel dimenticatoio perché non abbastanza eclatanti o perché- per più di un motivo-sono scomodi per qualcuno.
L'attività di un ricercatore erudito, appassionato ed esperto come il cerignolano Giovanni Rinaldi non si è mai fermata davanti a nulla. Anzi. Per lui ogni ostacolo trovato sul cammino è piuttosto una sfida da affrontare per giungere al "cuore" di una storia attraverso il racconto personale o corale di chi l'ha vissuta.
La ricerca storica approfondita e svolta "sul campo" ha sempre caratterizzato il Suo lavoro. Cosa ha pensato quando i risultati dei suoi studi sono diventati anche oggetto di un film, "Il treno dei bambini"?
"Ho subito pensato di aver compiuto un lavoro da pioniere e che ci avevo messo ben ventidue anni perché questa storia arrivasse a essere conosciuta in tutto il mondo. Infatti sin dall'inizio della mia ricerca, nel 2002, ero convinto che questa storia collettiva potesse diventare universale, e insieme al regista Alessandro Piva, dopo il documentario "Pasta nera" per il quale lavoravamo insieme, pensavamo di riuscire a realizzare un vero e proprio film. Ma i tempi evidentemente non erano maturi, e non trovammo nessun sostegno né interesse produttivo.
Prima del film, però, Lei ha pubblicato per Solferino il libro intitolato "C'ero io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l'Italia". Ha raccontato con grande sensibilità e delicatezza uno di quegli episodi sicuramente trascurati dalla narrazione storica "tradizionale".
In realtà, nel 2009, dieci anni prima del romanzo (e di conseguenza anche del film), pubblicai il mio primo libro intitolato "I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie". Era il risultato del lavoro di ricerca avviato sette anni prima. Poi nel 2011 uscì il film documentario "Pasta nera" di Alessandro Piva, con cui collaboravo per consulenza storica e ricerca testimoni. Poi dopo l'uscita del romanzo, nel 2021, proprio per rispondere alla richiesta continua del primo libro (che ormai era introvabile e datato), mi fu proposto dall'editore Solferino di scrivere un nuovo libro: "C'ero anch'io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l'Italia". E' un volume che riprende le storie del primo, riscritte e aggiornate, per non farle dimenticare, e aggiungendo le tante testimonianze raccolte nel lavoro di ricerca successivo che non ho mai interrotto. Non è un saggio storico, ma una vera e propria narrazione di incontri e storie, di memoria ed emozioni. Un viaggio di parole, per il quale ho ricevuto il premio "B. Croce" per la letteratura giornalistica"
Secondo Lei il film di Cristina Comencini, "Il treno dei bambini", è stato altrettanto sensibile e delicato nel trattare un tema riguardante i minori?
"Il film della regista Comencini adatta le storie del romanzo di Viola Ardone (e quindi indirettamente comprende le storie che quel romanzo aveva "ricalcato" anche dal mio libro). E' un film dignitoso, fatto per il grande pubblico, che risponde alle esigenze di una fiction: semplicità, focus su un ristretto numero di protagonisti, aspetti storici tratteggiati sommariamente e ambientazioni plausibili. Il suo è un trattamento cinematografico più vicino alla fiction italiana classica, ma realizzato con risorse maggiori del solito. Il tratto del racconto è delicato e sensibile, ma riprende la cristallizzazione già presente nel romanzo da cui è tratto, che mette al centro il rapporto tra le madri- biologica e adottiva-con il bambino, in un certo senso "conteso".
Per una fiction-che pure si riferisce ad un vero fatto storico, potente e unico come i cosiddetti "treni della felicità"- questo è un vantaggio, perché il tema della maternità e del rapporto sentimentale tra bambini e "madri" risulta più facile e accattivante rispetto all'approfondire temi quali le differenze individuali che i bambini esprimevano nell'affrontare il loro viaggio, e gli aspetti più politici, sociali, organizzativi (il ruolo del Partito comunista, la gestione femminile del progetto) che sostenevano un gigantesco movimento di massa in un contesto di macerie e distruzione.
L'aspetto divulgativo, però, è innegabile, e se questa storia romanzata su carta e visualizzata sullo schermo spinge lettori e spettatori ad approfondire le mille storie "diverse" che quei treni hanno trasportato su e giù per l'Italia, suscitando curiosità per la "vera storia" fatta di "vere storie", questo non può che farmi piacere.
Per me i primi protagonisti e attori di questa storia sono stati coloro (con nomi e cognomi, che ho sempre citato) che mi hanno aperto la porta di casa raccontandomi la loro infanzia, la loro avventura. I titoli di coda nel film o anche una sola citazione nel romanzo avrei voluto fossero dedicate a loro"
Sullo stesso argomento la scrittrice Viola Ardone ha pubblicato il libro intitolato "Il treno dei bambini" (edito da Einaudi).
"Il mio libro "I treni della felicità" del 2009 e il suo "Il treno dei bambini" del 2019 sono ovviamente due testi differenti (reportage narrativo il primo, romanzo il secondo), ma uniti da un filo strettissimo, che non riguarda unicamente il riferimento comune ad una Grande Storia collettiva persa nel passato (l'accoglienza familiare dei bambini più poveri organizzata dal PCI e dall'Unione Donne Italiane nei primi anni del dopoguerra), ma riguarda anche e soprattutto alcune specifiche microstorie reali, individuali, familiari e umane, facilmente riconoscibili e comparabili. Viola Ardone (con l'editore Einaudi) ha costruito il suo romanzo quasi integralmente sulla base di storie, personaggi, aneddoti già narrati nel mio libro del 2009. In particolare, lo sviluppo della storia dei miei due testimoni, Americo Marino e Derna Scandali, sembrava fare da scaletta su cui romanzare ed effettuare fantasiose ramificazioni letterarie. Tutto lecito? In letteratura questo succede, anche spesso, ma anche i grandi autori ritengono che si debba esplicitarlo nei confronti del lettore che-ignaro- pensa di leggere una storia totalmente di fantasia"
Come si è risolta la querelle Treni della felicità/ Treno dei bambini?
"A fronte del danno subito si poteva ricorrere a lunghe e costose vie legali, facendo i conti con una legge italiana sul plagio praticamente inefficace. Consigliato dal caro e compianto amico Luigi Reitani, fui indirizzato da un'avvocata esperta di diritto d'autore che inviò ad Einaudi una diffida, affinchè venisse almeno citato il mio libro nei ringraziamenti (indicai nella diffida anche le altre fonti evidentemente utilizzate dall'autrice: i documentari di Alessandro Piva e Simona Cappiello, i testi di Giulia Buffardi, Nadia Spano, Angiola Minnella, Gaetano Macchiaroli).
Einaudi, a seguito della mia diffida, aggiunse (senza il mio consenso) nelle pagine del romanzo una generica e minima bibliografia dove i testi che avevo indicato erano miscelati ad altri titoli. Nessun ringraziamento e nessun riconoscimento del debito intellettuale. Ma si era già alla nona edizione del libro, e nulla è mai apparso nelle tante traduzioni estere.
Le mie ragioni le ho quindi espresse nel mio sito personale (giorinaldi.com), dove ho pubblicato le analisi comparate in cui dimostro filologicamente quali e quante corrispondenze sono presenti nel romanzo (spesso vere e proprie parafrasi da testi precedenti). Un intero dossier-con più di 20mila download- raccoglie queste analisi.
Ora finalmente, sollecitati anche dall'uscita del film della Comencini, sono diversi i riconoscimenti sulla stampa nazionale e internazionale che parlano del mio lavoro come fonte diretta e base del romanzo (e quindi del film). Di fronte a tutto questo Viola Ardone e la casa editrice Einaudi hanno scelto di tacere, minimizzare, far finta che non esista il problema. E del resto la potenza mediatica e il successo del romanzo e del film schiacciano decisamente la voce solitaria di un ricercatore storico indipendente"
Il documentario da Lei realizzato con il regista Alessandro Piva, "Pasta nera", è uno spaccato sociale e storico dell'Italia dell'epoca. Lo state ancora proponendo nelle scuole per fare conoscere episodi che la storia "ortodossa" ha messo da parte?
"Il film-documentario "Pasta nera" ha continuato dal 2011 ad oggi a girare per l'Italia (e non solo), visto spesso sui canali di RAI Storia, sul web, nelle aule scolastiche o come necessario corollario alle presentazioni di libri che affrontano questo tema. Oggi, in presenza di una ricostruzione cinematografica di fiction su una piattaforma globale come Netflix, "Pasta nera" merita di essere visto ancora di più, per confrontare la storia romanzata alle storie reali, quelle degli uomini e delle donne che-salvando e curando i bambini- hanno creato le basi per un'Italia più democratica e solidale.
Mi fa piacere ricordare che anche la Commissione Cinema della CEI lo consiglia, per il suo realismo che "cuce il passato con il presente", in cui si riscopre in immagini "una pagina di storia degna di stare accanto alle altre nell'Italia della ricostruzione". Lezione non tanto da imitare quanto da far scendere nel cuore e nella mente della coscienza: per ricordarsi che il bambino ha il diritto di essere accudito e accompagnato nel cammino verso la crescita.
Voglio anche sottolineare che sono tra quelli che crede che anche la "nonfiction" (cinema documentario o reportage narrativo basato su testimonianze e storie vere) possono suscitare le stesse emozioni dei romanzi e del cinema di fiction, in cui la fantasia rielabora la realtà"
L'attività di un ricercatore erudito, appassionato ed esperto come il cerignolano Giovanni Rinaldi non si è mai fermata davanti a nulla. Anzi. Per lui ogni ostacolo trovato sul cammino è piuttosto una sfida da affrontare per giungere al "cuore" di una storia attraverso il racconto personale o corale di chi l'ha vissuta.
La ricerca storica approfondita e svolta "sul campo" ha sempre caratterizzato il Suo lavoro. Cosa ha pensato quando i risultati dei suoi studi sono diventati anche oggetto di un film, "Il treno dei bambini"?
"Ho subito pensato di aver compiuto un lavoro da pioniere e che ci avevo messo ben ventidue anni perché questa storia arrivasse a essere conosciuta in tutto il mondo. Infatti sin dall'inizio della mia ricerca, nel 2002, ero convinto che questa storia collettiva potesse diventare universale, e insieme al regista Alessandro Piva, dopo il documentario "Pasta nera" per il quale lavoravamo insieme, pensavamo di riuscire a realizzare un vero e proprio film. Ma i tempi evidentemente non erano maturi, e non trovammo nessun sostegno né interesse produttivo.
Prima del film, però, Lei ha pubblicato per Solferino il libro intitolato "C'ero io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l'Italia". Ha raccontato con grande sensibilità e delicatezza uno di quegli episodi sicuramente trascurati dalla narrazione storica "tradizionale".
In realtà, nel 2009, dieci anni prima del romanzo (e di conseguenza anche del film), pubblicai il mio primo libro intitolato "I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie". Era il risultato del lavoro di ricerca avviato sette anni prima. Poi nel 2011 uscì il film documentario "Pasta nera" di Alessandro Piva, con cui collaboravo per consulenza storica e ricerca testimoni. Poi dopo l'uscita del romanzo, nel 2021, proprio per rispondere alla richiesta continua del primo libro (che ormai era introvabile e datato), mi fu proposto dall'editore Solferino di scrivere un nuovo libro: "C'ero anch'io su quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l'Italia". E' un volume che riprende le storie del primo, riscritte e aggiornate, per non farle dimenticare, e aggiungendo le tante testimonianze raccolte nel lavoro di ricerca successivo che non ho mai interrotto. Non è un saggio storico, ma una vera e propria narrazione di incontri e storie, di memoria ed emozioni. Un viaggio di parole, per il quale ho ricevuto il premio "B. Croce" per la letteratura giornalistica"
Secondo Lei il film di Cristina Comencini, "Il treno dei bambini", è stato altrettanto sensibile e delicato nel trattare un tema riguardante i minori?
"Il film della regista Comencini adatta le storie del romanzo di Viola Ardone (e quindi indirettamente comprende le storie che quel romanzo aveva "ricalcato" anche dal mio libro). E' un film dignitoso, fatto per il grande pubblico, che risponde alle esigenze di una fiction: semplicità, focus su un ristretto numero di protagonisti, aspetti storici tratteggiati sommariamente e ambientazioni plausibili. Il suo è un trattamento cinematografico più vicino alla fiction italiana classica, ma realizzato con risorse maggiori del solito. Il tratto del racconto è delicato e sensibile, ma riprende la cristallizzazione già presente nel romanzo da cui è tratto, che mette al centro il rapporto tra le madri- biologica e adottiva-con il bambino, in un certo senso "conteso".
Per una fiction-che pure si riferisce ad un vero fatto storico, potente e unico come i cosiddetti "treni della felicità"- questo è un vantaggio, perché il tema della maternità e del rapporto sentimentale tra bambini e "madri" risulta più facile e accattivante rispetto all'approfondire temi quali le differenze individuali che i bambini esprimevano nell'affrontare il loro viaggio, e gli aspetti più politici, sociali, organizzativi (il ruolo del Partito comunista, la gestione femminile del progetto) che sostenevano un gigantesco movimento di massa in un contesto di macerie e distruzione.
L'aspetto divulgativo, però, è innegabile, e se questa storia romanzata su carta e visualizzata sullo schermo spinge lettori e spettatori ad approfondire le mille storie "diverse" che quei treni hanno trasportato su e giù per l'Italia, suscitando curiosità per la "vera storia" fatta di "vere storie", questo non può che farmi piacere.
Per me i primi protagonisti e attori di questa storia sono stati coloro (con nomi e cognomi, che ho sempre citato) che mi hanno aperto la porta di casa raccontandomi la loro infanzia, la loro avventura. I titoli di coda nel film o anche una sola citazione nel romanzo avrei voluto fossero dedicate a loro"
Sullo stesso argomento la scrittrice Viola Ardone ha pubblicato il libro intitolato "Il treno dei bambini" (edito da Einaudi).
"Il mio libro "I treni della felicità" del 2009 e il suo "Il treno dei bambini" del 2019 sono ovviamente due testi differenti (reportage narrativo il primo, romanzo il secondo), ma uniti da un filo strettissimo, che non riguarda unicamente il riferimento comune ad una Grande Storia collettiva persa nel passato (l'accoglienza familiare dei bambini più poveri organizzata dal PCI e dall'Unione Donne Italiane nei primi anni del dopoguerra), ma riguarda anche e soprattutto alcune specifiche microstorie reali, individuali, familiari e umane, facilmente riconoscibili e comparabili. Viola Ardone (con l'editore Einaudi) ha costruito il suo romanzo quasi integralmente sulla base di storie, personaggi, aneddoti già narrati nel mio libro del 2009. In particolare, lo sviluppo della storia dei miei due testimoni, Americo Marino e Derna Scandali, sembrava fare da scaletta su cui romanzare ed effettuare fantasiose ramificazioni letterarie. Tutto lecito? In letteratura questo succede, anche spesso, ma anche i grandi autori ritengono che si debba esplicitarlo nei confronti del lettore che-ignaro- pensa di leggere una storia totalmente di fantasia"
Come si è risolta la querelle Treni della felicità/ Treno dei bambini?
"A fronte del danno subito si poteva ricorrere a lunghe e costose vie legali, facendo i conti con una legge italiana sul plagio praticamente inefficace. Consigliato dal caro e compianto amico Luigi Reitani, fui indirizzato da un'avvocata esperta di diritto d'autore che inviò ad Einaudi una diffida, affinchè venisse almeno citato il mio libro nei ringraziamenti (indicai nella diffida anche le altre fonti evidentemente utilizzate dall'autrice: i documentari di Alessandro Piva e Simona Cappiello, i testi di Giulia Buffardi, Nadia Spano, Angiola Minnella, Gaetano Macchiaroli).
Einaudi, a seguito della mia diffida, aggiunse (senza il mio consenso) nelle pagine del romanzo una generica e minima bibliografia dove i testi che avevo indicato erano miscelati ad altri titoli. Nessun ringraziamento e nessun riconoscimento del debito intellettuale. Ma si era già alla nona edizione del libro, e nulla è mai apparso nelle tante traduzioni estere.
Le mie ragioni le ho quindi espresse nel mio sito personale (giorinaldi.com), dove ho pubblicato le analisi comparate in cui dimostro filologicamente quali e quante corrispondenze sono presenti nel romanzo (spesso vere e proprie parafrasi da testi precedenti). Un intero dossier-con più di 20mila download- raccoglie queste analisi.
Ora finalmente, sollecitati anche dall'uscita del film della Comencini, sono diversi i riconoscimenti sulla stampa nazionale e internazionale che parlano del mio lavoro come fonte diretta e base del romanzo (e quindi del film). Di fronte a tutto questo Viola Ardone e la casa editrice Einaudi hanno scelto di tacere, minimizzare, far finta che non esista il problema. E del resto la potenza mediatica e il successo del romanzo e del film schiacciano decisamente la voce solitaria di un ricercatore storico indipendente"
Il documentario da Lei realizzato con il regista Alessandro Piva, "Pasta nera", è uno spaccato sociale e storico dell'Italia dell'epoca. Lo state ancora proponendo nelle scuole per fare conoscere episodi che la storia "ortodossa" ha messo da parte?
"Il film-documentario "Pasta nera" ha continuato dal 2011 ad oggi a girare per l'Italia (e non solo), visto spesso sui canali di RAI Storia, sul web, nelle aule scolastiche o come necessario corollario alle presentazioni di libri che affrontano questo tema. Oggi, in presenza di una ricostruzione cinematografica di fiction su una piattaforma globale come Netflix, "Pasta nera" merita di essere visto ancora di più, per confrontare la storia romanzata alle storie reali, quelle degli uomini e delle donne che-salvando e curando i bambini- hanno creato le basi per un'Italia più democratica e solidale.
Mi fa piacere ricordare che anche la Commissione Cinema della CEI lo consiglia, per il suo realismo che "cuce il passato con il presente", in cui si riscopre in immagini "una pagina di storia degna di stare accanto alle altre nell'Italia della ricostruzione". Lezione non tanto da imitare quanto da far scendere nel cuore e nella mente della coscienza: per ricordarsi che il bambino ha il diritto di essere accudito e accompagnato nel cammino verso la crescita.
Voglio anche sottolineare che sono tra quelli che crede che anche la "nonfiction" (cinema documentario o reportage narrativo basato su testimonianze e storie vere) possono suscitare le stesse emozioni dei romanzi e del cinema di fiction, in cui la fantasia rielabora la realtà"