Gianni Rinaldi. <span>Foto letteremeridiane.org</span>
Gianni Rinaldi. Foto letteremeridiane.org

Gianni Rinaldi e le storie dei bambini che lasciarono il Sud

Lo scrittore cerignolano ha presentato il libro "C’ero anch’io su quel treno" durante la Pastasciutta Antifascista del laboratorio di legalità Francesco Marcone

In occasione dell'evento Pastasciutta Antifascista che si è svolto il 25 luglio a Cerignola presso il laboratorio di legalità Francesco Marcone, lo scrittore cerignolano Gianni Rinaldi, ha presentato il suo libro C'ero anch'io su quel treno, edito da Solferino, una raccolta di racconti dei bambini provenienti dal sud Italia che, all'indomani della Seconda guerra mondiale, per salvarsi dalle condizioni di estrema povertà in cui vivevano, partirono con i Treni della felicità verso le famiglie del centro-nord Italia che li ospitarono, diventando il collante che unì nord e sud Italia. Con il suo libro lo scrittore fa luce su storie ed esperienze sconosciute fino a poco tempo fa, un intervento che è stato molto significativo.

Quest'opera è ricca di testimonianze preziose, un lavoro che porta avanti ormai da molto tempo cosa l'ha spinta ad iniziare quest'impresa?
"Anche il caso, che mi portò, insieme al regista Alessandro Piva a incontrare il nostro primo testimone, Severino Cannelonga, a San Severo. Fu lui che ci parlò per la prima volta dei bambini ospitati temporaneamente dalle famiglie del centro-nord. Nei primi anni la ricerca per individuare nuovi testimoni fu molto difficile. Sembrava davvero che fosse calato un velo su queste storie. Ricorremmo a tutto per sollecitare i possibili testimoni a farsi avanti. Dopo la pubblicazione del mio primo libro, I treni della felicità, fu più facile. Cominciai a notarlo quando, raccontando in pubblico le storie, una mano si sollevava e un signore o una signora timidamente dicevano: «C'ero anch'io su quel treno!». E così nuove storie riemersero, nella memoria degli stessi protagonisti o in quella dei loro figli e nipoti. Alcune, però, erano storie spezzate, irrisolte. E questo mio nuovo libro prova a raccontare questo nuovo tipo di ricerca, storica e narrativa."

Ci sono stati momenti in cui ha pensato di abbandonare il progetto?
"Tante volte, per mancanza di un sostegno istituzionale o finanziario, per la difficoltà di raggiungere i testimoni o per ragioni legate al mio lavoro che mi permetteva di dedicarmi solo a tempo perso a questa ricerca che ormai mi appassionava. Ma non ho mai smesso di perseguire quello che era il mio scopo, far conoscere e imporre questa grande storia nazionale come patrimonio del Paese."

Per raccogliere testimonianze e raggiungere i protagonisti delle storie ha viaggiato molto. Come è stato rapportarsi con chi ha vissuto queste esperienze?
"Questo mio lavoro di storico orale, che si siede davanti al suo testimone, con un registratore o una videocamera, e si pone all'ascolto di una storia sempre nuova, è l'aspetto più affascinante. La storia che ne scaturisce è il prodotto di questo incontro, che è fatto anche di disponibilità reciproca, complicità e che in alcuni casi si trasforma in solida amicizia. Ho girato per l'Italia con questa curiosità, che mi ha spinto a fare viaggi inconsueti, ad entrare in case dove persone disponibili mi hanno accolto come fecero con i bambini che accolsero tanti anni fa. È come se avessi vissuto più vite, aggiungendo le vite degli altri alla mia."

Perché crede che raccontare queste storie sia così importante?
"Ho incontrato e ascoltato centinaia di testimoni, dalle storie dei braccianti del Tavoliere di Puglia fino ai tanti incontri con gli 'ex bambini' dei Treni della felicità. Spesso chi ha vissuto queste storie non era riuscito a trasmetterle, per mancanza dei mezzi necessari, per il solco profondo che sembra separarle dal presente e per l'assenza di mediatori che riescano a parlare la lingua del presente traducendo storie che sembrano sempre più lontane. Ognuna di queste storie, però, rimane unica in sé, originale, resistente all'omologazione e all'appiattimento di un'analisi superficiale. Ogni bambino, con gli altri, ha vissuto una grande storia collettiva, ma anche affrontato la sua specifica storia personale, che conserverà nella memoria per sempre. Forse raccontare diventa utile più per sé stessi che per gli altri. Questi miei testimoni sembrano voler buttare fuori, dai meandri oscuri della propria memoria, i frammenti di vita che sentono essenziali, determinanti per il proprio percorso autobiografico. Come a voler dire che, nell'oscurità da cui tutti sentivano di provenire (la povertà, la miseria delle origini), c'è stata una luce, un'esperienza, alcune persone, un modello di società, che ha mostrato loro la possibilità di un futuro migliore."

La risposta del pubblico è stata quella che si aspettava?
"Finora ho pubblicato con case editrici minori e indipendenti e, nonostante ciò, il libro precedente I treni della felicità è stato distribuito per quasi dieci anni così come il documentario Pasta nera di Alessandro Piva, frutto della stessa ricerca, segno che l'argomento interessa ancora. Con questo nuovo libro che mi è stato proposto da un colosso editoriale come Solferino è chiaro che è cambiato molto, le presentazioni in tutta Italia, le due edizioni, lo spettacolo teatrale tratto dalle storie che racconto e il Premio Benedetto Croce di Pescasseroli vinto per la Letteratura giornalistica. Non posso che esserne orgoglioso e grato ai lettori."

Lo scopo principale della sua opera era portare alla luce queste situazioni o aveva anche altri obiettivi?
"Sin dall'inizio il mio è stato un progetto un po' più complesso della sola pubblicazione della serie di storie raccolte negli anni. L'ambizione era di creare un'articolazione di iniziative, discipline scientifiche, nuove ricerche e lavori documentari musicali, cinematografici e teatrali, che facessero partecipare più soggetti possibili e in modalità differenti al racconto di questa storia. Fare ricerca, con una partecipazione collettiva alla ricerca stessa. Da più di quaranta anni faccio quello che oggi viene definito Public History, rendere la storia pubblica o, meglio, per un pubblico, per tutti, costituita da differenti attività svolte da persone differenti, che ruota intorno alla disciplina storica, ma opera quasi sempre al di fuori di ambienti accademici specializzati privilegiando la multidisciplinarietà. Una storia popolare delle classi popolari, che possa essere conosciuta da tutti, senza steccati, restituendo in un certo senso quello che i testimoni ci hanno donato."
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