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Francesco Tarantino, 19enne di Carapelle: “Negli ospedali divento un supereroe per far sorridere chi soffre”
Il giovane qualche mese fa ha visitato anche il reparto Pediatria dell’Ospedale Tatarella di Cerignola
5 Reali Siti - martedì 28 febbraio 2023
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Ci sono storie che fanno bene al cuore, per questo le raccontiamo con piacere. Quella di Francesco Tarantino, in particolare, è la dimostrazione concreta di come chi ha sofferto riesca a comprendere meglio la sofferenza altrui, e ad entrare in maggiore empatia con chi sta attraversando un periodo difficile. Francesco ha diciannove anni, è studente all'ultimo anno dell'istituto Commerciale, vive a Carapelle (Fg) ha un fratello di 25 anni.
Un ragazzo apparentemente come tanti, con tanti progetti e sogni da realizzare. Ma Francesco ha un passato di sofferenza che lo ha temprato, forgiato, rafforzato dentro e fuori.
"Avevo due giorni di vita quando ho dovuto subire il primo intervento all'Ospedale di Foggia, seguito-di lì a poco- da un secondo e poi da un terzo. Le cose però non si risolvevano, e così dopo sei mesi di cure che si erano dimostrate vane, mia madre decise di portarmi a Genova, presso l'Ospedale Gaslini, dove arrivai in condizioni ormai critiche. In questo ospedale fui sottoposto ad un altro intervento chirurgico, attraverso il quale-finalmente- i medici risalirono alla fonte dei miei problemi e giunsero ad una prima soluzione. E' stato riscontrato che io soffrivo di una patologia molto rara, che colpisce una persona su 5000. Si chiama Hirschsprung, ed è una malformazione congenita dell'intestino inferiore", racconta.
Cosa ricordi del periodo trascorso in ospedale e delle cure a cui hai dovuto sottoporti?
Per i primi sei anni della mia vita ho dovuto effettuare quotidianamente sonde rettali, anche più volte al giorno. Ancora oggi, che ho 19 anni, torno spesso al Gaslini per svolgere i controlli necessari. Il ricordo dei momenti di sofferenza resta impresso nella mente per sempre, ma serve a godere di quelli in cui si sta bene. Io mi ritengo un ragazzo miracolato, perché la mia mamma quando era a Foggia, sognò Padre Pio. Il Santo le disse di non preoccuparsi, perché io ce l'avrei fatta. E, se sono vivo, è grazia a mia mamma, alla volontà di Dio e all'impegno dei medici del Gaslini.
Quando hai deciso per la prima volta di entrare in un ospedale vestendo i panni di Spiderman, uno dei supereroi più amati dai bambini?
Era un pensiero che mi balenava spesso in mente, e l'ho messo in pratica circa due mesi fa. Ho cominciato prima andando nei centri commerciali e nelle scuole dell'infanzia. Poi ho deciso di contattare direttamente gli ospedali partendo proprio dal "Tatarella" di Cerignola. E' stata una bellissima esperienza. A breve andrò in un ospedale a Bari e, verso Aprile o Maggio, andrò al Gaslini di Genova, dove io stesso sono stato operato e salvato.
Il supereroe rappresenta metaforicamente la possibilità di sconfiggere la malattia. Ogni bimbo in ospedale lo è, perché lotta per la propria vita. Perché hai scelto proprio Spiderman?
La mia scelta è ricaduta su Spiderman perché credo che per i bambini, rispetto ad altri eroi, sia più facile identificarsi con Peter Parker, alle prese con i suoi problemi adolescenziale come la scuola, i bulli, la famiglia. Anche il fatto che Spiderman indossi una maschera che gli copre totalmente il viso aiuta molto l'identificazione con il personaggio. E poi Spiderman è sempre stato caratterizzato dal fatto di essere un eroe spiritoso, ironico, che combatte il Male facendo battutine e prendendo in giro gli avversari. Il suo umorismo piace molto ai bambini, e non solo a loro.
Come ti vedi tra venti anni? Cosa ti piacerebbe fare o diventare?
Vorrei continuare a fare questo: portare un sorriso a coloro che vivono una situazione di sofferenza. Quando faccio visita ai bambini in ospedale, leggo nei loro occhi il dolore, e per me che l'ho provato è come una spina nel fianco. Sono felice di riuscire a vedere che, mentre passo il tempo con loro, quell'ombra che offusca i loro sguardo cede piano piano e lascia il posto ad un bellissimo sorriso.
Cosa ti senti di dire a coloro che giudicano questa generazione superficiale e vuota, priva di ideali e progetti di vita?
Chi non ha provato sulla propria pelle il dolore fisico e la sofferenza non riesce a capire cosa vuol dire. E' facile giudicare, bisogna passarci dentro. Ai giovani che si drogano, che bullizzano i compagni o compiono atti violenti, io dico soltanto di fermarsi un attimo a pensare a chi soffre, a chi guarda il mondo da una corsia di ospedale. Forse la loro vita cambierebbe, chissà.
Un ragazzo apparentemente come tanti, con tanti progetti e sogni da realizzare. Ma Francesco ha un passato di sofferenza che lo ha temprato, forgiato, rafforzato dentro e fuori.
"Avevo due giorni di vita quando ho dovuto subire il primo intervento all'Ospedale di Foggia, seguito-di lì a poco- da un secondo e poi da un terzo. Le cose però non si risolvevano, e così dopo sei mesi di cure che si erano dimostrate vane, mia madre decise di portarmi a Genova, presso l'Ospedale Gaslini, dove arrivai in condizioni ormai critiche. In questo ospedale fui sottoposto ad un altro intervento chirurgico, attraverso il quale-finalmente- i medici risalirono alla fonte dei miei problemi e giunsero ad una prima soluzione. E' stato riscontrato che io soffrivo di una patologia molto rara, che colpisce una persona su 5000. Si chiama Hirschsprung, ed è una malformazione congenita dell'intestino inferiore", racconta.
Cosa ricordi del periodo trascorso in ospedale e delle cure a cui hai dovuto sottoporti?
Per i primi sei anni della mia vita ho dovuto effettuare quotidianamente sonde rettali, anche più volte al giorno. Ancora oggi, che ho 19 anni, torno spesso al Gaslini per svolgere i controlli necessari. Il ricordo dei momenti di sofferenza resta impresso nella mente per sempre, ma serve a godere di quelli in cui si sta bene. Io mi ritengo un ragazzo miracolato, perché la mia mamma quando era a Foggia, sognò Padre Pio. Il Santo le disse di non preoccuparsi, perché io ce l'avrei fatta. E, se sono vivo, è grazia a mia mamma, alla volontà di Dio e all'impegno dei medici del Gaslini.
Quando hai deciso per la prima volta di entrare in un ospedale vestendo i panni di Spiderman, uno dei supereroi più amati dai bambini?
Era un pensiero che mi balenava spesso in mente, e l'ho messo in pratica circa due mesi fa. Ho cominciato prima andando nei centri commerciali e nelle scuole dell'infanzia. Poi ho deciso di contattare direttamente gli ospedali partendo proprio dal "Tatarella" di Cerignola. E' stata una bellissima esperienza. A breve andrò in un ospedale a Bari e, verso Aprile o Maggio, andrò al Gaslini di Genova, dove io stesso sono stato operato e salvato.
Il supereroe rappresenta metaforicamente la possibilità di sconfiggere la malattia. Ogni bimbo in ospedale lo è, perché lotta per la propria vita. Perché hai scelto proprio Spiderman?
La mia scelta è ricaduta su Spiderman perché credo che per i bambini, rispetto ad altri eroi, sia più facile identificarsi con Peter Parker, alle prese con i suoi problemi adolescenziale come la scuola, i bulli, la famiglia. Anche il fatto che Spiderman indossi una maschera che gli copre totalmente il viso aiuta molto l'identificazione con il personaggio. E poi Spiderman è sempre stato caratterizzato dal fatto di essere un eroe spiritoso, ironico, che combatte il Male facendo battutine e prendendo in giro gli avversari. Il suo umorismo piace molto ai bambini, e non solo a loro.
Come ti vedi tra venti anni? Cosa ti piacerebbe fare o diventare?
Vorrei continuare a fare questo: portare un sorriso a coloro che vivono una situazione di sofferenza. Quando faccio visita ai bambini in ospedale, leggo nei loro occhi il dolore, e per me che l'ho provato è come una spina nel fianco. Sono felice di riuscire a vedere che, mentre passo il tempo con loro, quell'ombra che offusca i loro sguardo cede piano piano e lascia il posto ad un bellissimo sorriso.
Cosa ti senti di dire a coloro che giudicano questa generazione superficiale e vuota, priva di ideali e progetti di vita?
Chi non ha provato sulla propria pelle il dolore fisico e la sofferenza non riesce a capire cosa vuol dire. E' facile giudicare, bisogna passarci dentro. Ai giovani che si drogano, che bullizzano i compagni o compiono atti violenti, io dico soltanto di fermarsi un attimo a pensare a chi soffre, a chi guarda il mondo da una corsia di ospedale. Forse la loro vita cambierebbe, chissà.