Attualità
Enzo Ceglie, l’architetto- poeta presenta il suo primo volume alla Fiera del Libro di Cerignola
Nel libro di esordio suggerisce la visione dell’architettura come forma di suggestione poetica
Cerignola - venerdì 29 settembre 2023
13.11
Architetto "visionario" nel senso più aulico del termine, Enzo Ceglie riesce a cogliere l'anima che è nelle cose, connotando i suoi lavori di un'aura poetica che li rende del tutto diversi dagli altri. Chi ha avuto la possibilità di ammirare la sua mostra fotografica allestita all'interno della sala di Palazzo Fornari durante la Fiera del Libro, e di assistere alla presentazione del volume di esordio intitolato appunto "L'anima che è nelle cose", sa che tale definizione è più mai appropriata.
Sia la mostra personale che la presentazione del libro sono state promosse e curate dall'APS "Art&Fatti" su invito dell'associazione promotrice della "Fiera del Libro", OltreBabele. "Ci è stato chiesto di affidare la zona espositiva della Fiera del Libro ad un'artista, come è stato sempre fatto durante tale evento culturale, e noi abbiamo pensato di coinvolgere Enzo Ceglie, un architetto cerignolano che ha realizzato opere assai particolari e meritevoli di interesse ed attenzione", ci ha raccontato Luca Gasparro, presidente dell'associazione "Art&Fatti", che pur essendo relativamente "giovane" per costituzione, sta già sostenendo iniziative di grande spessore nella nostra città.
Dopo aver guardato attentamente la mostra fotografica allestita presso la Fiera del Libro, abbiamo pensato di rivolgere a questo architetto che osserva la realtà con gli occhi di un poeta alcune domande riguardanti il suo libro, il cui titolo reca in sé il germoglio creativo di quello che il lettore vedrà sbocciare attraverso lo scorrere delle pagine.
Salve Enzo, innanzitutto grazie per aver accettato il nostro invito. La prima domanda che vogliamo rivolgerti riguarda proprio il titolo del libro, "L'anima che è nelle cose", che suscita già una prima importante riflessione su quanto noi tutti siamo ormai così distratti dalla vita quotidiana da non accorgerci che anche gli oggetti apparentemente più insignificanti possono avere una "storia" e quindi anche un'anima. Quali motivazioni ti hanno condotto a scegliere questo titolo?
"Il titolo nasce da una semplicissima considerazione, che con gli anni si è trasformata in profonda convinzione, fino al punto di condizionare ogni più piccola parte del mio lavoro quotidiano. Io credo fermissimamente che le parole che noi pronunciamo, se non avessero un'anima, risuonerebbero nell'indifferenza e, come per le parole, che se le cose che osserviamo intorno a noi non avessero un'anima non potrebbero risvegliare alcuna emozione. Sono estremamente convinto che l'anima abiti le cose come pure i luoghi, non tutti, ma quelli che hanno il potere di parlarci e di insediare in noi una ragione che ci legherà a loro per sempre, anche a distanza di moltissimo tempo.
Nella quotidianità del mestiere dell'architetto esistono, e sono entrambi presenti, due modi di confrontarsi con le cose del mondo in cui viviamo e, più nello specifico, con le cose dell'architettura nel mondo; una modalità di osservazione più scientifica, tecnica, un po' come quella del chirurgo nei confronti di un organo sul quale dovrà intervenire meccanicamente per ripristinarne la funzionalità, ed un'altra che attinge all'empatia, attraverso la quale quell'organo smette di essere soltanto una cosa, un oggetto e comincia a comunicarci tutto ciò che va al di là dell'aspetto materiale, ci dice quello che è e che rappresenta per la sfera emotiva, si colloca sul piano dell'anima.
Prima che la mia opera, attraverso questo titolo, ritengo di aver rappresentato, sinteticamente, una modalità possibile di relazionarsi con le cose che ci circondano, al di là dello spazio fisico e del tempo misurabile".
Le foto esposte nella mostra personale allestita a Palazzo Fornari nei giorni scorsi riportano schizzi, progetti tecnici, ma anche versi poetici. Si può essere un bravo architetto ed anche un artista e poeta quale sei tu? Ci sono elementi sui quali lavorare per creare equilibrio e armonia tra questi due aspetti?
"Ritengo la poesia, ovvero la più alta e nobile tra le arti conosciute e praticate dall'uomo in ogni tempo, quell'elemento in grado di fare da comune denominatore tra le differenti forme di espressione che adopero nelle diverse occasioni, una sorta di filo rosso che tiene insieme ogni parte della mia opera. La poesia è la scintilla capace di innescare quelle reazioni emotive che finalizzo con le tecniche e gli strumenti del mio mestiere secondo le diverse declinazioni del disegno, del progetto, della fotografia, della poesia, del racconto scritto e per immagini. Un racconto fatto di elementi del paesaggio naturale ed elementi costruiti dall'uomo, eterno pane quotidiano dell'architettura e che ha sempre quale obiettivo finale quello della materializzazione di un'idea secondo cui l'architettura è essa stessa un prodotto di derivazione poetica, universalmente comprensibile e che ha, pertanto, il privilegio di rivolgersi a tutti".
Quanto-secondo te-il mondo digitale può favorire o meno questo accordo tra mente, intelligenza e anima, che nei tuoi lavori convivono così bene?
"Il mondo digitale è una delle manifestazioni del progresso intimamente connessa alle nostre vite. Non è possibile rimanerne avulsi, e bisogna farci i conti ogni giorno imparando a riconoscerne gli aspetti oggettivamente utili che possono offrire strumenti di grande aiuto per la creatività.
Al contempo è importante essere consapevoli del fatto che quello che ci differenzia oggi e, ancor di più, in un futuro molto prossimo, dall'Intelligenza Artificiale di macchine sempre più potenti, non è la nostra intelligenza, bensì il nostro bagaglio emotivo.
Io progetto le mie opere cercando di coglierne ed interpretarne la natura, l'essenza, l'anima, le memorie attraverso la costruzione di visioni simboliche ed evocative in grado di raccontare emozioni".
L'associazione Arti&Fatti ha molto apprezzato la possibilità di farsi promotrice di una mostra sicuramente diversa dalle solite. Quali sono stati i commenti dei visitatori o le domande che ti hanno colpito di più al riguardo?
"Quello che ho potuto constatare come più ricorrente è stato un certo stupore nel trovarsi di fronte ad una modalità di rappresentazione degli elementi dell'architettura e della città che non dovendo, molto spesso, rispondere ad un'esigenza di tipo pratico, ma piuttosto proporsi nel loro valore intrinseco di forme espressive di una suggestione poetica, ribaltano quelle che sono le comuni gerarchie unanimemente riconosciute. I visitatori hanno dovuto fare i conti con i concetti di "archetipo", di "monumento", di "pensiero creativo" e di "potere creatore del silenzio", direi una bella sfida che a me ha dato senz'altro l'opportunità di restituire dignità ad un'architettura finalmente intrisa di poesia e di concetti teorici".
Architettura e Poesia, connubio interessante ed inedito. Di fronte ad un'opera frutto del progetto e del lavoro umano come il "Cinema Teatro Roma" che hai progettato nel restauro, come riescono i tuoi occhi a percepire poesia ed emozioni?
"Quando guardo un'architettura, nella vita reale, sono istintivamente portato ad apprezzarne il carattere, il dato emozionale che mi trasmette per effetto delle vibrazioni che emana nel mentre reagisce alla luce che la investe, osservo i pieni e i vuoti delle superfici che la formano e la delimitano, assaporo i toni e le sfumature dei materiali di cui si compone, indago le assonanze e le dissonanze con l'intorno più o meno prossimo, il senso di equilibrio tra le parti che è figlio delle giuste proporzioni. In questo modo ne colgo l'anima e quella carica comunicativa capace di commuovere il cuore e l'immaginazione".
Il libro di Enzo Ceglie fuoriesce dal tecnicismo tipico dell'architettura per come viene concepita usualmente, e si "veste" di inedite interpretazioni: una bella sfida per tutti, perché insegna che la realtà può essere guardata con occhi diversi a seconda dei punti di vista e della sensibilità di ognuno.
Sia la mostra personale che la presentazione del libro sono state promosse e curate dall'APS "Art&Fatti" su invito dell'associazione promotrice della "Fiera del Libro", OltreBabele. "Ci è stato chiesto di affidare la zona espositiva della Fiera del Libro ad un'artista, come è stato sempre fatto durante tale evento culturale, e noi abbiamo pensato di coinvolgere Enzo Ceglie, un architetto cerignolano che ha realizzato opere assai particolari e meritevoli di interesse ed attenzione", ci ha raccontato Luca Gasparro, presidente dell'associazione "Art&Fatti", che pur essendo relativamente "giovane" per costituzione, sta già sostenendo iniziative di grande spessore nella nostra città.
Dopo aver guardato attentamente la mostra fotografica allestita presso la Fiera del Libro, abbiamo pensato di rivolgere a questo architetto che osserva la realtà con gli occhi di un poeta alcune domande riguardanti il suo libro, il cui titolo reca in sé il germoglio creativo di quello che il lettore vedrà sbocciare attraverso lo scorrere delle pagine.
Salve Enzo, innanzitutto grazie per aver accettato il nostro invito. La prima domanda che vogliamo rivolgerti riguarda proprio il titolo del libro, "L'anima che è nelle cose", che suscita già una prima importante riflessione su quanto noi tutti siamo ormai così distratti dalla vita quotidiana da non accorgerci che anche gli oggetti apparentemente più insignificanti possono avere una "storia" e quindi anche un'anima. Quali motivazioni ti hanno condotto a scegliere questo titolo?
"Il titolo nasce da una semplicissima considerazione, che con gli anni si è trasformata in profonda convinzione, fino al punto di condizionare ogni più piccola parte del mio lavoro quotidiano. Io credo fermissimamente che le parole che noi pronunciamo, se non avessero un'anima, risuonerebbero nell'indifferenza e, come per le parole, che se le cose che osserviamo intorno a noi non avessero un'anima non potrebbero risvegliare alcuna emozione. Sono estremamente convinto che l'anima abiti le cose come pure i luoghi, non tutti, ma quelli che hanno il potere di parlarci e di insediare in noi una ragione che ci legherà a loro per sempre, anche a distanza di moltissimo tempo.
Nella quotidianità del mestiere dell'architetto esistono, e sono entrambi presenti, due modi di confrontarsi con le cose del mondo in cui viviamo e, più nello specifico, con le cose dell'architettura nel mondo; una modalità di osservazione più scientifica, tecnica, un po' come quella del chirurgo nei confronti di un organo sul quale dovrà intervenire meccanicamente per ripristinarne la funzionalità, ed un'altra che attinge all'empatia, attraverso la quale quell'organo smette di essere soltanto una cosa, un oggetto e comincia a comunicarci tutto ciò che va al di là dell'aspetto materiale, ci dice quello che è e che rappresenta per la sfera emotiva, si colloca sul piano dell'anima.
Prima che la mia opera, attraverso questo titolo, ritengo di aver rappresentato, sinteticamente, una modalità possibile di relazionarsi con le cose che ci circondano, al di là dello spazio fisico e del tempo misurabile".
Le foto esposte nella mostra personale allestita a Palazzo Fornari nei giorni scorsi riportano schizzi, progetti tecnici, ma anche versi poetici. Si può essere un bravo architetto ed anche un artista e poeta quale sei tu? Ci sono elementi sui quali lavorare per creare equilibrio e armonia tra questi due aspetti?
"Ritengo la poesia, ovvero la più alta e nobile tra le arti conosciute e praticate dall'uomo in ogni tempo, quell'elemento in grado di fare da comune denominatore tra le differenti forme di espressione che adopero nelle diverse occasioni, una sorta di filo rosso che tiene insieme ogni parte della mia opera. La poesia è la scintilla capace di innescare quelle reazioni emotive che finalizzo con le tecniche e gli strumenti del mio mestiere secondo le diverse declinazioni del disegno, del progetto, della fotografia, della poesia, del racconto scritto e per immagini. Un racconto fatto di elementi del paesaggio naturale ed elementi costruiti dall'uomo, eterno pane quotidiano dell'architettura e che ha sempre quale obiettivo finale quello della materializzazione di un'idea secondo cui l'architettura è essa stessa un prodotto di derivazione poetica, universalmente comprensibile e che ha, pertanto, il privilegio di rivolgersi a tutti".
Quanto-secondo te-il mondo digitale può favorire o meno questo accordo tra mente, intelligenza e anima, che nei tuoi lavori convivono così bene?
"Il mondo digitale è una delle manifestazioni del progresso intimamente connessa alle nostre vite. Non è possibile rimanerne avulsi, e bisogna farci i conti ogni giorno imparando a riconoscerne gli aspetti oggettivamente utili che possono offrire strumenti di grande aiuto per la creatività.
Al contempo è importante essere consapevoli del fatto che quello che ci differenzia oggi e, ancor di più, in un futuro molto prossimo, dall'Intelligenza Artificiale di macchine sempre più potenti, non è la nostra intelligenza, bensì il nostro bagaglio emotivo.
Io progetto le mie opere cercando di coglierne ed interpretarne la natura, l'essenza, l'anima, le memorie attraverso la costruzione di visioni simboliche ed evocative in grado di raccontare emozioni".
L'associazione Arti&Fatti ha molto apprezzato la possibilità di farsi promotrice di una mostra sicuramente diversa dalle solite. Quali sono stati i commenti dei visitatori o le domande che ti hanno colpito di più al riguardo?
"Quello che ho potuto constatare come più ricorrente è stato un certo stupore nel trovarsi di fronte ad una modalità di rappresentazione degli elementi dell'architettura e della città che non dovendo, molto spesso, rispondere ad un'esigenza di tipo pratico, ma piuttosto proporsi nel loro valore intrinseco di forme espressive di una suggestione poetica, ribaltano quelle che sono le comuni gerarchie unanimemente riconosciute. I visitatori hanno dovuto fare i conti con i concetti di "archetipo", di "monumento", di "pensiero creativo" e di "potere creatore del silenzio", direi una bella sfida che a me ha dato senz'altro l'opportunità di restituire dignità ad un'architettura finalmente intrisa di poesia e di concetti teorici".
Architettura e Poesia, connubio interessante ed inedito. Di fronte ad un'opera frutto del progetto e del lavoro umano come il "Cinema Teatro Roma" che hai progettato nel restauro, come riescono i tuoi occhi a percepire poesia ed emozioni?
"Quando guardo un'architettura, nella vita reale, sono istintivamente portato ad apprezzarne il carattere, il dato emozionale che mi trasmette per effetto delle vibrazioni che emana nel mentre reagisce alla luce che la investe, osservo i pieni e i vuoti delle superfici che la formano e la delimitano, assaporo i toni e le sfumature dei materiali di cui si compone, indago le assonanze e le dissonanze con l'intorno più o meno prossimo, il senso di equilibrio tra le parti che è figlio delle giuste proporzioni. In questo modo ne colgo l'anima e quella carica comunicativa capace di commuovere il cuore e l'immaginazione".
Il libro di Enzo Ceglie fuoriesce dal tecnicismo tipico dell'architettura per come viene concepita usualmente, e si "veste" di inedite interpretazioni: una bella sfida per tutti, perché insegna che la realtà può essere guardata con occhi diversi a seconda dei punti di vista e della sensibilità di ognuno.