Attualità
Disattese le norme sugli impianti termici
Confartigianato: "L’attuazione delle norme sugli impianti termici sia priorità. Ancora disattese le norme in materia"
Puglia - lunedì 31 agosto 2020
12.43 Comunicato Stampa
«L'attuazione delle norme sugli impianti termici sia priorità perché sono ancora disattese le norme in materia». È l'appello di Luigi Ficelo, presidente degli impiantisti termici pugliesi di Confartigianato. Il settore, in Puglia, conta 4mila aziende attive che danno lavoro a circa 10mila addetti.
«A sette anni dall'emanazione del Decreto del Presidente della Repubblica numero 74 e a quattro anni dalla legge regionale 36 in materia di manutenzione e controllo degli impianti termici è urgente garantire la concreta attuazione di norme così importanti, poste a presidio della qualità dell'aria che respiriamo così come della sicurezza di milioni di cittadini pugliesi. Per questo chiediamo al prossimo governo regionale, di qualunque colore esso sia, di impegnarsi nel fare dell'applicazione della legge un'assoluta priorità».
Questi i fatti: nel 2013, in attuazione di direttive comunitarie del 2010, l'Italia approva una legge – il Decreto del Presidente della Repubblica (Dpr) 74 – in cui vengono stabiliti i criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione ed ispezione degli impianti termici per il riscaldamento e la climatizzazione degli edifici. Gli obiettivi della normativa sono quelli di garantire l'abbattimento delle emissioni inquinanti, l'efficientamento energetico e la sicurezza dell'utenza.
Alle Regioni spetta determinare le modalità di concreta applicazione delle disposizioni, nonché la relativa supervisione, visto che l'operatività territoriale può essere delegata a Città metropolitane, Province e Comuni.
Tre anni dopo, a dicembre del 2016, la Puglia approva la legge numero 36/2016, demandando tuttavia i relativi aspetti applicativi a successivi atti di Giunta, che arrivano a distanza di ulteriori due anni.
Ad oggi l'impianto normativo risulta formalmente completo ma ogni territorio continua a marciare per conto proprio senza che il livello regionale abbia il polso di cosa accade.
Negli ultimi anni, infatti, le Province e, in alcuni casi, i singoli Comuni hanno creato sistemi autonomi e indipendenti con regole molto diverse tra loro per quanto concerne tempistiche e modalità di espletamento delle campagne di controllo degli impianti, versamento dei relativi tributi (i cosiddetti «bollini»), sanzioni nei confronti dei soggetti inadempienti, eccetera. Tutti elementi che la nuova normativa – se solo fosse applicata – riporterebbe ad omogeneità anche tramite la creazione di un catasto regionale degli impianti. Ciò a tutela del principio di parità di trattamento dei cittadini e degli stessi operatori economici, oggi costretti a cambiare continuamente norme di riferimento in caso di operatività a cavallo tra diverse Province o Comuni.
Invece ad oggi non solo del catasto non c'è traccia, ma molte autorità territoriali continuano a comportarsi ora secondo regole proprie, ora secondo le norme regionali seguendo la convenienza del caso. In alcuni Comuni molto popolosi, peraltro le campagne di ispezione non vengono neanche in minima parte svolte.
A farne le spese sono gli imprenditori che lavorano nel settore, ma anche i cittadini pugliesi, sia sotto il profilo della sicurezza ma anche sul versante economico, dato che pagano tributi per servizi non correttamente resi o per nulla effettuati.
Senza contare, poi, il versante ambientale.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Ispra-Ministero dell'Ambiente disponibile, non sono le auto o in generale i mezzi di trasporto su gomma i principali responsabili della presenza di PM10 nelle nostre città, ma caldaie, stufe e caminetti, proprio quelli che l'inapplicata normativa intende censire e le cui emissioni mira a tenere sotto controllo.
Secondo Ficelo, presidente degli impiantisti e manutentori termo-idraulici di Confartigianato Puglia. «È troppo tempo che aspettiamo la concreta attuazione anche nella nostra regione dei dettami del DPR 74. Solo poche settimane fa, ad inizio agosto, la Regione ha inteso forzare la mano nei confronti delle autorità territoriali convocando d'imperio un comitato tecnico a cui, neanche a dirlo, i rappresentanti di molti territori non si sono neanche presentati.
Per il presidente, «alcuni territori non attivano le campagne di controllo degli impianti da molto tempo, altri irrogano sanzioni in forza di regolamenti provinciali oramai superati dalla nuova legge regionale 36, altri interpretano le leggi in maniera fantasiosa, invocando ora norme abrogate ora quelle ancora prive d'attuazione. A farne le spese sono certamente i cittadini ma anche i manutentori, in balìa di decisioni arbitrarie e prive di qualsivoglia coordinamento, percepiti dall'utenza come un esercito di esattori e non come i garanti della sicurezza dei loro impianti.
Per il rappresentante di Confartigianato, «la corretta applicazione della normativa non solo sovraintende alla sicurezza dei cittadini: è anche fondamentale per il controllo delle immissioni di inquinanti in atmosfera, di cui gli impianti di riscaldamento sono in larga parte responsabili nell'ambito urbano. I dati pubblicati dall'Ispra sull'argomento parlano chiaro. Non è un caso che, nell'arco del decennio 2005-2015, mentre le emissioni di industrie, attività agricole e persino dei trasporti sono state incredibilmente ridotte, l'unico fattore inquinante la cui portata è rimasta tal quale è quello degli impianti di riscaldamento. Non è possibile prendere sottogamba una situazione che impatta in maniera diretta e pesante sulla qualità dell'aria che respirano i pugliesi, soprattutto se si considerano le risorse spese per la mobilità sostenibile.
Non si tratta solo di un interesse specifico: a parte che è un sacrosanto diritto del manutentore pugliese quello di poter lavorare serenamente come accade nel resto d'Italia, si tenga conto che i tributi versati non rimpinguano certo le casse degli imprenditori, ma quelle delle pubbliche amministrazioni, che, finora, sono state incapaci di assicurare servizi decenti. Di questo passo – conclude Ficelo – ci apprestiamo ad affrontare l'ennesimo inverno nel caos. Ecco perché una volta per tutte chiediamo un impegno preciso: che il prossimo governo regionale affronti di petto la questione, mettendo in campo tutte le risorse necessarie, anche in termini di dotazione organica, ad attivare finanche i poteri di avocazione delle deleghe laddove sia necessario».
«A sette anni dall'emanazione del Decreto del Presidente della Repubblica numero 74 e a quattro anni dalla legge regionale 36 in materia di manutenzione e controllo degli impianti termici è urgente garantire la concreta attuazione di norme così importanti, poste a presidio della qualità dell'aria che respiriamo così come della sicurezza di milioni di cittadini pugliesi. Per questo chiediamo al prossimo governo regionale, di qualunque colore esso sia, di impegnarsi nel fare dell'applicazione della legge un'assoluta priorità».
Questi i fatti: nel 2013, in attuazione di direttive comunitarie del 2010, l'Italia approva una legge – il Decreto del Presidente della Repubblica (Dpr) 74 – in cui vengono stabiliti i criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione ed ispezione degli impianti termici per il riscaldamento e la climatizzazione degli edifici. Gli obiettivi della normativa sono quelli di garantire l'abbattimento delle emissioni inquinanti, l'efficientamento energetico e la sicurezza dell'utenza.
Alle Regioni spetta determinare le modalità di concreta applicazione delle disposizioni, nonché la relativa supervisione, visto che l'operatività territoriale può essere delegata a Città metropolitane, Province e Comuni.
Tre anni dopo, a dicembre del 2016, la Puglia approva la legge numero 36/2016, demandando tuttavia i relativi aspetti applicativi a successivi atti di Giunta, che arrivano a distanza di ulteriori due anni.
Ad oggi l'impianto normativo risulta formalmente completo ma ogni territorio continua a marciare per conto proprio senza che il livello regionale abbia il polso di cosa accade.
Negli ultimi anni, infatti, le Province e, in alcuni casi, i singoli Comuni hanno creato sistemi autonomi e indipendenti con regole molto diverse tra loro per quanto concerne tempistiche e modalità di espletamento delle campagne di controllo degli impianti, versamento dei relativi tributi (i cosiddetti «bollini»), sanzioni nei confronti dei soggetti inadempienti, eccetera. Tutti elementi che la nuova normativa – se solo fosse applicata – riporterebbe ad omogeneità anche tramite la creazione di un catasto regionale degli impianti. Ciò a tutela del principio di parità di trattamento dei cittadini e degli stessi operatori economici, oggi costretti a cambiare continuamente norme di riferimento in caso di operatività a cavallo tra diverse Province o Comuni.
Invece ad oggi non solo del catasto non c'è traccia, ma molte autorità territoriali continuano a comportarsi ora secondo regole proprie, ora secondo le norme regionali seguendo la convenienza del caso. In alcuni Comuni molto popolosi, peraltro le campagne di ispezione non vengono neanche in minima parte svolte.
A farne le spese sono gli imprenditori che lavorano nel settore, ma anche i cittadini pugliesi, sia sotto il profilo della sicurezza ma anche sul versante economico, dato che pagano tributi per servizi non correttamente resi o per nulla effettuati.
Senza contare, poi, il versante ambientale.
Secondo l'ultimo rapporto dell'Ispra-Ministero dell'Ambiente disponibile, non sono le auto o in generale i mezzi di trasporto su gomma i principali responsabili della presenza di PM10 nelle nostre città, ma caldaie, stufe e caminetti, proprio quelli che l'inapplicata normativa intende censire e le cui emissioni mira a tenere sotto controllo.
Secondo Ficelo, presidente degli impiantisti e manutentori termo-idraulici di Confartigianato Puglia. «È troppo tempo che aspettiamo la concreta attuazione anche nella nostra regione dei dettami del DPR 74. Solo poche settimane fa, ad inizio agosto, la Regione ha inteso forzare la mano nei confronti delle autorità territoriali convocando d'imperio un comitato tecnico a cui, neanche a dirlo, i rappresentanti di molti territori non si sono neanche presentati.
Per il presidente, «alcuni territori non attivano le campagne di controllo degli impianti da molto tempo, altri irrogano sanzioni in forza di regolamenti provinciali oramai superati dalla nuova legge regionale 36, altri interpretano le leggi in maniera fantasiosa, invocando ora norme abrogate ora quelle ancora prive d'attuazione. A farne le spese sono certamente i cittadini ma anche i manutentori, in balìa di decisioni arbitrarie e prive di qualsivoglia coordinamento, percepiti dall'utenza come un esercito di esattori e non come i garanti della sicurezza dei loro impianti.
Per il rappresentante di Confartigianato, «la corretta applicazione della normativa non solo sovraintende alla sicurezza dei cittadini: è anche fondamentale per il controllo delle immissioni di inquinanti in atmosfera, di cui gli impianti di riscaldamento sono in larga parte responsabili nell'ambito urbano. I dati pubblicati dall'Ispra sull'argomento parlano chiaro. Non è un caso che, nell'arco del decennio 2005-2015, mentre le emissioni di industrie, attività agricole e persino dei trasporti sono state incredibilmente ridotte, l'unico fattore inquinante la cui portata è rimasta tal quale è quello degli impianti di riscaldamento. Non è possibile prendere sottogamba una situazione che impatta in maniera diretta e pesante sulla qualità dell'aria che respirano i pugliesi, soprattutto se si considerano le risorse spese per la mobilità sostenibile.
Non si tratta solo di un interesse specifico: a parte che è un sacrosanto diritto del manutentore pugliese quello di poter lavorare serenamente come accade nel resto d'Italia, si tenga conto che i tributi versati non rimpinguano certo le casse degli imprenditori, ma quelle delle pubbliche amministrazioni, che, finora, sono state incapaci di assicurare servizi decenti. Di questo passo – conclude Ficelo – ci apprestiamo ad affrontare l'ennesimo inverno nel caos. Ecco perché una volta per tutte chiediamo un impegno preciso: che il prossimo governo regionale affronti di petto la questione, mettendo in campo tutte le risorse necessarie, anche in termini di dotazione organica, ad attivare finanche i poteri di avocazione delle deleghe laddove sia necessario».