“Controra – Storie di carcere, di droga, di mafia e di speranza”, il libro di Marcello Colopi
È stato presentato il libro “Controra – Storie di carcere, di droga, di mafia e di speranza” di Marcello Colopi (Nicorelli Editore)
Cerignola - martedì 1 settembre 2020
12.54
Giovedì 27 agosto, nel chiostro del Palazzo Coccia a Cerignola, è stato presentato il libro "Controra – Storie di carcere, di droga, di mafia e di speranza" di Marcello Colopi (Nicorelli Editore). A moderare il convegno di presentazione il giornalista Natale Labia, intervenuti il Sociologo Marcello Colopi, autore del libro, il prof. Leandro Limoccia, Università degli Studi di Napoli "Federico II", presidente del collegamento contro le camorre e coordinatore provinciale di "Libera Napoli", ed il Vescovo della Diocesi di Cerignola – Ascoli Satriano Mons. Luigi Renna.
«Marcello Colopi ha scritto questo libro in un momento in cui la cronaca riempie le pagine della stragrande maggioranza dei quotidiani locali e nazionali – spiega Natale Labia nella fase introduttiva del dibattito - un libro, però, che non si limita a parlare di criminalità ma ne approfondisce le dinamiche sociali della società cerignolana, delle realtà del disagio che dai quartieri settecenteschi si sposta nelle zone dell'edilizia popolare, create e immediatamente dopo ghettizzate, non urbanizzate. Nel libro Marcello è la penna che scrive storie di emarginazione, droga, criminalità, disagio, paura, carriere direttamente raccontate dagli attori principali di questi spaccati di vita. Marcello spiega la peculiarità della malavita cerignolana che non è verticistica, non esiste il "capo dei capi" ma è organizzata in modo orizzontale e si evince che, da un certo periodo in poi, l'ostentazione del proprio ruolo di capo non è più considerata un motivo di manifestazione ma, non volendo dare nell'occhio, è è mutata in una serie di comportamenti "normali"».
«Vent'anni fa scrissi un libro, il titolo era "Là dove spunta il sole" – racconta Marcello Colopi - Quel libro raccontava la vita di 13 ragazzi di Cerignola che vivevano situazioni di marginalità, criminalità e disagio. Dopo 20 anni, di questi 13 ragazzi, sono riuscito ad incontrarne solo 10. Due, purtroppo, sono deceduti, uno è irrintracciabile anche dall'interpol (per utilizzare le parole della mamma), tre di loro hanno trascorso gran parte di questi anni in carcere, entravano e uscivano, motivo per cui ho intitolato il capitolo che parla di loro "piccoli ergastoli", altri tre ragazzi, col passare degli anni, sono diventati vittime e carnefici dello spaccio ed assunzione di droga, di qui il pretesto per parlare di droga. Uno dei ragazzi ha fatto una potente carriera militare e criminale aprendomi questa finestra sulla criminalità organizzata di questa città. Un capitolo su cui ho lavorato tantissimo perché non mi ritrovavo tra le cose scritte sulle relazioni della DIA e i racconti che man mano mi arrivavano. Gli ultimi tre ragazzi, oggi uomini, sono usciti dal mondo della criminalità, li abbiamo chiamati "seminatori di speranza" e conducono la "vita normale delle persone normali"… per usare il loro linguaggio. Il libro si intitola "Controra" perché da noi le prime ore del pomeriggio sono quelle in cui non si esce, con loro ci rincontravamo proprio in queste ore di massima riservatezza».
«La vostra presenza e del libro di Marcello dimostrano che la camorra, la cattiva politica e la corruzione si combattono anche attraverso tutto ciò che di positivo che c'è in questo territorio senza fare sconti a nessuno e senza nascondere i problemi – ha spiegato il prof. Leandro Limoccia - Qui ci sono molti giovani e non esiste nessuna grande cultura se non ci fossero i sentimenti. Marcello con il suo libro ha avuto un approccio che non solo serve per capire il tema della società nefrogena delle mafie ma rivolge lo sguardo all'umanità e alla speranza. Nel libro c'è tanto, c'è il tema della società liquida, degli egoismi di una società dissociata dove siamo bravi a parlare però quando le parole si devono saldare con la fatica della coerenza non vanno più d'accordo. Un libro coraggioso perché affronta il tema della cura dell'attenzione verso le persone proprio in questi tempi dove prevale l'egoismo, l'individualismo sfrenato, la crudeltà del mondo, le ingiustizie. Un libro che parla del dolore, di chi ha sbagliato e deve pagare il proprio conto alla giustizia ma anche il diritto a non essere cristallizzati perché ho sbagliato, intanto perché non si sbaglia mai da soli perché ci sono i cattivi maestri, ci sono responsabilità individuali e responsabilità collettive. Questo libro mi ha posto una domanda alla quale non trovo una risposta, il dovere alla felicità. Nelle sofferenze abbiamo il dovere alla felicità? Perché è così difficile trovare la felicità? Perché l'attendiamo, da dove deve venire la felicità? Dagli aspetti esteriori, dalla qualità delle relazioni umane, dal nostro modo di considerare le cose? Io ti ringrazio perché ci hai detto che dobbiamo nutrire "l'intelligenza dei bordi", nei bordi c'è chi fa fatica, chi arranga, chi è stato espulso dal mondo del lavoro, le persone che non hanno avuto giustizia, quelle colpite dalla violenza criminale, lo mogli di coloro che sono stati uccisi dalle mafie, coloro che vivono le vecchie e le nuove povertà. Abbiamo il dovere di imparare come la giraffa con i piedi saldati sul suolo e lo sguardo orizzontale, dobbiamo avere la capacitò di guardare oltre il nostro naso e "l'intelligenza dei bordi" è la capacità di guardare le cose non nella piattezza del presente ma nello sviluppo complessivo che ci riguarda come esseri umani perché quelle storie raccontate da Marcello ci appartengono perché non siamo altri, non siamo spettatori. L'intelligenza dei bordi è l'intelligenza della rotazione delle cose che ci fa sentire uguali non per omologazione ma per turnazione di esseri umani distinti ma che passano tutti in tempi diversi».
«La nuova generazione criminale capisce due aspetti importanti, il primo è che farsi la guerra non conviene, il secondo è che facendo le affiliazioni è facile che poi la gente collabora, se viene presa fa nomi e cognomi – risponde Marcello Colopi alla domande di Natale Labia sulle nuova criminalità cerignolana - Iniziano ad organizzarsi in modo orizzontale, non ci sono dei capi ma dei leader, persone che acquisiscono capacità e competenza nel fare una azione criminale. Quelli che sono capaci di fare i blindati, quelli che sono capaci di mettere in piedi un giro di auto rubate, quelli che acquistano la cocaina per i vari clan, quelli che vendono la cocaina per i vari clan… quelli che investono. La forza dirompente di questa organizzazione è quella di trasmettere paura in due modi al vastissimo territorio regionale e nazionale, con la relazione che si detiene con gli altri gruppi criminali e con la forza. Nell'arco di questo mese per tre volte hanno assaltato portavalori sull'autostrada. Sempre nello stesso punto, tre colpi sventati per puro caso, per coincidenze ma il messaggio criminale che sta passando in tutta Italia è che comunque i portavalori continuano a farli. Gli altri clan vedono questo atteggiamento così determinato e deciso… questo fa paura. Non immaginate più quel mafioso anni 90 che sgommava con la macchina e faceva a una ruota con la moto, oggi se dovete fare il nome di un capo non lo si riesce a fare perché non abbiamo la visibilità sociale. Questo è diventato un modello per i clan di Andria, di Altamura e altri, non presidiare più un territorio ma investire nel medesimo e avere rapporti fortissimi con tutti gli altri clan».
«Marcello ci ha presentato la criminalità fecondo si che essa stessa narrasse la sua vicenda e le sue storie – ha spiegato Mons. Luigi Renna - Anche io quando ho letto il libro tutto d'un fiato mi sono commosso perché di solito leggo della mafia sui giornali, leggo i freddi report della Polizia, dei Carabinieri, leggo le relazioni della DIA, le analisi ma forse poche volte ho letto la voce delle vittime. Io credo che questo libro ci faccia riflettere su queste tre parole: grido, complessità, volto. Un libro che presenta storie difficili da interpretare perché molto complesse, eppure questo grido mi riporta alla parola di Papa Francesco il quale dice che dobbiamo ascoltare il grido dei poveri… non il lamento. Purtroppo questo grido nasconde molte complessità perché noi molto facilmente semplifichiamo e quando lo facciamo perdiamo l'idea della realtà. Noi abbiamo una complessità nella quale si fa difficoltà a dire se il ragazzo che percorre la strada del crimine sia una vittima o un carnefice… è uno e l'altro. Leggendo le storie di Marcello notiamo che dietro il disagio di questi giovani, dietro le storie di questi uomini non c'è la famiglia, non ci sono le istituzioni, c'è un abbandono scolastico precoce, non ci son le comunità parrocchiali, c'è una profonda crisi sociale, politica, cattolica e ultimamente anche giornalistica- in riferimento a quanto scritto in questi giorni dal quotidiano "Corriere della Sera" in merito alla criminalità di Cerignola dove, secondo il giornalista Andrea Galli ogni cittadino su due è pregiudicato il vescovo ha detto - Proprio in questi giorni ho preso carta e penna e ho scritto una lettera al direttore del "Corriere della Sera" e al responsabile del settore cultura. Quello che ho sottolineato è proprio questa scarsa attenzione della complessità, quando non c'è questa attenzione si entra nel rischio della fake news che non è una notizia falsa ma una notizia parziale che risponde alla volontà di catturare una certa attenzione. Ma l'altra parte della Cerignola per bene dove è? Possibile che non si tenga conto della scuola, del lavoro di dopo scuola, degli oratori, delle cooperative sociali, dell'impegno ecclesiale, dei centri di aggregazione, delle associazioni? Questa non è onestà intellettuale».
«Marcello Colopi ha scritto questo libro in un momento in cui la cronaca riempie le pagine della stragrande maggioranza dei quotidiani locali e nazionali – spiega Natale Labia nella fase introduttiva del dibattito - un libro, però, che non si limita a parlare di criminalità ma ne approfondisce le dinamiche sociali della società cerignolana, delle realtà del disagio che dai quartieri settecenteschi si sposta nelle zone dell'edilizia popolare, create e immediatamente dopo ghettizzate, non urbanizzate. Nel libro Marcello è la penna che scrive storie di emarginazione, droga, criminalità, disagio, paura, carriere direttamente raccontate dagli attori principali di questi spaccati di vita. Marcello spiega la peculiarità della malavita cerignolana che non è verticistica, non esiste il "capo dei capi" ma è organizzata in modo orizzontale e si evince che, da un certo periodo in poi, l'ostentazione del proprio ruolo di capo non è più considerata un motivo di manifestazione ma, non volendo dare nell'occhio, è è mutata in una serie di comportamenti "normali"».
«Vent'anni fa scrissi un libro, il titolo era "Là dove spunta il sole" – racconta Marcello Colopi - Quel libro raccontava la vita di 13 ragazzi di Cerignola che vivevano situazioni di marginalità, criminalità e disagio. Dopo 20 anni, di questi 13 ragazzi, sono riuscito ad incontrarne solo 10. Due, purtroppo, sono deceduti, uno è irrintracciabile anche dall'interpol (per utilizzare le parole della mamma), tre di loro hanno trascorso gran parte di questi anni in carcere, entravano e uscivano, motivo per cui ho intitolato il capitolo che parla di loro "piccoli ergastoli", altri tre ragazzi, col passare degli anni, sono diventati vittime e carnefici dello spaccio ed assunzione di droga, di qui il pretesto per parlare di droga. Uno dei ragazzi ha fatto una potente carriera militare e criminale aprendomi questa finestra sulla criminalità organizzata di questa città. Un capitolo su cui ho lavorato tantissimo perché non mi ritrovavo tra le cose scritte sulle relazioni della DIA e i racconti che man mano mi arrivavano. Gli ultimi tre ragazzi, oggi uomini, sono usciti dal mondo della criminalità, li abbiamo chiamati "seminatori di speranza" e conducono la "vita normale delle persone normali"… per usare il loro linguaggio. Il libro si intitola "Controra" perché da noi le prime ore del pomeriggio sono quelle in cui non si esce, con loro ci rincontravamo proprio in queste ore di massima riservatezza».
«La vostra presenza e del libro di Marcello dimostrano che la camorra, la cattiva politica e la corruzione si combattono anche attraverso tutto ciò che di positivo che c'è in questo territorio senza fare sconti a nessuno e senza nascondere i problemi – ha spiegato il prof. Leandro Limoccia - Qui ci sono molti giovani e non esiste nessuna grande cultura se non ci fossero i sentimenti. Marcello con il suo libro ha avuto un approccio che non solo serve per capire il tema della società nefrogena delle mafie ma rivolge lo sguardo all'umanità e alla speranza. Nel libro c'è tanto, c'è il tema della società liquida, degli egoismi di una società dissociata dove siamo bravi a parlare però quando le parole si devono saldare con la fatica della coerenza non vanno più d'accordo. Un libro coraggioso perché affronta il tema della cura dell'attenzione verso le persone proprio in questi tempi dove prevale l'egoismo, l'individualismo sfrenato, la crudeltà del mondo, le ingiustizie. Un libro che parla del dolore, di chi ha sbagliato e deve pagare il proprio conto alla giustizia ma anche il diritto a non essere cristallizzati perché ho sbagliato, intanto perché non si sbaglia mai da soli perché ci sono i cattivi maestri, ci sono responsabilità individuali e responsabilità collettive. Questo libro mi ha posto una domanda alla quale non trovo una risposta, il dovere alla felicità. Nelle sofferenze abbiamo il dovere alla felicità? Perché è così difficile trovare la felicità? Perché l'attendiamo, da dove deve venire la felicità? Dagli aspetti esteriori, dalla qualità delle relazioni umane, dal nostro modo di considerare le cose? Io ti ringrazio perché ci hai detto che dobbiamo nutrire "l'intelligenza dei bordi", nei bordi c'è chi fa fatica, chi arranga, chi è stato espulso dal mondo del lavoro, le persone che non hanno avuto giustizia, quelle colpite dalla violenza criminale, lo mogli di coloro che sono stati uccisi dalle mafie, coloro che vivono le vecchie e le nuove povertà. Abbiamo il dovere di imparare come la giraffa con i piedi saldati sul suolo e lo sguardo orizzontale, dobbiamo avere la capacitò di guardare oltre il nostro naso e "l'intelligenza dei bordi" è la capacità di guardare le cose non nella piattezza del presente ma nello sviluppo complessivo che ci riguarda come esseri umani perché quelle storie raccontate da Marcello ci appartengono perché non siamo altri, non siamo spettatori. L'intelligenza dei bordi è l'intelligenza della rotazione delle cose che ci fa sentire uguali non per omologazione ma per turnazione di esseri umani distinti ma che passano tutti in tempi diversi».
«La nuova generazione criminale capisce due aspetti importanti, il primo è che farsi la guerra non conviene, il secondo è che facendo le affiliazioni è facile che poi la gente collabora, se viene presa fa nomi e cognomi – risponde Marcello Colopi alla domande di Natale Labia sulle nuova criminalità cerignolana - Iniziano ad organizzarsi in modo orizzontale, non ci sono dei capi ma dei leader, persone che acquisiscono capacità e competenza nel fare una azione criminale. Quelli che sono capaci di fare i blindati, quelli che sono capaci di mettere in piedi un giro di auto rubate, quelli che acquistano la cocaina per i vari clan, quelli che vendono la cocaina per i vari clan… quelli che investono. La forza dirompente di questa organizzazione è quella di trasmettere paura in due modi al vastissimo territorio regionale e nazionale, con la relazione che si detiene con gli altri gruppi criminali e con la forza. Nell'arco di questo mese per tre volte hanno assaltato portavalori sull'autostrada. Sempre nello stesso punto, tre colpi sventati per puro caso, per coincidenze ma il messaggio criminale che sta passando in tutta Italia è che comunque i portavalori continuano a farli. Gli altri clan vedono questo atteggiamento così determinato e deciso… questo fa paura. Non immaginate più quel mafioso anni 90 che sgommava con la macchina e faceva a una ruota con la moto, oggi se dovete fare il nome di un capo non lo si riesce a fare perché non abbiamo la visibilità sociale. Questo è diventato un modello per i clan di Andria, di Altamura e altri, non presidiare più un territorio ma investire nel medesimo e avere rapporti fortissimi con tutti gli altri clan».
«Marcello ci ha presentato la criminalità fecondo si che essa stessa narrasse la sua vicenda e le sue storie – ha spiegato Mons. Luigi Renna - Anche io quando ho letto il libro tutto d'un fiato mi sono commosso perché di solito leggo della mafia sui giornali, leggo i freddi report della Polizia, dei Carabinieri, leggo le relazioni della DIA, le analisi ma forse poche volte ho letto la voce delle vittime. Io credo che questo libro ci faccia riflettere su queste tre parole: grido, complessità, volto. Un libro che presenta storie difficili da interpretare perché molto complesse, eppure questo grido mi riporta alla parola di Papa Francesco il quale dice che dobbiamo ascoltare il grido dei poveri… non il lamento. Purtroppo questo grido nasconde molte complessità perché noi molto facilmente semplifichiamo e quando lo facciamo perdiamo l'idea della realtà. Noi abbiamo una complessità nella quale si fa difficoltà a dire se il ragazzo che percorre la strada del crimine sia una vittima o un carnefice… è uno e l'altro. Leggendo le storie di Marcello notiamo che dietro il disagio di questi giovani, dietro le storie di questi uomini non c'è la famiglia, non ci sono le istituzioni, c'è un abbandono scolastico precoce, non ci son le comunità parrocchiali, c'è una profonda crisi sociale, politica, cattolica e ultimamente anche giornalistica- in riferimento a quanto scritto in questi giorni dal quotidiano "Corriere della Sera" in merito alla criminalità di Cerignola dove, secondo il giornalista Andrea Galli ogni cittadino su due è pregiudicato il vescovo ha detto - Proprio in questi giorni ho preso carta e penna e ho scritto una lettera al direttore del "Corriere della Sera" e al responsabile del settore cultura. Quello che ho sottolineato è proprio questa scarsa attenzione della complessità, quando non c'è questa attenzione si entra nel rischio della fake news che non è una notizia falsa ma una notizia parziale che risponde alla volontà di catturare una certa attenzione. Ma l'altra parte della Cerignola per bene dove è? Possibile che non si tenga conto della scuola, del lavoro di dopo scuola, degli oratori, delle cooperative sociali, dell'impegno ecclesiale, dei centri di aggregazione, delle associazioni? Questa non è onestà intellettuale».