Confronto come ring, non come dibattito
Patrizia Dimmito: “L’unico confronto che accettiamo è quello del voto”
Cerignola - mercoledì 29 settembre 2021
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Quando il linguaggio politico brutale s'infiltra nel dibattito politico è una minaccia per la sopravvivenza della democrazia.
Dove va la comunicazione politica oggi?
Il "confronto" centra in pieno il primo degli obiettivi cardine di una comunicazione politica moderna o invece nasconde un vero e proprio agguato e ha lo scopo di provocare e, dunque, suscitare una reazione?
Non è un confronto sereno ma solo un'altra occasione per nascondere l'incapacità politica degli avversari di Metta con il programma monotematico condiviso dagli altri candidati.
È un ring non un dibattito.
L'unico confronto che accettiamo è quello del voto. Non osate chiamarla informazione. Questa è la riprova di come l'informazione sia asservita al potere.
Per decine, centinaia di anni, giornalisti, scrittori, artisti hanno insistito sulla necessità di controllare il potere per obbligarlo a non mentire e a chiamare le cose con il loro nome, rifuggendo dal politicamente corretto che, infine, è uscito di scena, non come conseguenza della trasparenza e della sincerità dei leader, ma a causa del loro uso del linguaggio emotivo per galvanizzare la volontà degli elettori. Quindi dal linguaggio politicamente corretto, pieno di eufemismi e ambiguità, siamo passati alla brutalità più assoluta. Il rischio è che la violenza verbale si traduca in violenza fisica e che la fiducia dei cittadini nel sistema democratico continui a deteriorarsi.
Come si può credere che un invito dal titolo "mezzogiorno di fuoco" non sia in realtà un agguato alla democrazia?
Dove va la comunicazione politica oggi?
Il "confronto" centra in pieno il primo degli obiettivi cardine di una comunicazione politica moderna o invece nasconde un vero e proprio agguato e ha lo scopo di provocare e, dunque, suscitare una reazione?
Non è un confronto sereno ma solo un'altra occasione per nascondere l'incapacità politica degli avversari di Metta con il programma monotematico condiviso dagli altri candidati.
È un ring non un dibattito.
L'unico confronto che accettiamo è quello del voto. Non osate chiamarla informazione. Questa è la riprova di come l'informazione sia asservita al potere.
Per decine, centinaia di anni, giornalisti, scrittori, artisti hanno insistito sulla necessità di controllare il potere per obbligarlo a non mentire e a chiamare le cose con il loro nome, rifuggendo dal politicamente corretto che, infine, è uscito di scena, non come conseguenza della trasparenza e della sincerità dei leader, ma a causa del loro uso del linguaggio emotivo per galvanizzare la volontà degli elettori. Quindi dal linguaggio politicamente corretto, pieno di eufemismi e ambiguità, siamo passati alla brutalità più assoluta. Il rischio è che la violenza verbale si traduca in violenza fisica e che la fiducia dei cittadini nel sistema democratico continui a deteriorarsi.
Come si può credere che un invito dal titolo "mezzogiorno di fuoco" non sia in realtà un agguato alla democrazia?