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Territorio

Cia Puglia: “Prodotti bruciati e animali assetati, caldo e siccità mettono ko l’agricoltura”

Carrabba: “Eliminare le sanzioni previste per l’emungimento di acque sotterranee”

I due mesi più caldi e siccitosi degli ultimi 50 anni stanno riducendo alla sete l'agricoltura pugliese. Le aziende zootecniche e quelle agricole, per tutelare la buona salute degli animali e non far bruciare le colture, si stanno accollando spese suppletive per l'approvvigionamento idrico. "Di fronte a una situazione di drastica emergenza, crediamo siano necessarie misure altrettanto straordinarie", ha dichiarato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia. "Come abbiamo già proposto al presidente Michele Emiliano e all'assessore regionale all'agricoltura Donato Pentassuglia, riteniamo debbano essere eliminate fino a data da destinarsi le sanzioni previste per l'emungimento di acque sotterranee. Si tratterebbe di un provvedimento necessariamente temporaneo, ma urgente". Il caldo torrido mette a repentaglio le coltivazioni ma a soffrire molto sono anche gli animali nelle masserie dove mucche, bufale e capre ad esempio, stanno producendo molto meno latte. Le alte temperature stanno moltiplicando i consumi idrici e conseguentemente i costi d'impresa. Nelle stalle, gli abbeveratoi lavorano a pieno ritmo perché ogni singolo animale arriva a bere il doppio dei litri di acqua rispetto ai periodi più freschi.

In funzione anche ventilatori e doccette refrigeranti per aiutare a sopportare meglio la calura ma ciò rappresenta un aumento dei costi per i maggiori consumi di energia e di acqua che gli allevatori devono sostenere per aiutare gli animali a resistere alle alte temperature.

Con le temperature superiori ai 35 gradi, l'afa e la prolungata mancanza di pioggia stanno seccando la terra, scottando la frutta e la verdura nei campi.

Nelle campagne gli agricoltori sono costretti a ricorrere all'irrigazione di soccorso per salvare le coltivazioni. Una situazione insostenibile non solo a causa della siccità, ma anche dall'accumularsi di ingenti danni che hanno colpito tutto il comparto primario a partire da aprile, con le gelate.
In ogni singola provincia della Puglia, si moltiplicano le segnalazioni di disagi crescenti per aziende ormai allo stremo dal nord all'estremo sud della regione.
La siccità, gli incendi e gli altri eventi estremi verificatisi negli ultimi mesi non hanno risparmiato alcun territorio e nessuna coltura: dagli agrumi del Tarantino alle ciliegie nel Barese, dai pomodori nel Foggiano ai frutteti e ai prodotti orticoli della Bat, senza dimenticare i roghi devastanti che hanno incenerito campi, piante e colture nel Salento, mentre la siccità e il susseguirsi di eventi calamitosi non hanno risparmiato nemmeno il Brindisino. Nella provincia di Bari le coltivazioni olivicole stanno soffrendo molto: molte mignole sono state bruciate dalla calura, le olive non crescono e le foglie sono avvizzite Anche la raccolta delle angurie, attualmente pagate ai produttori la miseria di 5 centesimi al chilogrammo, ne sta risentendo, con il prodotto che rischia di implodere nei campi. "La mancanza di acqua sta provocando un forte abbattimento del reddito delle imprese agricole e un'elevata perdita di economia indotta. Si registra, infatti, una drastica diminuzione delle giornate lavorative, ma anche una decisa contrazione della spesa a monte e a valle del settore primario", ha dichiarato Felice Ardito, presidente di CIA Levante.

"I depuratori devono funzionare meglio e a pieno regime", ha spiegato Pietro De Padova, presidente di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi), "in modo da recuperare preziose risorse irrigue per tutto il comparto". "Il Salento soffre due volte gli effetti di questa desertificazione", ha aggiunto Benedetto Accogli, presidente di CIA Salento, "perché il nostro paesaggio è stato già inaridito dalla Xylella". Nel Foggiano, infine, tiene banco la crisi del pomodoro: "Il caldo infernale di queste settimane sta caratterizzando una campagna del pomodoro con quantità inferiori rispetto a quelle dello scorso anno", ha dichiarato Michele Ferrandino, presidente di CIA Capitanata.
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