Charlie, sulla morte non si scherza, dovreste saperlo
Il giornale satirico francese ironizza sul sangue versato nel sisma del Centro Italia. Solo un anno fa il mondo si schierava dalla sua parte per i tragici fatti di Parigi
Cerignola - venerdì 2 settembre 2016
23.02
Sul sangue non si scherza. Il sangue ha un solo colore, il rosso, non ha distinzioni di razza, nazionalità, appartenenza politica o altro. Il sangue è rosso, per tutti. Spesso si additano gli ultras delle squadre di calcio di essere il fondo della società, e io non sono d'accordo, io che conosco molti di questi ragazzi che fanno del loro stile di vita una religione. Eppure nella loro mentalità di fronte alla morte c'è il rispetto, anche se un secondo prima c'era l'odio calcistico che prevaleva. Il rispetto. Parola che ha valenza, per molti, soltanto quando lo si reclama. Ma la relazione, nel rispetto, deve essere bilaterale. Sulla Terra non c'è chi ne merita più e chi meno.
Ecco, allora, che stride in modo assordante quel disegno che si nasconde dietro la satira, che è ben diversa - è giusto dirlo. Un disegno tanto orribile quanto inutile, perché se è vero che la satira dovrebbe portare a sorridere e riflettere, per sdrammatizzare su un problema, principalmente politico, tentandone la via del cambiamento, è altrettanto vero che sulla morte non si scherza, neanche per farci una riflessione seria, ai posteri. Non si scherza sul sangue di 300 persone e sulle lacrime di altre migliaia e su quelle di una nazione intera. Li ci vuole rispetto. Soprattutto se qualche mese fa qualcuno, nei confronti di qualcun altro, ha mancato di rispetto pensando di poter decidere sulla vita altrui, entrando in una redazione di un giornale satirico e sparando all'impazzata sulle persone spargendo sangue innocente. In nome di un Dio che dovrebbe, invece, essere portatore d'amore. In quel caso il mondo intero dimostrò il proprio rispetto nei confronti di una redazione, un popolo, una nazione, additando i colpevoli di tale scempio. Sangue innocente versato per giustificare l'ira religiosa di alcuni facinorosi estremisti. Tutti ebbero rispetto, tutti pregarono, tutti sostennero la causa del "je suis". Oggi, la cosa, non è stata ricambiata, anzi, qualcuno si preoccupa piuttosto di deridere il sangue versato in una notte tragica, dimenticando la solidarietà precedentemente ricevuta. Soltanto per vendere qualche copia in più.
Shakespeare sosteneva che "nessun viaggiatore mai è tornato da questo paese sconosciuto che è la morte". Ebbene oggi siamo tutti in viaggio, è giusto farsene una ragione. Ma adesso sappiamo benissimo per chi piangere e per chi no.
Ecco, allora, che stride in modo assordante quel disegno che si nasconde dietro la satira, che è ben diversa - è giusto dirlo. Un disegno tanto orribile quanto inutile, perché se è vero che la satira dovrebbe portare a sorridere e riflettere, per sdrammatizzare su un problema, principalmente politico, tentandone la via del cambiamento, è altrettanto vero che sulla morte non si scherza, neanche per farci una riflessione seria, ai posteri. Non si scherza sul sangue di 300 persone e sulle lacrime di altre migliaia e su quelle di una nazione intera. Li ci vuole rispetto. Soprattutto se qualche mese fa qualcuno, nei confronti di qualcun altro, ha mancato di rispetto pensando di poter decidere sulla vita altrui, entrando in una redazione di un giornale satirico e sparando all'impazzata sulle persone spargendo sangue innocente. In nome di un Dio che dovrebbe, invece, essere portatore d'amore. In quel caso il mondo intero dimostrò il proprio rispetto nei confronti di una redazione, un popolo, una nazione, additando i colpevoli di tale scempio. Sangue innocente versato per giustificare l'ira religiosa di alcuni facinorosi estremisti. Tutti ebbero rispetto, tutti pregarono, tutti sostennero la causa del "je suis". Oggi, la cosa, non è stata ricambiata, anzi, qualcuno si preoccupa piuttosto di deridere il sangue versato in una notte tragica, dimenticando la solidarietà precedentemente ricevuta. Soltanto per vendere qualche copia in più.
Shakespeare sosteneva che "nessun viaggiatore mai è tornato da questo paese sconosciuto che è la morte". Ebbene oggi siamo tutti in viaggio, è giusto farsene una ragione. Ma adesso sappiamo benissimo per chi piangere e per chi no.