Cerignola e i braccianti martiri
L’eccidio del 16 maggio 1904 a Cerignola.
Cerignola - lunedì 23 aprile 2018
17.54 Comunicato Stampa
La ricerca storica, supplendo alla perdita della memoria collettiva, propone una pagina di lotte contadine, fornendo i nomi dei braccianti morti in seguito all'eccidio del 16 maggio 1904 a Cerignola. Questa cittadina fu teatro di uno dei primi scioperi generali promosso dalla Lega contadina, che ebbe notevoli riflessi nel Parlamento nazionale e nel dibattito politico. Un clima questo fortemente contrassegnato nei primi anni del Novecento dalla lotta di classe per le difficili condizioni di vita, protagonisti da una parte i socialisti appoggiati dalla Lega contadina e dalla Camera del Lavoro, e dall'altra il blocco liberal-massonico.
In questa situazione i contadini lamentavano che i proprietari non rispettavano le tariffe dei salari concordate nel 1902, e per questo chiedevano di ridiscuterle con il sindaco e con i proprietari stessi. Non essendo stati ascoltati, i braccianti impedivano la ripresa del lavoro, occupando le "barriere daziarie". Il dazio era una somma dovuta al Comune per l'entrata o l'uscita di merce dal suo territorio.
Gli scioperanti chiedevano che la giornata fosse ridotta a otto ore e che si impedisse ai proprietari terrieri di Cerignola d'impiegare operai di altri Comuni. I proprietari, infatti, ricorrevano all'opera di contadini forestieri, che si contentavano di una remunerazione più bassa e lavoravano per un maggior numero di ore giornaliere. L'arrivo di braccianti dal barese sconvolgeva il mercato del lavoro e rendeva impossibili le conquiste sindacali.
"Rivoluzione" era la nuova parola d'ordine che accendeva speranze messianiche tra i contadini. I disordini sfociarono in una vera rivolta, che fu repressa dalla forza pubblica. In seguito al lancio di sassi da parte dei contadini contro funzionari e soldati, "il tenente Rusconi, al quale nel tumulto parve di udire fischiare intorno a sè qualche palla, e che, vedendo cadere il delegato, potette pel momento credere che egli fosse stato ferito da qualche colpo di revolver, ordinò ai suoi soldati il fuoco, mentre già una guardia di pubblica sicurezza aveva cominciato a sparare contro la massa dei contadini colpi di rivoltella" («La Tribuna», 25 maggio 1904).
Questo avvenne sul Piano delle fosse granarie, all'altezza della casa daziaria posta su via Melfi.
Nel corso degli scontri nessun militare rimase ferito. Nessuna arma fu sequestrata ai contadini. I soldati, d'altra parte, spararono "22 colpi di moschetto a mitraglia, e non si sa con precisione quanti di rivoltella da parte della polizia". Tra gli scioperanti ci furono molti feriti e cinque morti, dei quali ricordiamo i nomi. Innanzi tutto il ragazzo Ambrogio Morra (Cerignola 19.4.1890 - 16.5.1904), amico e compagno di lavoro di Giuseppe Di Vittorio (Cerignola 1892 - Lecco 1957), che lo vide morire accanto a sè. Questo evento spinse Di Vittorio a battersi per la difesa dei lavoratori attraverso il movimento sindacale, divenendo segretario generale della Confederazione generale del lavoro e presidente della Federazione sindacale mondiale. Morirono inoltre i braccianti Pasquale Perrone (Cerignola 16.4.1858 - 16.5.1904), Vincenzo Vescignolo (morto il 16.5.1904), e dopo alcuni giorni due braccianti feriti durante lo scontro: Francesco Rossignuoli (Cerignola 28.1.1878 - 18.5.1904) e Vincenzo Rago (Cerignola 4.9.1864 - 23.5.1904). Gli scioperanti erano stati seimila e i feriti circa 40.
L'avvenimento fu ricordato e illustrato da testate giornalistiche, tra le quali il popolare settimanale «La Domenica del Corriere» del 29 maggio 1904, con un disegno in prima pagina di Achille Beltrame, I gravi disordini di Cerignola (Foggia): La Cavalleria disperde i contadini rivoltosi.
Questa dolorosa pagina di storia locale merita di essere commemorata dal Comune di Cerignola con la collocazione di un monumento sul Piano delle Fosse, con i nomi dei cinque caduti.
Mi piace concludere con un pensiero del professor Umberto Eco: "Una cultura si costruisce attraverso il ricordo, ma anche attraverso la selezione dei ricordi".
Angelo Disanto
Storico e antropologo
In questa situazione i contadini lamentavano che i proprietari non rispettavano le tariffe dei salari concordate nel 1902, e per questo chiedevano di ridiscuterle con il sindaco e con i proprietari stessi. Non essendo stati ascoltati, i braccianti impedivano la ripresa del lavoro, occupando le "barriere daziarie". Il dazio era una somma dovuta al Comune per l'entrata o l'uscita di merce dal suo territorio.
Gli scioperanti chiedevano che la giornata fosse ridotta a otto ore e che si impedisse ai proprietari terrieri di Cerignola d'impiegare operai di altri Comuni. I proprietari, infatti, ricorrevano all'opera di contadini forestieri, che si contentavano di una remunerazione più bassa e lavoravano per un maggior numero di ore giornaliere. L'arrivo di braccianti dal barese sconvolgeva il mercato del lavoro e rendeva impossibili le conquiste sindacali.
"Rivoluzione" era la nuova parola d'ordine che accendeva speranze messianiche tra i contadini. I disordini sfociarono in una vera rivolta, che fu repressa dalla forza pubblica. In seguito al lancio di sassi da parte dei contadini contro funzionari e soldati, "il tenente Rusconi, al quale nel tumulto parve di udire fischiare intorno a sè qualche palla, e che, vedendo cadere il delegato, potette pel momento credere che egli fosse stato ferito da qualche colpo di revolver, ordinò ai suoi soldati il fuoco, mentre già una guardia di pubblica sicurezza aveva cominciato a sparare contro la massa dei contadini colpi di rivoltella" («La Tribuna», 25 maggio 1904).
Questo avvenne sul Piano delle fosse granarie, all'altezza della casa daziaria posta su via Melfi.
Nel corso degli scontri nessun militare rimase ferito. Nessuna arma fu sequestrata ai contadini. I soldati, d'altra parte, spararono "22 colpi di moschetto a mitraglia, e non si sa con precisione quanti di rivoltella da parte della polizia". Tra gli scioperanti ci furono molti feriti e cinque morti, dei quali ricordiamo i nomi. Innanzi tutto il ragazzo Ambrogio Morra (Cerignola 19.4.1890 - 16.5.1904), amico e compagno di lavoro di Giuseppe Di Vittorio (Cerignola 1892 - Lecco 1957), che lo vide morire accanto a sè. Questo evento spinse Di Vittorio a battersi per la difesa dei lavoratori attraverso il movimento sindacale, divenendo segretario generale della Confederazione generale del lavoro e presidente della Federazione sindacale mondiale. Morirono inoltre i braccianti Pasquale Perrone (Cerignola 16.4.1858 - 16.5.1904), Vincenzo Vescignolo (morto il 16.5.1904), e dopo alcuni giorni due braccianti feriti durante lo scontro: Francesco Rossignuoli (Cerignola 28.1.1878 - 18.5.1904) e Vincenzo Rago (Cerignola 4.9.1864 - 23.5.1904). Gli scioperanti erano stati seimila e i feriti circa 40.
L'avvenimento fu ricordato e illustrato da testate giornalistiche, tra le quali il popolare settimanale «La Domenica del Corriere» del 29 maggio 1904, con un disegno in prima pagina di Achille Beltrame, I gravi disordini di Cerignola (Foggia): La Cavalleria disperde i contadini rivoltosi.
Questa dolorosa pagina di storia locale merita di essere commemorata dal Comune di Cerignola con la collocazione di un monumento sul Piano delle Fosse, con i nomi dei cinque caduti.
Mi piace concludere con un pensiero del professor Umberto Eco: "Una cultura si costruisce attraverso il ricordo, ma anche attraverso la selezione dei ricordi".
Angelo Disanto
Storico e antropologo