Territorio
Cerignola deserta, il dramma dei pizzaioli, baristi e ristoratori della Città
Le dichiarazioni di titolari di pubblici esercizi di Cerignola: “Il DPCM è una pistola puntata alla nostra tempia. Prima ci hanno fatto investire, poi il blocco, da quella pistola è partito il colpo”
Cerignola - mercoledì 28 ottobre 2020
13.00
Strade deserte, piazze completamente vuote, insegne spente, bar chiusi, il pieno centro della città completamente deserto, è Cerignola alle ore 20:45 di martedì 27 ottobre.
Prima un'Ordinanza dei Commissari Straordinari, pubblicata il 22 ottobre e in vigore fino al prossimo 13 novembre, ha disposto il divieto di stazionamento, dalle ore 21:00 e fino alle ore 05:00 del giorno successivo, in Piazza Matteotti, in Viale Roosevelt, in Piazza della Repubblica, in Piazza Barbaro (Mezzaluna), in Villa Comunale, fatta salva la possibilità di attraversamento per l'accesso e deflusso agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private, poi il DPCM del 26 ottobre che ha "consentito" l'attività dei servizi di ristorazione fino alle ore 18:00 dando la possibilità di consegna a domicilio e asporto fino alle ore 24:00.
Un decreto che ha letteralmente tagliato le gambe a pizzerie, ristoranti e bar che dalle ore 18:00 alle ore 24:00 potranno solo effettuare l'asporto o la consegna a domicilio… in una città completamente vuota!
«Siamo letteralmente disperati – comunica il titolare di una pizzeria contattato dalla nostra redazione – il DPCM del 26 ottobre ha paragonato la nostra attività a quella della grande città. Nei grandi centri, dove si fa la pausa pranzo, le pizzerie lavorano anche a pranzo. A Cerignola è impensabile aprire a pranzo, il nostro lavoro è prettamente serale e la chiusura alle ore 18:00 per noi vuol dire non apertura. La mia pizzeria ha sempre lavorato con posti a sedere, oggi sono costretto a non aprire la mia attività e, cosa che mi fa star male, lasciare a casa senza lavoro tutto il personale che, purtroppo, è ancora in attesa di parte delle somme della cassa integrazione relativa ai mesi di marzo, aprile e maggio. Siamo letteralmente scoraggiati, non ce la faremo!»
«Da anni lavoriamo solo ed esclusivamente sull'asporto - comunica il titolare di una rosticceria contattato dalla nostra redazione - Prepariamo tranci, pizze, focacce, panzerotti e fritture varie. La nostra clientela è molto giovanile. I nostri clienti acquistano e mangiano per strada, in macchina, a casa ma, purtroppo, in questi giorni non circola nessuno per strada, non ci sono giovani, ragazzi, coppiette. È tutto deserto e noi stiamo a guardare la luna. In una sola serata abbiamo venduto 8 panzerotti, 6 pizze, qualche trancio e qualche vaschetta di patatine. Andare avanti in questo modo non vale la pena, tenteremo ancora per qualche serata ma se lo condizioni dovessero essere le stesse saremo costretti a chiudere. Il DPCM che prevede dalle ore 18:00 solo l'asporto è letteralmente una presa in giro».
«Tenere aperta una pizzeria di modeste dimensioni, come la mia, vuol dire spendere 300 euro nel momento in cui si alza la saracinesca dell'attività – dichiara alla nostra redazione il titolare di una pizzeria - Occorre la presenza di minimo tre persone, accensione del forno e tutti i frigo, accantonare le somme utili per pagare il fitto del locale. Per poter stare nei costi occorre che io venda almeno 60 pizze senza guadagnarci niente. Con il deserto nella città, con la gente in casa che di certo non ordina la pizza quando mai venderò almeno 60 pizze? Anche i giovani che solitamente acquistano la pizza per degustarla in macchina non la prendono perché in auto occorre stare con la mascherina. Ditemi voi se questo non è un modo per decretare la nostra morte».
Situazione tragica quella dei ristoratori che potranno accogliere clienti solo a pranzo, 4 per tavolo, e dovranno lavorare solo ed esclusivamente con l'asporto nelle ore serali.
«Credo che questa classe politica non sappia cosa voglia dire gestione di una attività ristorativa – ci spiega la titolare di un ristorante di Cerignola - In media ogni attività ristorativa, in particolar modo nel meridione, fattura il 30% a pranzo ed il 70% a cena. Sicuramente ci sono stati periodi in cui avevamo il pienone sia a pranzo che a cena ma quei tempi, purtroppo, sono ormai remoti. Il DPCM che prevede la chiusura alle ore 18:00 è una pistola puntata alla nostra tempia. Qualcuno potrebbe credere che ci resta quel 30% a pranzo ma non è così. I clienti vengono a pranzare quando gira moneta, quando le condizioni economiche lo permettono e questi tempi caratterizzati da restrizioni e chiusure non lo permetteranno di certo. Se non lavora il bar non lavora neanche chi fa le forniture, se non lavora la pizzeria non lavorano neanche la aziende collegate a quel settore, se la gente non esce perché impaurita o perché rispetta le ordinanze non lavorano neanche i negozi che vendono abbigliamento, calzature, intimo. Sono esempi per lasciar capire quanto sia tragica la nostra situazione ma, nel contempo, la situazione di tutti.
Ci hanno chiesto investimenti per adeguare alle normative le nostre attività, ci hanno chiesto massima attenzione, contingentamento, sanificazioni, mascherine, percorsi. Noi abbiamo eseguito alla perfezione ogni disposizione e abbiamo investito denaro per continuare a lavorare. Adesso il nuovo blocco… da quella pistola puntata alla tempia è partito il colpo.
Metteremo in cassa integrazione i nostri dipendenti, ad eccezione di quelli assunti da poco visto che a loro non spetta questo diritto, ci faremo in quattro per tirare avanti questo mese ma, sinceramente, stiamo perdendo ogni speranza. Resta fermo un principio, l'apertura della saracinesca del nostro ristorante, anche per il solo pranzo, ci costa 1000 euro al giorno tra dipendenti, fitto locali, materia prima, consumi, tasse, pulizia e sanificazioni».
Prima un'Ordinanza dei Commissari Straordinari, pubblicata il 22 ottobre e in vigore fino al prossimo 13 novembre, ha disposto il divieto di stazionamento, dalle ore 21:00 e fino alle ore 05:00 del giorno successivo, in Piazza Matteotti, in Viale Roosevelt, in Piazza della Repubblica, in Piazza Barbaro (Mezzaluna), in Villa Comunale, fatta salva la possibilità di attraversamento per l'accesso e deflusso agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private, poi il DPCM del 26 ottobre che ha "consentito" l'attività dei servizi di ristorazione fino alle ore 18:00 dando la possibilità di consegna a domicilio e asporto fino alle ore 24:00.
Un decreto che ha letteralmente tagliato le gambe a pizzerie, ristoranti e bar che dalle ore 18:00 alle ore 24:00 potranno solo effettuare l'asporto o la consegna a domicilio… in una città completamente vuota!
«Siamo letteralmente disperati – comunica il titolare di una pizzeria contattato dalla nostra redazione – il DPCM del 26 ottobre ha paragonato la nostra attività a quella della grande città. Nei grandi centri, dove si fa la pausa pranzo, le pizzerie lavorano anche a pranzo. A Cerignola è impensabile aprire a pranzo, il nostro lavoro è prettamente serale e la chiusura alle ore 18:00 per noi vuol dire non apertura. La mia pizzeria ha sempre lavorato con posti a sedere, oggi sono costretto a non aprire la mia attività e, cosa che mi fa star male, lasciare a casa senza lavoro tutto il personale che, purtroppo, è ancora in attesa di parte delle somme della cassa integrazione relativa ai mesi di marzo, aprile e maggio. Siamo letteralmente scoraggiati, non ce la faremo!»
«Da anni lavoriamo solo ed esclusivamente sull'asporto - comunica il titolare di una rosticceria contattato dalla nostra redazione - Prepariamo tranci, pizze, focacce, panzerotti e fritture varie. La nostra clientela è molto giovanile. I nostri clienti acquistano e mangiano per strada, in macchina, a casa ma, purtroppo, in questi giorni non circola nessuno per strada, non ci sono giovani, ragazzi, coppiette. È tutto deserto e noi stiamo a guardare la luna. In una sola serata abbiamo venduto 8 panzerotti, 6 pizze, qualche trancio e qualche vaschetta di patatine. Andare avanti in questo modo non vale la pena, tenteremo ancora per qualche serata ma se lo condizioni dovessero essere le stesse saremo costretti a chiudere. Il DPCM che prevede dalle ore 18:00 solo l'asporto è letteralmente una presa in giro».
«Tenere aperta una pizzeria di modeste dimensioni, come la mia, vuol dire spendere 300 euro nel momento in cui si alza la saracinesca dell'attività – dichiara alla nostra redazione il titolare di una pizzeria - Occorre la presenza di minimo tre persone, accensione del forno e tutti i frigo, accantonare le somme utili per pagare il fitto del locale. Per poter stare nei costi occorre che io venda almeno 60 pizze senza guadagnarci niente. Con il deserto nella città, con la gente in casa che di certo non ordina la pizza quando mai venderò almeno 60 pizze? Anche i giovani che solitamente acquistano la pizza per degustarla in macchina non la prendono perché in auto occorre stare con la mascherina. Ditemi voi se questo non è un modo per decretare la nostra morte».
Situazione tragica quella dei ristoratori che potranno accogliere clienti solo a pranzo, 4 per tavolo, e dovranno lavorare solo ed esclusivamente con l'asporto nelle ore serali.
«Credo che questa classe politica non sappia cosa voglia dire gestione di una attività ristorativa – ci spiega la titolare di un ristorante di Cerignola - In media ogni attività ristorativa, in particolar modo nel meridione, fattura il 30% a pranzo ed il 70% a cena. Sicuramente ci sono stati periodi in cui avevamo il pienone sia a pranzo che a cena ma quei tempi, purtroppo, sono ormai remoti. Il DPCM che prevede la chiusura alle ore 18:00 è una pistola puntata alla nostra tempia. Qualcuno potrebbe credere che ci resta quel 30% a pranzo ma non è così. I clienti vengono a pranzare quando gira moneta, quando le condizioni economiche lo permettono e questi tempi caratterizzati da restrizioni e chiusure non lo permetteranno di certo. Se non lavora il bar non lavora neanche chi fa le forniture, se non lavora la pizzeria non lavorano neanche la aziende collegate a quel settore, se la gente non esce perché impaurita o perché rispetta le ordinanze non lavorano neanche i negozi che vendono abbigliamento, calzature, intimo. Sono esempi per lasciar capire quanto sia tragica la nostra situazione ma, nel contempo, la situazione di tutti.
Ci hanno chiesto investimenti per adeguare alle normative le nostre attività, ci hanno chiesto massima attenzione, contingentamento, sanificazioni, mascherine, percorsi. Noi abbiamo eseguito alla perfezione ogni disposizione e abbiamo investito denaro per continuare a lavorare. Adesso il nuovo blocco… da quella pistola puntata alla tempia è partito il colpo.
Metteremo in cassa integrazione i nostri dipendenti, ad eccezione di quelli assunti da poco visto che a loro non spetta questo diritto, ci faremo in quattro per tirare avanti questo mese ma, sinceramente, stiamo perdendo ogni speranza. Resta fermo un principio, l'apertura della saracinesca del nostro ristorante, anche per il solo pranzo, ci costa 1000 euro al giorno tra dipendenti, fitto locali, materia prima, consumi, tasse, pulizia e sanificazioni».