Territorio
AFFARE XYLELLA: Il Ministro Martina a Montecitorio difese il workshop dello IAM del 2010
Ciò che oggi denuncia la Procura di Lecce fu già portato in Parlamento la scorsa primavera
Puglia - domenica 20 dicembre 2015
10.20
Uno dei due aspetti su cui si è concentrata la Procura di Lecce sull'indagine Xylella era già approdato in Parlamento nella scorsa primavera. Riguardo il trasporto del patogeno in Italia in occasione del workshop sulla Xylella fastidiosa svoltosi presso lo Iam di Valenzano nell'ottobre 2010 per i magistrati Mignone e Licci, infatti, sarebbero emerse "gravi irregolarità nella documentazione di accompagnamento del materiale" con l'introduzione "di un elemento da quarantena in violazione della normativa di settore". Secondo quanto accertato, lo Iam specificò al Servizio Fitosanitario Nazionale ed all'Osservatorio Fitosanitario Regionale il materiale infetto da importare, indicando però materiali del tutto differenti rispetto a quelli per i quali era stata chiesta l'autorizzazione. Per giunta, due vasi sarebbero stati privi del necessario "Passaporto delle piante". Una vicenda già finita al centro del question time tenuto a Montecitorio dal deputato Giuseppe L'Abbate (capogruppo M5S Commissione Agricoltura Camera) ad aprile 2015 e che chiedeva chiarezza e trasparenza al ministro Maurizio Martina.
"Dai documenti rilasciati dall'osservatorio fitosanitario regionale della Puglia si faceva riferimento a quattro ceppi di Xylella fastidiosa importati nel 2010 per una ricerca sulle viti, ma non vi erano specificazioni sulle sub-specie né era presente il numero identificativo della coltura, per questo era impossibile dimostrare che il batterio importato dallo IAM e autorizzato dall'allora Ministero delle Politiche agricole fosse patogeno solo per la vite e diverso da quello presente sugli ulivi del leccese - commenta il deputato Giuseppe L'Abbate (M5S) - La cronistoria che ci raccontò il ministro Martina in Aula, però, fece emergere la totale incertezza in cui si era operato. Quello che è accaduto nel 2010 nel workshop di Valenzano (Bari) è stato di una gravità inaudita: lo denunciammo durante il nostro question time a Montecitorio, lo ribadiamo ancor di più oggi che finalmente è giunto un primo esito dell'indagine condotta dalla Procura di Lecce, da cui ci auguravamo maggiore chiarezza su queste vicende.
Ma le responsabilità più che dei ricercatori e dei centri di ricerca sono prettamente politiche: il Ministero, infatti - continua L'Abbate - ha ampiamente dimostrato di non essere in grado neanche di gestire la regolarità di tutte le operazioni sottese ad una importante sperimentazione come quella realizzata nel 2010 dallo Iam nonché la Regione Puglia, con Vendola prima e con Emiliano poi, ha palesato tutta la sua inadeguatezza ed incapacità di gestire dei fenomeni che mettono tuttora a rischio 60 milioni di alberi di ulivo solo in Puglia".
Diversi i titoli di reato per i quali procede la Procura di Lecce: diffusione colposa di una malattia delle piante, violazione dolosa e colposa delle disposizioni in materia ambientale, falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale, getto pericoloso di cose, distruzione e deturpamento di bellezze naturali.
"Dai documenti rilasciati dall'osservatorio fitosanitario regionale della Puglia si faceva riferimento a quattro ceppi di Xylella fastidiosa importati nel 2010 per una ricerca sulle viti, ma non vi erano specificazioni sulle sub-specie né era presente il numero identificativo della coltura, per questo era impossibile dimostrare che il batterio importato dallo IAM e autorizzato dall'allora Ministero delle Politiche agricole fosse patogeno solo per la vite e diverso da quello presente sugli ulivi del leccese - commenta il deputato Giuseppe L'Abbate (M5S) - La cronistoria che ci raccontò il ministro Martina in Aula, però, fece emergere la totale incertezza in cui si era operato. Quello che è accaduto nel 2010 nel workshop di Valenzano (Bari) è stato di una gravità inaudita: lo denunciammo durante il nostro question time a Montecitorio, lo ribadiamo ancor di più oggi che finalmente è giunto un primo esito dell'indagine condotta dalla Procura di Lecce, da cui ci auguravamo maggiore chiarezza su queste vicende.
Ma le responsabilità più che dei ricercatori e dei centri di ricerca sono prettamente politiche: il Ministero, infatti - continua L'Abbate - ha ampiamente dimostrato di non essere in grado neanche di gestire la regolarità di tutte le operazioni sottese ad una importante sperimentazione come quella realizzata nel 2010 dallo Iam nonché la Regione Puglia, con Vendola prima e con Emiliano poi, ha palesato tutta la sua inadeguatezza ed incapacità di gestire dei fenomeni che mettono tuttora a rischio 60 milioni di alberi di ulivo solo in Puglia".
Diversi i titoli di reato per i quali procede la Procura di Lecce: diffusione colposa di una malattia delle piante, violazione dolosa e colposa delle disposizioni in materia ambientale, falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale, getto pericoloso di cose, distruzione e deturpamento di bellezze naturali.