Cronaca
Aboubakar Soumahoro alla “Festa della Libertà” a Cerignola
Organizzata dalla Chiesa Evangelica Valdese di Cerignola Aboubakar Soumahoro è stato l’ospite di punta della “Festa della Libertà”
Cerignola - lunedì 17 febbraio 2020
12.50
Alla "Festa della Libertà" organizzata dalla Chiesa Evangelica Valdese di Cerignola Aboubakar Soumahoro è stato l'ospite di punta, fortemente voluto dalla Comunità Valdese che da 172 anni continua a celebrare la le giornate della libertà nella consapevolezza che libertà e diritti sono garantiti sempre e per tutti ma vanno difesi e conquistati continuamente.
Aboubakar Soumahoro è l'ospite che meglio rappresenta la difesa e la conquista dei diritti in questo momento storico politico. Laureato in sociologia, dirigente sindacale dell'Unione Sindacale di Base, maggior esponente nella conquista di diritti negati al mondo bracciantile, in prima fila nella denuncia dello sfruttamento dei lavoratori, autore del libro "Umanità in rivolta".
Nella Sala Convegni di Palazzo Fornari Aboubakar Soumahoro parla in piedi spiegando che è la più alta forma di rispetto ed educazione nei confronti di colui che ha scritto la storia dei braccianti, di colui che è stato punto di riferimento per il riconoscimento dei diritti del lavoratori, Giuseppe Di Vittorio, «che si è sempre occupato dei "cafoni" restando sempre a loro fianco nella povertà, di quei "cafoni" che un tempo erano italiani e che oggi provengono da altre terre ma vivono esattamente come vivevano i "cafoni" di Giuseppe Di Vittorio. Dopo 144 anni non è cambiato nulla».
"Viaggiare è piacevole, emigrare no – spiega Aboubakar Soumahoro alla ricca platea – il viaggio è scoperta, la migrazione è legame spezzato con i propri affetti, la propria famiglia, la propria terra, le proprie origini. Cosa è diventata questa nostra società in cui conta solo ciò che è materiale? Cosa siamo diventati se non merce umana ed elettorale? Interroghiamoci se oggi possiamo guardarci come uomini liberi nella consapevolezza che, per definirci tali, dovremmo mantenere fermi i nostri valori e soprattutto il senso critico».
Molteplici i temi sviluppati da Aboubakar Soumahoro nel corso di un intervento sentito e partecipato. Molteplici gli interrogativi a proposito del centro agricolo di Capitanata, tra i più estesi d'Italia ma tra i più popolati di povertà e diritti negati, tra i più importanti della nazione ma, come i dati confermano, tra i più abbandonati dalla forza lavoro in considerazione dell'elevatissimo numero di giovani che emigrano all'estero. Grandi le responsabilità della politica incapace di far veicolare nelle nostre terre gli ingenti quantitativi di denaro stanziati proprio nel settore agricolo, incapace di fare critica perché assoggettata al modello economico e d incapace di tenere alto il senso di comunità.
«In questo momento, in questa sala noi stiamo facendo politica, quella vera, quella nobile che parte dal senso di comunità, che studia, propone, dialoga perché dal locale possa arrivare al globale, che analizza i problemi cercando di dare delle risposte, che è capace di fare critica costruttiva anteponendo le persone ai alla legge del mercato, alla legge della finanza. Vi ringrazio per gli applausi che restituisco ad ogni uomo e donna che ha permesso ogni pezzo di questo cammino collettivo».
Aboubakar Soumahoro è l'ospite che meglio rappresenta la difesa e la conquista dei diritti in questo momento storico politico. Laureato in sociologia, dirigente sindacale dell'Unione Sindacale di Base, maggior esponente nella conquista di diritti negati al mondo bracciantile, in prima fila nella denuncia dello sfruttamento dei lavoratori, autore del libro "Umanità in rivolta".
Nella Sala Convegni di Palazzo Fornari Aboubakar Soumahoro parla in piedi spiegando che è la più alta forma di rispetto ed educazione nei confronti di colui che ha scritto la storia dei braccianti, di colui che è stato punto di riferimento per il riconoscimento dei diritti del lavoratori, Giuseppe Di Vittorio, «che si è sempre occupato dei "cafoni" restando sempre a loro fianco nella povertà, di quei "cafoni" che un tempo erano italiani e che oggi provengono da altre terre ma vivono esattamente come vivevano i "cafoni" di Giuseppe Di Vittorio. Dopo 144 anni non è cambiato nulla».
"Viaggiare è piacevole, emigrare no – spiega Aboubakar Soumahoro alla ricca platea – il viaggio è scoperta, la migrazione è legame spezzato con i propri affetti, la propria famiglia, la propria terra, le proprie origini. Cosa è diventata questa nostra società in cui conta solo ciò che è materiale? Cosa siamo diventati se non merce umana ed elettorale? Interroghiamoci se oggi possiamo guardarci come uomini liberi nella consapevolezza che, per definirci tali, dovremmo mantenere fermi i nostri valori e soprattutto il senso critico».
Molteplici i temi sviluppati da Aboubakar Soumahoro nel corso di un intervento sentito e partecipato. Molteplici gli interrogativi a proposito del centro agricolo di Capitanata, tra i più estesi d'Italia ma tra i più popolati di povertà e diritti negati, tra i più importanti della nazione ma, come i dati confermano, tra i più abbandonati dalla forza lavoro in considerazione dell'elevatissimo numero di giovani che emigrano all'estero. Grandi le responsabilità della politica incapace di far veicolare nelle nostre terre gli ingenti quantitativi di denaro stanziati proprio nel settore agricolo, incapace di fare critica perché assoggettata al modello economico e d incapace di tenere alto il senso di comunità.
«In questo momento, in questa sala noi stiamo facendo politica, quella vera, quella nobile che parte dal senso di comunità, che studia, propone, dialoga perché dal locale possa arrivare al globale, che analizza i problemi cercando di dare delle risposte, che è capace di fare critica costruttiva anteponendo le persone ai alla legge del mercato, alla legge della finanza. Vi ringrazio per gli applausi che restituisco ad ogni uomo e donna che ha permesso ogni pezzo di questo cammino collettivo».